2019-01-28
«Macron e la Merkel danzano sul Titanic. Esercito Ue? Inutile»
Il sottosegretario agli Esteri, Guglielmo Picchi: «Siamo atlantici, ci basta la Nato. A Bruxelles parlano a mercati aperti, che fa la magistratura?»Guglielmo Picchi è sottosegretario agli Esteri. Gli estimatori lo descrivono come il vero ministro degli Esteri (di Matteo Salvini, non della Farnesina), mentre i detrattori alimentano la letteratura secondo cui il ministro Enzo Moavero farebbe di tutto per transennarlo e ridurne il perimetro di azione.Sottosegretario, come stanno le cose? Abbiamo letto di dispute pure sui parcheggi della Farnesina…«È indubbio che io sia un esponente della Lega, e che le posizioni di politica internazionale io le porti avanti in accordo con Salvini e con gli altri colleghi che nella Lega si occupano di esteri. Talvolta mie missioni o posizioni, come la contrarietà all'adesione al Global Compact sulle migrazioni, possono dispiacere a qualcuno…».Intuisco che qualcuno l'ha presa male al Ministero…«Spero di no, perché tutti lavoriamo avendo in mente l'interesse nazionale. Il ministro Moavero è un tecnico coadiuvato da sottosegretari politici. Basta trovare le giuste modalità per coabitare produttivamente».Ma le deleghe? «Io mi occupo tra le altre cose di Nato, Sud America, Osce, promozione culturale ed export di materiali d'armamento». Lasciamo i retroscena. Sul Venezuela il governo non sta facendo un figurone. Lei e Salvini molto netti contro il regime, Conte equilibrista, Moavero prima silenzioso e poi vago. «Al di là delle sfumature, tutti abbiamo una priorità: i 150.000 italiani che risiedono là. Noi dobbiamo proteggere quella comunità, ed evitare che siano vittime di scontri di una potenziale guerra civile. È un tema che altri paesi non hanno, e quindi possono permettersi posizioni più esplicite. Voglio però riconoscere che, pur nella loro cautela, sia Conte sia Moavero hanno sottolineato tre elementi: i nostri connazionali, la tutela della libertà d'espressione, il rispetto della volontà democratica. E dal mio punto di vista non c'è dubbio sul fatto che l'Assemblea nazionale venezuelana (il Parlamento guidato dal capo dell'opposizione al regime, ndr) abbia fortissimi crismi di rappresentatività democratica». Ha ragione chi dice che al governo ci sono tre partiti: Lega, M5s e tecnici?«È un fatto che ci siano due ministri che non sono espressione della volontà popolare. Che ci siano dunque sensibilità diverse rispetto a quelle uscite dalle urne non mi scandalizza; è una non-notizia. Noi avevamo indicato altri (penso a Paolo Savona), ma poi si è trovata una soluzione per permettere la nascita del governo». Ci spieghi il confine sottile che riguarda queste figure terze. Da un lato possono forse giocare un ruolo utile nei momenti più tesi ad esempio con Bruxelles. Dall'altro, non c'è il rischio che siano «catturati» dalle solite logiche franco-tedesche? «All'inizio era legittimo sospettarlo. Però, dopo molti mesi, devo giudicare i fatti: i retropensieri servono a poco. Sia Tria sia Moavero hanno portato avanti posizioni in linea con il resto del governo. Certo, hanno una caratterizzazione istituzionale diversa da chi è stato eletto, ma non posso rimproverar loro questo. Quando c'è stato da richiamare l'ambasciatore francese, lo si è fatto». Domanda secca: tutto il governo ha capito quanto l'amministrazione Trump abbia fatto positivamente sponda verso l'Italia? Toni pubblicamente elogiativi verso l'Italia, l'accoglienza a Conte alla Casa Bianca, bordate a Merkel e Macron.«Per una serie di congiunture, abbiamo frequentato Washington meno di quel che avremmo dovuto. E così alcuni membri del governo più lontani dai temi della politica internazionale possono forse aver avuto una percezione sfilacciata. Ma non vedo in nessun collega italiano diffidenze verso l'amministrazione Usa». E poi la Libia, dove Trump ci ha aiutato a smontare il progetto francese di elezioni-lampo.«Trump è stato decisivo: è sotto gli occhi di tutti. Per smontare quelle elezioni è stato importante anche il contributo dell'Egitto e della Federazione russa». Ci dica la sua sulla Libia. È lì che sarà gestito sia il rubinetto del petrolio, sia quello dell'immigrazione illegale. L'Italia può riuscire a dominare la situazione rispetto a Parigi? «È una situazione oggettivamente complicata, non c'è un'unica ricetta. Con la conferenza di Palermo abbiamo fatto un passo avanti rispetto al governo precedente: abbiamo dato uno stop a un'interlocuzione unilaterale con Al Sarraj, iniziando a parlare anche con le altre parti. Devo dire tuttavia che per noi non vedo problemi futuri su approvvigionamento energetico e anche sul fronte migratorio: abbiamo cercato di mettere in sicurezza entrambi i versanti».Brexit. Perché il governo, a mio parere ingiustamente, è stato spesso freddino rispetto alla libera espressione del popolo britannico?«Io ho incontrato molti membri del governo Uk. Certo, non è l'Italia che tratta con il Regno Unito, ma l'Unione Europea. E in ambito Ue noi abbiamo sempre ripetuto tre concetti: rispetto della volontà popolare (io penso davvero che Brexit means Brexit); protezione dei diritti dei nostri residenti lì con reciprocità di trattamento rispetto ai britannici che stanno qui; tutela del commercio tra le due sponde della Manica».Una buona trattativa tra Londra e Bruxelles non potrebbe essere la premessa per rinegoziare le regole Ue anche tra i 27 che restano?«Teoricamente sì. Purtroppo c'è una sfasatura temporale che non consente di allineare i due processi. La trattativa Brexit deve andare in porto entro fine marzo. Ciò considerato, voglio dire chiaramente che abbiamo istituzioni Ue che non sono più rappresentative della volontà popolare. Ragion per cui la rinegoziazione dei trattati è un tema che andrà affrontato dopo la nomina della nuova Commissione Ue, a novembre, dove 12-13 membri su 27-28 saranno espressione di una nuova ondata politica». Le è piaciuto il fatto che, ad Aquisgrana, Francia e Germania abbiano detto di voler fare tutto da sé?«No, mi sembra il tentativo di chi, politicamente parlando, sta sul Titanic e fa suonare l'orchestra per dar l'idea che tutto vada bene. Ma Macron è una figura che ormai rappresenta poco, mentre la Merkel è una leader del passato». Non la preoccupa l'intesa militare franco-tedesca? È evidente che puntino a una politica estera decisa da loro, e a uno strumento militare al servizio di quella politica. «Sulla difesa voglio essere chiaro: abbiamo la Nato. Punto. Quando il nuovo Parlamento e la nuova Commissione Ue discuteranno di difesa, se ne parlerà: ma la mia posizione è che lo strumento Nato possa rispondere a tutte le esigenze».Molto condivisibile, a parer mio. Quindi no a duplicazioni e a un esercito Ue divaricato dalla Nato.«Esattamente». Le sono piaciute le dichiarazioni, sempre a Borse aperte, dei Commissari Ue contro l'Italia? «Giovedì ero a New York a parlare con grandi investitori. E ho detto loro: voi leggete le dichiarazioni di commissari Ue. Ecco, se uno qualunque di voi avesse fatto dichiarazioni del genere a mercati aperti, sarebbe già sotto inchiesta della Sec o di qualche tribunale federale per svariati reati, dalla manipolazione del mercato all'aggiotaggio. Semmai, mi domando come mai la nostra magistratura non sia intervenuta…».Con Salvini avete positivamente irrobustito il dialogo con Gerusalemme.«Vero, e non è una scelta contingente. Israele è l'unica vera democrazia della regione, un bastione dei valori occidentali. Dico a tutti: se anche (e non è il nostro caso) non condividete una singola scelta di Gerusalemme, non potete dimenticare il quadro d'insieme».Torno alla foto complessiva. Crede a un'Italia saldamente nel quadro atlantico, ben collegata con Washington-Londra-Gerusalemme, e poi capace (ma in questo quadro, non fuori) di dialogare con altri, Russia in testa?«Voglio essere chiarissimo. Noi abbiamo un perno di politica estera che è l'alleanza atlantica. Lo abbiamo detto e ribadito in ogni sede. Da lì non ci si muove. Oltre a ciò, abbiamo anche una capacità che altri paesi non hanno: di essere percepiti da altri interlocutori in termini meno aggressivi». Insomma, la buona notizia è che giochiamo davvero nel campo atlantico. Senza furbate all'italiana.«Assolutamente sì. Furbate e giochi delle tre carte non sono accettabili nel campo delle relazioni internazionali. Dopo di che, gli stessi Usa si rendono conto che ci sono diverse sensibilità tra settori della loro opinione pubblica e settori della nostra: vale rispetto alla Russia o, su un piano diverso, rispetto alla Turchia. Ed è qualcosa che, se comunicato in modo corretto, non è un disvalore, ma un valore per l'alleanza atlantica». L'avete detto anche ai polacchi, giustamente e storicamente preoccupati rispetto alla Russia?«Certo. Nel vertice Kaczynsky-Salvini la Russia è stato un non-tema. È chiaro: noi non temiamo carri armati russi a Roma, loro li hanno avuti per mezzo secolo a casa propria».Rapporti operativi con Moavero? Tra i marmi della Farnesina vi vedete, lavorate insieme, oppure ognuno ha la sua agenda? «Metta nel conto che tra noi non c'era consuetudine parlamentare pregressa… Ma da parte mia c'è l'intenzione di lavorare sempre di più per migliorare il livello di fiducia reciproca».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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