
Nella Santa Sede quasi tutti i capi dicastero deplorano il gesto dell'elemosiniere. E anche Pietro Parolin lascia intendere che salva solo le buone intenzioni. Il porporato polacco però resta un protetto di Bergoglio.Le analisi morali e giuridiche sullo stato di necessità che avrebbe animato il blitz dell'elemosiniere pontificio per trasgredire la legge italiana sono interessanti, ma non risolvono i malumori che serpeggiano di là del Tevere sul gesto del porporato polacco Konrad Krajewski. Come dimostrano indirettamente anche le parole del segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, pronunciate ieri a margine di un convegno all'università Cattolica di Milano.Parolin ha invitato tutti a «fare uno sforzo» e concentrarsi sul «senso di questo gesto, che è attirare l'attenzione di tutti su un problema reale, che coinvolge persone, bambini, anziani». Così il segretario di Stato non si è sbilanciato a dire se l'elemosiniere abbia fatto bene o male, ma si è limitato a ricordare «questa positività e questa buona intenzione». Inoltre, rispondendo a una domanda di un giornalista, che gli chiedeva se è giusto aiutare gli abusivi, Parolin ha detto: «Questo è un problema specifico. Non entriamo in questa tematica, ma certamente tutti quelli che si trovano in difficoltà sanno che possono trovare un aiuto da parte della Chiesa». Un equilibrio di diplomazia che indirettamente rivela che non tutti nelle sacre stanze hanno apprezzato il blitz di Krajewski.Nonostante i media ufficiali del Vaticano, e quelli della Chiesa italiana, a partire dal quotidiano Avvenire, siano impegnati nel trovare la giustificazione morale dell'azione compiuta dal cardinale, la curia non è così allineata come si vuol far credere. La Verità è a conoscenza del fatto che il gesto dell'improvvisato cardinale elettricista è deplorato da quasi tutti i capi dicastero vaticani, anche se il malumore resta chiuso nei sacri palazzi. Perché tra il Papa e l'elemosiniere c'è un rapporto assai stretto e di protezione, e nessuno se la sente di contraddire apertamente.È un refrain che si ripete. Non basta la narrazione costruita intorno al Pontefice, è un dato di fatto che tanti cardinali, vescovi, monsignori e semplici sacerdoti non condividano alcune delle scelte di Francesco. Quello dell'elemosiniere è solo l'ultimo episodio. Da Amoris laetitia all'accordo Cina-Vaticano, al modo in cui si è affrontata la crisi degli abusi, sono diverse le faglie attive per un papato che sta attraversando una fase turbolenta. Il punto non sono le lettere che vorrebbero addirittura accusare Francesco di eresia, e nemmeno il presunto complotto «politico-mediatico» contro di lui, ma la spaccatura reale presente nell'episcopato su diverse decisioni e atti più o meno riconducibili al Papa stesso.Nel caso della corrente elettrica riattivata al palazzo di Roma occupato abusivamente, il Papa, che non ha mai nascosto la sua opzione preferenziale per i poveri, approverebbe l'azione di Krajewski, riconoscendo probabilmente uno stato di necessità dei 450 occupanti, ma non tutti in Vaticano sono dello stesso avviso. A tal proposito si sprecano le analisi morali e giuridiche per trovare l'appiglio che giustifichi l'atto. Ma il blitz, anche riconoscendo uno stato di necessità di alcuni o di tutti gli occupanti abusivi, prima di prevedere l'extrema ratio di agire contro la legge, avrebbe dovuto tener conto di una serie di altre soluzioni possibili.Tra queste alternative alcuni ricordano il fatto che la Chiesa ha a disposizione un patrimonio immobiliare smisurato a Roma, anche considerando l'enorme numero di posti letto che sarebbero di immediato utilizzo nel caso di uno stato di necessità impellente. Si tratta ad esempio delle stanze che appartengono alle moltissime case per ferie gestite da religiose o religiosi e che offrono servizi alberghieri ai pellegrini. Una famosa inchiesta del 2007 del Mondo recensiva qualcosa come oltre 2.000 enti religiosi a Roma, proprietari di circa 20.000 tra terreni e fabbricati, tra città e provincia. Prima di procedere a quello che ha tutte le fattezze di un illecito contro una legge che tutela dal furto, e di offrire anche un esempio non molto edificante in materia di educazione alla legalità, Krajewski aveva delle alternative. Una, forse, proprio quella di pensare a trasferire gli occupanti in stato di necessità negli alloggi in vario modo a disposizione della Chiesa. O attivare associazioni caritatevoli, enti assistenziali e magari anche l'amministrazione comunale. L'opera che svolge quotidianamente il cardinale elemosiniere è amata dai romani, specialmente quelli dei ceti più bisognosi. Il giovane porporato, 56 anni, il più giovane del Conclave per ora, viene comunemente chiamato «don Corrado» e la sua Fiat Qubo è nota come fosse la slitta di Babbo Natale. Nessuno può negare il bene che compie questo cardinale che di mestiere nasce liturgista; legato da un rapporto particolare con Giovanni Paolo II , al punto di essere uno dei pochi ammessi al capezzale del santo Papa polacco.Però il blitz che ha svolto nello stabile ex Inpdap di via Santa Croce di Gerusalemme, nella zona dell'Esquilino, nei pensieri di molti Oltretevere sembra accodarsi a quella morale del «caso per caso» che già tanto ha fatto discutere durante il pontificato di Francesco. Per altri, invece, è un episodio che dimostrerebbe un'ubriacatura sul modello sudamericano della teologia della liberazione.
Nadia Battocletti (Ansa)
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