Il segretario ha stancato pure la5 Cgil: basta scioperi, firmiamo i contratti

Passi per l’opposizione puramente politica al centrodestra, che con diverse tonalità di rosso è sempre stata (purtroppo) un tratto distintivo della Cgil. Si può soprassedere pure sull’uso improprio di uno strumento di protesta che andrebbe centellinato come quello dello sciopero. E al limite viene scusato persino l’isolamento del sindacato di Corso d’Italia da Cisl e Uil, anche se l’ultima separazione, quella da Bombardieri, ha fatto storcere il naso a una buona parte dei dirigenti e della base cigiellina. Ma quello che davvero non va giù sul territorio e nei settori più riformisti del sindacato è la mancata presa di distanza dai fatti di Genova.
L’aggressione denunciata dai colleghi della Uilm che sono stati rincorsi e presi a calci e pugni da una ventina di pseudo-compagni con le felpe della Fiom andava condannata. Sarebbe bastato scusarsi, per un episodio rispetto al quale evidentemente Landini non ha nessuna responsabilità diretta, e il fuoco si sarebbe spento lì. Invece l’ex leader dei metalmeccanici ha preferito fare spallucce. Nessuna presa di posizione sul momento e nessuna dichiarazione di solidarietà nemmeno quando i soliti giornali del gruppo Gedi (prima La Stampa e poi La Repubblica) gli hanno concesso a stretto giro una doppia paginata per pubblicizzare lo sciopero di oggi. Ancora di venerdì. Ancora per andare addosso al governo. Ancora contro la manovra.
Per qualcuno la misura era colma da prima, per molti lo è diventata dopo i fatti che hanno segnato la vertenza sull’ex Ilva in Liguria. Per le federazioni che puntano sul dialogo e sulla necessità di portare a casa dei risultati per iscritti e lavoratori, la linea Landini è sempre stata indigesta, ma adesso non se ne può più. Si parte dalle telecomunicazioni per arrivare fino ai chimici, al tessile e ai trasporti, per non parlare di alcune Camere del Lavoro (Milano su tutte) e delle Poste. Tra i dirigenti di fascia alta di diverse categorie è iniziato un dialogo per capire cosa fare. Per evitare una deriva che al momento non conosce limiti. E da questo punto di vista lo sciopero di oggi sarà una cartina di tornasole.
Secondo molti è inutile, secondo altri andava accorpato con la protesta degli autonomi del 28. Sta di fatto che se dovessimo trovarci di fronte all’ennesimo flop e all’ennesima giornata di lavora persa in assenza di risultati concreti, quelle che al momento sono dei discorsi carbonari potrebbe trovare manifestazione pubblica. E nessuna ipotesi sarebbe esclusa. Soprattutto se i pensionati, che rappresentano da sempre una sorta di sindacato nel sindacato rosso dovessero propendere per lo strappo. A quel punto il rischio di messa in discussione della posizione del capo, diciamo pure, dell’esternazione di una linea alternativa, diventerebbe concreto.
Intendiamoci, la storia della Cgil parla di altro. Parla di compagni che difficilmente mollano il Lider Maximo, ma mai come in questo momento si sta formando una saldatura di insoddisfazione che tocca varie anime del sindacato. Anche il pubblico impiego. Che prima si è affidato alla opposizione senza se e senza ma al rinnovo dei contratti e poi si è ritrovata con il cerino in mano. Mollati dalla Uil e isolati sul fronte del no mentre tutti gli accordi venivano firmati. Cisl e Uil si sono potuti rivendere di aver ottenuto un incremento di 170 euro lordi per le buste paga di circa 3 milioni di lavoratori, e la Cgil? Oppure le Poste. Da sempre un feudo della Cisl, ma rispetto alle quali in questo momento Landini & C. sono completamente tagliati fuori da qualsiasi tavolo. E anche sulla manovra. Il compagno Maurizio chiama i suoi all’ennesimo sciopero in solitaria, mentre Daniela Fumarola (Cisl) può dire di aver avuto un’importante voce in capitolo su quasi tutti i dossier legati ai salari (riforma dell’Irpef in primis) della legge di bilancio e Bombardieri rivendicare che la detassazione degli aumenti contrattuali che «dà risposta a quattro milioni persone» è una misura che stava particolarmente a cuore alla Uil.
Il no a prescindere paga? In molti all’interno dello stesso sindacato rosso da tempo pensano di no e adesso potrebbero passare dalla critica celata all’azione: basta isolarsi, riprendiamo l’obiettivo dell’unità sindacale e pensiamo a rinnovare contratti e firmare accordi. Soprattutto in caso di altri altri passi falsi o azzardati di Landini. A partire appunto dai risultati dello sciopero e anche da quelli del referendum sulla riforma della Giustizia, con la Cgil che è pronta a fare da traino di un comitato ad hoc.
Il segretario ne è consapevole e sta serrando i ranghi. Ancora non è stato ufficializzato, ma la decisione di cambiare il numero due è presa.
Da un bel po’ di settimane ormai, Landini ha comunicato al segretario organizzativo, Luigi Giove, che le sue deleghe sarebbero passate a Pino Gesmundo.
Un fulmine a ciel sereno per chi dopo aver appoggiato il leader nella battaglia elettorale ed essere stato sempre fedele alle posizioni del capo si sarebbe aspettato tutt’altro trattamento.
Ma evidentemente al compagno Maurizio oggi serve qualcosa in più. E anche questo è un chiaro segnale di difficoltà per l’uomo che sognava di guidare una sorta di terzo polo rosso e adesso si ritrova con mezzo sindacato che non vede l’ora di non averlo più tra i piedi.





