2025-02-11
        Mentre Macron fa il galletto sull’Ia Urso chiede la testa del suo ad in Stm
    
 
Il presidente ospita a Parigi il summit sull’Intelligenza artificiale e annuncia 109 miliardi di investimenti. C’è anche il ministro che vuole sostituire Chery, capo del colosso italo-francese dei chip accusato negli Usa.Mezzo mondo della tecnologia in Francia e tanti politici che contano alla corte di Macron. Eh sì, questi sono gli appuntamenti che piacciono al presidente francese. I summit globali dove l’ex banchiere di Rothschild può dar sfoggio della sua grandeur e annunciare investimenti miliardari (109 miliardi) nella grande sfida del futuro: l’intelligenza artificiale. C’è il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, al suo primo viaggio all’estero da quando ha assunto l’incarico, e il vicepremier cinese Zhang Guoqing. Ci sono il primo ministro indiano Narendra Modi e i massimi dirigenti di Google, Microsoft e OpenAI che mettono in bella mostra i progressi dell’intelligenza artificiale in settori come sanità, istruzione, ambiente e cultura. «Stiamo vivendo una rivoluzione tecnologica e scientifica come raramente si è vista», sottolinea Macron, «Francia ed Europa devono cogliere questa opportunità perché l’intelligenza artificiale ci permetterà di vivere meglio, imparare meglio, lavorare meglio, curare meglio, e sta a noi mettere questa intelligenza artificiale al servizio dell’umanità».Non solo. Perché Macron ha colto la palla al balzo per annunciare che 100.000 giovani in Francia seguiranno formazioni nel settore dell’Ia (contro gli attuali 40.000) e che il governo ha già identificato 35 siti che possono ospitare nuovi data center, con il fondo d’investimento canadese Brookfield che si è dichiarato pronto a investire 20 miliardi di euro per un progetto a Cambrai, nel nord della FranciaTutto bellissimo. Il problema è che l’Europa è indietro anni luce sull’Ia rispetto non solo agli Stati Uniti, ma anche alla Cina e che per provare a colmare il gap accumulato negli ultimi anni dovrebbe non solo avere più risorse a disposizione, ma rivedere completamente le sue strategie. Non mancano solo i data center che elaborano le informazioni che servono come base per «addestrare» i software dell’intelligenza artificiale, mancano anche le materie prime. Per esempio i chip che rappresentano il vero motore dell’Ia. L’industria dei semiconduttori in Europa è focalizzata su automotive ed elettronica da consumo. Ovvio quindi che il crollo dell’auto e l’«infelice» transizione verso l’elettrico l’abbia affossata. E qui arriviamo ad Stm. Uno dei colossi Ue del settore controllata da una holding olandese che è partecipata al 50% dal ministero dell’Economia italiano e per l’altra metà dallo Stato francese. Da mesi emergono a fasi alterne dissidi sulla governance e la gestione di Jean-Marc Chery, l’ingegnere entrato in Thomson Semiconducteurs, una delle società dalle quali è poi nata Stm, nel 1986. Chery guida l’azienda dal 2018 ed è da tempo nell’occhio del ciclone perché i conti del gruppo non quadrano. La situazione è precipitata negli ultimi giorni quando è emersa la notizia di una class action portata avanti da alcuni studi legali americani che accusano il manager di essere stato a conoscenza dall’ inizio del 2023 del deterioramento dei conti dovuto soprattutto alla crisi dell’automotive e di aver volutamente nascosto i numeri al mercato per salvare la poltrona. Ma non solo. Secondo le stesse fonti Chery e il direttore finanziario Lorenzo Grandi avrebbero sfruttato i rigonfiamenti artificiali del prezzo delle azioni per vendere quasi 8 milioni di dollari di titoli Stm. Guadagni ben superiori rispetto alle remunerazioni ordinarie dei manager. Se non bastasse la situazione industriale è peggiorata. Se il trend attuale dovesse essere confermato, il 2025 si chiuderà tra i 10 e 11 miliardi di dollari di ricavi, in netta flessione rispetto al bilancio 2024 che contava su un fatturato di 13 miliardi. Il problema è che Chery si era detto convinto di poter arrivare a quota 20 miliardi da qui a qualche anno. Come?Bloomberg poi ha messo a nudo i progetto per una possibile riduzione del 6% dell’organico. Si parla di 2-3.000 tagli tra Italia (dove ci sono circa 12.500 dipendenti) e Francia.Proprio questo scenario, secondo quanto risulta alla Verità, ha portato il ministro dell’Industria Adolfo Urso a porre la questione della governance di Stm sul piatto degli interlocutori francesi, invocando le dimissioni di Chery. E del resto da circa un anno e mezzo il Mef è in disaccordo con la gestione, considerata personalistica e e poco efficace, del manager. L’apice della crisi sarebbe arrivata con il licenziamento di alcuni dirigenti italiani, senza che la decisione fosse prima comunicata all’azionista italiano. Con la figura di Lorenzo Grandi che non avrebbe bilanciato il peso strategico e decisionale francese, ma piuttosto «accompagnato» le scelte di Chery.
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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