
Senza consultarsi propone la conferma di Thierry Breton. Ma l’Europarlamento potrebbe bocciargli la candidatura.I presidente Macron va per la sua strada senza tener conto di quanto accaduto negli ultimi mesi. Come se la bocciatura alle elezioni europee fosse stato solo un incidente di percorso o l’assenza di un governo in Francia un semplice fastidio. Anzi l’opportunità per fare quello che adora: decidere da solo. Pura arroganza che non prova nemmeno a fare i conti con la realtà come la pessima organizzazione delle Olimpiadi. Un chiodo fisso del presidente francese è quello di umiliare ogni volta possibile il governo italiano e di riflesso gli amici di Giorgia Meloni a Parigi. In questa ottica si colloca l’annuncio di ieri: bruciando i tempi Macron ha ufficializzato la conferma di Thierry Breton come commissario europeo. Ovviamente non ha specificato la carica. Nè poteva senza violare tutte le regole del galateo istituzionale, ma è implicito che la delega è quella che Breton già ricopre come capo del Mercato interno, una delle tre poltrone che veramente contano nella commissione. Le altre sono la Concorrenza e l’Economia. Nessun altro Paese ha ancora ufficializzato le scelte e l’arroganza francese potrebbe dimostrarsi un clamoroso autogol. Macron è stato il primo a muoversi come a voler ribadire a Bruxelles la supremazia che ha perso a Parigi. Un modo anche questo per mettere in difficoltà Giorgia Meloni che, forse al Mercato interno aveva fatto un pensierino considerato che il dicastero si occupa anche di Pnrr. Una carica su misura per Raffaele Fitto.In una lettera inviata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen il presidente della Repubblica francese ha spiegato le ragioni della sua scelta.«Breton, grazie alle proprie qualità e alla propria esperienza, in particolare durante il suo precedente mandato, ha dimostrato la competenza generale e l’impegno europeo che gli consentiranno di continuare ad assumere in modo indipendente le importanti responsabilità che vorrete affidargli all’interno del Collegio», ha sottolineati Macron, che punta alla conferma del commissario al Mercato Interno uscente benché Jean-Luc Melenchon, a seguito dei risultati elettorali, avesse avvertito che non era più una prerogativa dell’Eliseo la scelta del commissario.Macron ha inviato il solo profilo di Breton alla Commissione: in caso di richiesta di conferma di un commissario uscente non vige la regola, voluta da von der Leyen, di candidare un uomo e una donna per l’esecutivo Ue.La designazione è un modo per rilanciare. Carattere forte e spavaldo, Breton dovrebbe servire a «marcare stretto» von der Leyen. La presidente della Commissione in passato non ha sempre rispettato le promesse fatte a Macron. I rapporti tra von der Leyen e il commissario francese sono degenerati nell’ultimo anno. Breton ha contestato alla presidente della Commissione la sua gestione centralizzata. Il presidente francese chiede un portafoglio che copre tutti gli aspetti dell’autonomia strategica, compresi il rafforzamento dell’industria della difesa e un nuovo approccio sugli aiuti di stato. Breton potrebbe servire anche da contrappeso a un eventuale governo guidato da Jordan Bardella. Il Rassemblement national si prepara già a contestare la competenza del presidente dellaRepubblica per la nomina del commissario, anche se non esiste una norma costituzionale chiara. Le tensioni istituzionali su chi decide la politica europea tra presidente e primo ministro sono destinate a «perturbare» la forza della Francia nell’Ue e la sua capacità di mantenere la parola data. L’arroganza dell’Eliseo potrebbe trasformarsi in un inciampo clamoroso. Certamente la von der Leyen non avrà gradito la riproposizione di un commissario con cui non è più in buoni rapporti. Immaginabile che farà di tutto per mettersi di traverso. Le armi non mancana, C’è un precedente illuminante: nel 2019 la prima scelta di Macron era stata Sylvie Goulard, liberale a 24 carati, grande amica di Mario Monti. Sembrava una candidatura invincibile considerato anche il padrinaggio di Macron allora sulla cresta dell’onda. Invece era stata bocciata dall’Europarlamento. La nomina di Breton era stato il piano BIl commissario francese si è distinto per diverse intemperanze nei confronti del governo italiano. A cominciare dal dossier sulla libertà di stampa. «La relazione 2023 sullo stato di diritto relativa all’Italia ha dichiarato- rileva che occorre rafforzare le salvaguardie per l’indipendenza editoriale e finanziaria dei media di servizio pubblico». Per non parlare della minaccia di avviare una procedura d’infrazione se l’Italia non risolverà la vertenza dei balneari.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






