
Una revisione al codice di sanità pubblica prevederebbe l’abolizione del termine in favore della più generica formula «morire» Allarme dei sanitari transalpini: «È un passo verso la legalizzazione dell’omicidio». L’Eliseo però vuole solo placare la sinistra.Nonostante 800.000 medici, infermieri e addetti sanitari, a febbraio, abbiano chiaramente detto di non voler essere complici della «dolce morte», il governo guidato da Elisabeth Borne spinge perché, anche in Francia, siano legalizzati l’eutanasia e il suicidio assistito. Come spesso accade nell’era macronista, l’esecutivo fa finta di prendere in considerazione le osservazioni di chi si oppone allo sdoganamento della morte a comando. Poi però, quando si tratta di decidere, il governo balla da solo e invoca concetti astratti come la «dignità» o il «senso della Storia» oppure accusa i critici di aver «abusato» della loro pazienza. E mentre fanno finta di ascoltare, i ministri e i funzionari del governo ne approfittano per imporre la loro visione della situazione e il loro vocabolario.La prova è arrivata dalla «pre bozza» di progetto di legge sul fine vita della quale è venuto a conoscenza Le Figaro. Il quotidiano francese ha scoperto che il testo andrebbe a modificare, tra l’altro, l’articolo L. 1110-14 del codice di salute pubblica. La pre bozza indica che la nuova versione dell’articolo citato «non deve includere i termini “suicidio” o “eutanasia” ma, in compenso deve utilizzare il termine “morire”». Se quanto riportato da Le Figaro fosse confermato, la Francia si ritroverebbe una definizione fumosa di ricorso volontario alla morte, inserito nel codice di salute pubblica. Questa eventuale aggiunta suscita le maggiori preoccupazioni perché, di fatto, il concetto di eutanasia e suicidio assistito figurerebbero tra le «cure» codificate dalle istituzioni transalpine. Siccome poi il sistema giuridico francese tende ad estendere i diritti invece che di inserirli in confini ben precisi, i sanitari temono che, alla fine, si arrivi a derive inumane come in Belgio. Dopotutto, è ciò che accaduto al di là delle Alpi anche con altre tematiche. Ad esempio, nel 1999 il governo socialista di Lionel Jospin aveva approvato i Pacs (Patti civili di solidarietà, ndr) ovvero la versione francese delle unioni civili introdotte da Matteo Renzi in Italia nel 2016. Poi, dopo la vittoria di François Hollande, anche lui socialista, il governo dell’epoca si era buttato a capofitto nella stesura della legge del «matrimonio per tutti». A cascata poi, in nome della famosa égalité, le lobby gay avevano ottenuto che le coppie dello stesso sesso sposate fossero sempre più equiparate alle famiglie «tradizionali». Sulla scia di questi «progressi sociali», come li chiamano a sinistra, è arrivato il diritto alla «Pma per tutte». Ovvero l’apertura della procreazione medicalmente assistita per le coppie di lesbiche o per le donne single. E pazienza se dei bambini sono stati privati a vita della figura paterna. Tornando ai timori del personale sanitario, in merito al rischio che la Francia si trasformi in un «eutanasianificio» come il Belgio o l’Olanda, uno dei membri del gruppo di lavoro dei sanitari creato del governo non ha usato mezze misure parlando con Le Figaro. «Questo progetto mostra che il governo si sta orientando verso un modello “alla Belga”. Se il diritto alla morte amministrata è scritto nel codice della salute e diventa un atto codificato dal servizio sanitario nazionale, il principio sarà approvato». Secondo la stessa fonte «quali che siano i criteri restrittivi (che saranno eventualmente posti, ndr) questo diritto rischia di estendersi sempre più». Per Gaël Durel - presidente dell’associazione nazionale francese dei medici delle Rsa intervistato da La Croix - l’introduzione della dolce morte come atto medico è «fuori discussione» perché, tra l’altro, «una semplice modifica del codice penale può bastare per depenalizzare l’atto» creando di fatto «un’eccezione al divieto di uccidere».Una conferma del fatto che il governo tenda a mescolare le carte in merito al fine vita è arrivata da Élisabeth Hubert, presidente della federazione nazionale degli enti per le cure domiciliari ed ex ministro della Salute. Secondo l’esperta, l’esecutivo vorrebbe mettere nella legge sulla dolce morte anche le disposizioni per migliorare l’accesso alle cure palliative. Ma, allerta Hubert, «non siamo ingenui» questo è solo un modo per «far andare giù la medicina amara».Se fosse vero quanto riportano i media francesi, a proposito della tattica del governo per arrivare ad una versione transalpina dell’eutanasia e del suicidio assistito, si potrebbe anche immaginare che Emmanuel Macron ricorra allo sdoganamento della dolce morte per tranquillizzare il lato sinistro della sua maggioranza. Questa è ancora disorientata dopo l’approvazione della riforma delle pensioni ottenuta aggirando il parlamento. Così, magari, Macron mostrerà ai suoi uomini di gauche che è capace di imporre anche al popolo di destra leggi che a loro non piacciono. E pazienza se per questo ci rimetteranno i più deboli.
Ornella Vanoni. (Milano, 22 settembre 1934 - 21 novembre 2025) (Getty Images)
La cantante e attrice si è spenta nella sua abitazione milanese a 91 anni. Dal teatro con Strehler alla canzone romantica con Gino Paoli, la sua voce dal timbro inconfondibile ha attraversato la storia della canzone italiana collaborando con tutti i grandi, da Modugno a Dalla a Eros Ramazzotti. Da Lucio Battisti fino a Carmen Consoli.
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Se n'è andata nella sua Milano, quartiere Brera, a pochi passi dal teatro che porta il nome del suo grande maestro (e amore) Giorgio Strehler. Con lui arrivò nel dopoguerra il successo per Ornella Vanoni, figlia di industriale farmaceutico, diplomata all'Accademia di Arte Drammatica dove insegnava proprio il grande regista e autore triestino. Milano come protagonista del primo repertorio con le canzoni della «mala» (Ma mi, Senti come vosa la sirena e tante altre). Pupilla di Nanni Ricordi, dalla fine degli anni Cinquanta sarà interprete della canzone romantica anche grazie al legame sentimentale con Gino Paoli. Indimenticabili le interpretazioni di »Me in tutto il mondo», «Senza fine», «Il cielo in una stanza». Il sodalizio continuerà anche dopo la fine della relazione che si tradurrà in duetti di successo. Protagonista del Festival di Sanremo in otto edizioni dal 1965 al 2018, ha vinto per due volte il premio Tenco. Nel 1981, quando fu la prima donna a conquistare il prestigioso riconoscimento e nel 2022 quando le è stato conferito il Premio Speciale Tenco. Presenza costante della televisione italiana, è stata ospite fissa di diverse trasmissioni popolari, l'ultima in ordine cronologico «Che tempo che fa». Ha avuto un figlio, Cristiano, dal matrimonio con Lucio Ardenzi, scomparso nel 2002.
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La famiglia della casa nel bosco (Ansa). Nel riquadro, i genitori dei bambini
L’uomo smentisce la Procura: «Stanno con i bimbi dei nostri amici, socializzano eccome. Vogliamo poter scegliere ciò che fa per noi».
Le accuse che gli muovono sono pesantissime. «In considerazione delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale», si legge nelle carte del tribunale dell’Aquila. «È inoltre necessario ordinare l’allontanamento dei minori dall’abitazione familiare, in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge». Nathan Trevallion e sua moglie Catherine sono ritenuti dall’istituzione giudiziaria cattivi genitori, tanto che i loro tre bambini gli sono stati tolti e portati in una casa famiglia, dove la mamma li ha potuti raggiungere e il padre li ha potuti incontrare per qualche minuto ieri. Scrive ancora il tribunale che è «confermato il provvedimento di affidamento esclusivo al servizio sociale adottato in fase cautelare. Il servizio sociale è inoltre incaricato di disciplinare la frequentazione tra genitori e figli, con modalità idonee a prevenire il rischio di sottrazione».
Donald Trump e Volodymyr Zelensky (Getty)
Donald Trump: «Accettate il piano o basta armi». Il leader ucraino, al bivio, apre di malavoglia alla proposta: «Dobbiamo scegliere tra il perdere la dignità o un alleato strategico». Fra le condizioni, anche elezioni entro 100 giorni e niente ingresso nella Nato.
Ha ormai preso forma il piano di pace elaborato dalla Casa Bianca per portare a conclusione la guerra in Ucraina. Secondo una bozza pubblicata da Reuters, il progetto, in 28 punti, prevedrebbe varie componenti. L’Ucraina riceverà «solide garanzie di sicurezza», ma dovrà impegnarsi a non aderire alla Nato e a ridurre le sue forze armate. Per quanto riguarda i territori, nel testo si legge che «la Crimea, Luhansk e Donetsk saranno riconosciute di fatto come russe, anche dagli Stati Uniti», mentre «Kherson e Zaporizhzhia saranno congelate sulla linea di contatto». «La Russia rinuncerà agli altri territori concordati sotto il suo controllo al di fuori delle cinque regioni», si legge ancora. Per quanto invece concerne le aree del Donbass da cui si ritireranno le forze di Kiev, esse saranno considerate «una zona cuscinetto demilitarizzata neutrale, riconosciuta a livello internazionale come territorio appartenente alla Federazione russa».
Friedrich Merz, Emmanuel Macron, Volodymyr Zelensky e Keir Starmer (Ansa)
Berlino, Londra e Parigi sondano un’alternativa. Roma scettica. E Zelensky gela Bruxelles: «La proposta Usa diventi congiunta».















