2024-04-11
Il mafioso amico del Pd andava alle riunioni col kalashnikov
Nel riquadro Salvatore Gallo, indagato per peculato, estorsione e corruzione elettorale. Sullo sfondo il comune di Brandizzo (iStock)
Gli uomini della ’ndrangheta accusati di avere come referenti i politici dem raccontano un drammatico incontro con una famiglia rivale a Brandizzo (Torino): «Ero nascosto con un mitra, lo volevo ammazzare».Tra una campagna elettorale e una commessa pubblica, i protagonisti della connection sotto la Mole si sono trovati a dover regolare i conti. E l’avrebbero fatto come a casa loro, in Calabria, armi in pugno. Kalashnikov, per la precisione. Protagonisti sono i malavitosi considerati, secondo la Procura di Torino, in rapporti con Roberto Fantini, il manager d’area dem accusato di contiguità con le ’ndrine e per questo arrestato. Ma si tratta anche di personaggi presso cui racimolava voti il ras piddino delle preferenze, Salvatore Gallo, indagato per peculato, estorsione e corruzione elettorale. La storia di oggi ruota intorno alla famiglia Pasqua che alcuni mesi fa attendeva da «mamma ‘ndrangheta» lo sblocco di quella che nel mondo della mala viene chiamata un’ulteriore «dote», ovvero di un riconoscimento simile ai gradi militari che rende più potente un clan. Allo stesso tempo, a Brandizzo, Comune infiltrato dalle famiglie partite dall’Aspromonte, secondo gli inquirenti, stavano «radicalmente cambiando gli equilibri criminali esistenti». La notizia che Domenico Claudio Pasqua, l’imprenditore che trattava come carta straccia le interdittive antimafia della Prefettura, avrebbe ricevuto l’importante conferimento direttamente dai vertici della ‘ndrangheta, ricostruiscono gli investigatori, aveva messo «in allarme» un’altra famiglia, quella dei Carbone. I magistrati riassumono così la chiacchierata intercettata: «Domenico Claudio Pasqua riferiva al cugino Michael che tale Francesco “il Pazzo” e suo cugino erano stati informati della benedizione proveniente da giù». Poi affrontano il delicato problema degli equilibri criminali: soprattutto con la ’ndrina dei Greco e in particolare con uno dei loro presunti esponenti, tale Roberto. Già in passato, per risolvere alcuni attriti, sarebbe stato convocato un summit. «Domenico Claudio Pasqua», continuano gli inquirenti, «raccontava al cugino che prima della riunione a cui aveva partecipato anche Michael vi era stato un incontro tra lo stesso e i Greco» e che lui, per timore di questi ultimi, «aveva portato con sé un fucile mitragliatore kalashnikov». Ed ecco il racconto del protagonista: «Io sono andato da solo... che lo volevo ammazzare... poi lui ha chiamato il frate... uno era il fratello e uno era lo zio... perché lui mi ha minacciato per telefono... gli ho detto “ma ascolta, invece, di abbaiare […] per telefono... dimmi dove sei che vengo, no?”». Il botta e risposta va avanti: «Minchia, allora vieni in Val di Susa che ti ammazzo» avrebbe detto Pasqua. «Dimmi dove» è la replica di Greco. I due si sarebbero dati appuntamento. A questo punto il racconto di Pasqua entra nel vivo: «Mi sono nascosto... ho detto “se arrivano in tre o quattro”… li coricavo a tutti... lui ha capito perché gli hanno detto "vedi che se è venuto ti ammazza... non viene a ragion... non è come suo padre... vedi che ti ammazza.”.. allora cosa ha fatto... ha chiamato suo zio... suo zio poi mi ha chiamato... io ero nascosto con un mitra... c’avevo un kalashnikov dietro la schiena... quando è venuto suo zio gli ho detto "compare Mimmo vi giuro che siete venuto voi e parlo... ma se venivate con vostro nipote vi sparavo a tutti e due... punto"». E i kalashnikov giravano davvero a Brandizzo. Dalle intercettazioni emerge l’assistenza che i Pasqua avrebbero fornito a un detenuto, tale Adriano Todisco, che era stato arrestato perché trovato in possesso proprio di due kalashnikov, oltre che di munizioni e materiale esplosivo. Le ruggini, però, non erano soltanto con i Greco. Quando Gianfranco Violi viene arrestato con l’accusa di associazione di stampo mafioso, Domenico Claudio Pasqua commenta la cosa con il padre Giuseppe. È quest’ultimo a ricordare di averci litigato: «Ho litigato di brutto! Ma lui è un pisciaturi di merda... lascialo stare... deve fare 20 anni di galera minimo». Mentre i Pasqua, «soci» d’affari di Fantini, consigliere dell’Orecol, un organismo di emanazione del Consiglio regionale piemontese che avrebbe dovuto garantire legalità e trasparenza negli appalti sulle opere pubbliche piemontesi, pianificavano vendette di questa portata, l’altro personaggio chiave della vicenda, «Sasà» Gallo tesseva rapporti nel mondo della sanità. Regalando a una decina di medici torinesi tessere gratuite per l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia. Per Gallo la sanità è una riserva di caccia elettorale (per esempio a un coindagato ha garantito un’operazione ortopedica in cambio di 50 voti), ma anche, in un certo senso, un affare di famiglia: il primogenito Stefano, 47 anni, estraneo all’inchiesta, è direttore tecnico amministrativo della Città della salute e della scienza di Torino. Alle «tesserine» il Gip Lucio Fidelio dedica un capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare, intitolato «La distribuzione di tessere autostradali rilasciate da Sitaf (Società del traforso autostradale del Frejus, ndr)», nel quale esprime queste valutazioni: «Sebbene da anni non avesse più alcuna carica nella società concessionaria, poteva disporre di un non trascurabile numero di tessere di servizio per il passaggio gratuito ai varchi autostradali, da “omaggiare” a piacimento a terze persone, sempre nell’ottica di coltivare rapporti di interesse in cambio di utilità, pratica nella quale Gallo ha dimostrato di essere obiettivamente esperto». Il 5 febbraio 2021, Gallo, per esempio, informa il suo «medico curante, dottoressa Laura Capello», che «le tessere non erano ancora arrivate e che se avesse avuto necessità di andare in montagna avrebbe potuto temporaneamente prestarle la sua tessera». La dottoressa apprezza: «Ah! allora guarda io ti posso chiamare più tardi che sento mia figlia... sento se va su». Gallo però, annotano gli inquirenti, precisa «che trattandosi di una cosa “delicata” e “riservata” avrebbe preferito non consegnare la propria tessera alla figlia dell’interlocutrice, dando comunque assicurazione che le schede sarebbero state disponibili nei giorni seguenti». Una settimana dopo, l’11 febbraio, un altro medico Francesco Martino, che gli inquirenti identificano come in servizio presso «l’ospedale Gradenigo», contatta Gallo per la tessera. Il giorno 15 Gallo chiama la dottoressa Capello e la informa «di avere quella "cosina.” Il medico riferiva di trovarsi presso il proprio studio e l’esponente dem si offriva di portargliela presso la sua abitazione». Il 18 febbraio è il turno di un altro medico del Gradenigo, Felice Salvatore Caviglia, ortopedico, che viene contattato da Gallo: «No, ti volevo... ti volevo dire... eeh che ho quel tesserino...». Il 23 febbraio, Gallo chiede a Salvatore Quaglino, chirurgo al Maria Vittoria di Torino «di passarlo a trovare poiché gli avrebbe consegnato una tessera». Il 22 marzo Gallo consegna il lasciapassare per l’A32 a Luisa Longo, medico in pensione. Prima di congedarsi l’uomo le chiede sostegno elettorale: «Tieni caldi i tuoi amici e i rapporti perché ci servono sempre eh […] adesso sono in Comune... però in Regione eeeh fra tre anni ci sono…». Il riferimento sembra a una possibile vittoria del centro-sinistra alle successive elezioni di Palazzo Lascaris. L’interesse di Gallo perla sanità emerge anche dalle ricostruzioni apparse sulle cronache locali, che raccontano di una cena organizzata nel novembre scorso al Seven Village di Settimo torinese dall’esponente dem e, sembra, anche da Gaspare Dall’Acqua, dg del Mauriziano e vice responsabile della Sanità per Fratelli d’Italia, con figure di vertice delle aziende sanitarieregionali. Una cena bipartisan che avrebbe portato numerosi manager, in questo momento vicini alla giunta di centro-destra guidata da Alberto Cirio, a (ri)entrare nella sfera di influenza di Gallo o almeno nella sua rete di contatti, essendo Sasà in quel momento molto attivo in vista delle elezioni regionali del giugno prossimo. Tra i presenti individuati dal sito Lo Spiffero, i vertici della direzione amministrativa e sanitaria dell’ospedale Molinette. Sarebbero stati seduti a tavola anche il commissario del San Luigi Gonzaga, il primario di oculistica dell’Oftalmico, il direttore dell’Asl To3. Una lista di ospiti (e anche un po’ di proscrizione) che nel mondo politico e sanitario piemontese non è passata certo inosservata.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)