2025-05-30
Macron cerca l’intesa con la Meloni su veicoli green e agro-alimentare
Emmanuel Macron e Giorgia Meloni (Getty Images)
Nell’incontro romano di martedì l’obiettivo è trovare un punto di convergenza sui dossier di interesse comune. Apprezzato da Chigi che sia il presidente a venire in Italia. Non è previsto un vertice con Mattarella.Missione in Asia del ministro dell’Ambiente francese per convincere Xi a impegnarsi sugli accordi ecologisti. Si vuol rafforzare il legame Cina-Ue in chiave anti Trump.Lo speciale contiene due articoli.«Solo uno scambio di idee»: così alte fonti di governo commentano con La Verità la notizia dell’incontro tra Giorgia Meloni e Emmanuel Macron, previsto per le 18 di martedì 3 giugno a Roma. «Al centro del colloquio», fanno sapere da Palazzo Chigi, «i principali temi dell’agenda bilaterale, europea e internazionale». L’intento è quello, è evidente, di non caricare di troppi significati un faccia a faccia che è di suo già una notizia: il gelo tra Meloni e Macron ha caratterizzato gli ultimi mesi della politica internazionale, con scambi di frecciatine che hanno portato a una vera e propria frattura tra Roma e Parigi sui principali temi geopolitici. Dai «volenterosi» per l’Ucraina al rapporto con gli Stati Uniti, le posizioni della Meloni e di Macron sono state, sono e (forse) saranno inconciliabili su alcuni dossier internazionali, ma va anche detto che Italia e Francia sono inevitabilmente destinate a avere un rapporto solido: l’Europa vive un momento di estrema difficoltà, è divisa e litigiosa, il suo ruolo sullo scacchiere internazionale si fa sempre più appannato e in questi momenti l’esigenza di rinsaldare comunque i rapporti è più forte di quelle che possono essere antipatie personali e visioni politiche diverse. L’ultimo screzio lo scorso 16 maggio a Tirana, con l’assenza del nostro presidente del Consiglio al tavolo dei «volenterosi» (al quale erano seduti i leader di Gran Bretagna, Francia, Polonia, Germania e Ucraina, che avevano parlato al telefono con Donald Trump) e soprattutto con le dichiarazioni successive. Giorgia Meloni aveva spiegato di non aver partecipato perché «l’Italia ha da tempo dichiarato di non essere disponibile a mandare truppe» e Macron aveva ribattuto con estrema durezza: «Non c’è stata una discussione sull’invio di truppe. Guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe». Un botta e risposta che ormai appartiene al passato: grazie a una serie di informazioni ottenute da fonti estremamente attendibili, siamo in grado di ricostruire come si è arrivati all’incontro di martedì prossimo e quali sono le motivazioni che hanno convinto la Meloni e Macron a incontrarsi. Un vertice la cui preparazione va avanti da diversi giorni, e che viene definito «normale», in quanto Italia e Francia, anche avendo visioni completamente diverse su molte questioni internazionali, in Europa hanno invece numerosi dossier in comune. Per entrambe le nazioni i dazi eventualmente imposti da Donald Trump, argomento che verrà certamente affrontato durante il vertice, sarebbero un grosso problema, considerate le esportazioni del settore agroalimentare e delle auto, tanto per fare un esempio, che sono massicce sia per quanto riguarda l’Italia che la Francia. A proposito di auto, è probabile che la Meloni e Macron si confronteranno anche sul tema del Green deal, spina nel fianco dell’industria automobilistica. Altro punto in comune, l’alto debito pubblico, problema che attanaglia sia Roma che Parigi. In Consiglio europeo, inoltre, la Meloni e Macron sono in questo momento i due leader più autorevoli, considerato che il neocancelliere tedesco Friedrich Merz non ha ancora «preso le misure» con i mille labirinti della diplomazia europea. È un dato di grande rilievo, inoltre, che sia Macron a volare a Roma e che sia stato lui a proporre l’incontro: la Capitale si conferma il centro della geopolitica europea, considerata la serie di leader internazionali che arrivano per incontrare il nostro presidente del Consiglio. Non risulta che Macron incontrerà anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, così come non sono in agenda colloqui in Vaticano, anche se c’è da essere certi che il leader francese tenterà di incontrare Papa Leone XIV. In sostanza, il vertice non viene letto né come una notizia clamorosa né come un incontro di routine: Meloni e Macron cercheranno di trovare punti d’incontro sugli argomenti che vedono Italia e Francia alle prese con le stesse problematiche. Naturalmente, verrà affrontato anche il tema dell’Ucraina: la delusione di Trump per l’atteggiamento di Vladimir Putin preoccupa inevitabilmente l’Europa. Le divergenze tra Roma e Parigi su come arrivare a un processo negoziale restano, ma è pur vero che le recenti dichiarazioni di Macron, che ha tolto dal tavolo l’ipotesi di inviare truppe in Ucraina, hanno sgomberato il campo dalla divergenza più spinosa tra Italia e Francia. Infine, molto importante è quanto trapelato ieri sera da Parigi. «È stato il presidente, Emmanuel Macron a proporre alla premier italiana, Giorgia Meloni», hanno fatto sapere fonti dell’Eliseo, citate dall’agenzia France Presse e rilanciate dall’Ansa, «di andare a trovarla, perché è il suo ruolo di riunire gli europei ed ha a cuore di lavorare anche con lei. Francia e l’Italia», hanno aggiunto le fonti, «sono partner importanti reciprocamente e condividono numerosi interessi comuni, in particolare, in campo economico».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-cerca-intesa-con-meloni-2672231864.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="parigi-corteggia-pechino-sul-clima" data-post-id="2672231864" data-published-at="1748554250" data-use-pagination="False"> Parigi corteggia Pechino sul clima Rafforzare i rapporti tra Unione Europea e Cina anche in chiave anti-americana. Da quando alla Casa Bianca c’è Donald Trump e oggettivamente i rapporti tra Washington e Bruxelles sono diventati più tesi, non sono mancati gli assist e gli ammiccamenti dell’Europa a Pechino. Poi certo le visite di Stato e i bilaterali hanno diverse declinazioni a seconda dei Paesi interessati, ma che il ministro dell’Ambiente francese Agnès Pannier-Runacher voli in Cina con l’obiettivo di accorciare le distanze, che oggi potremmo definire abissali, tra Ue e Pechino sull’azione internazionale per il clima, fa riflettere. Certo, l’assist gliel’ha fornito il nuovo presidente americano che già a gennaio ha notificato ufficialmente l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima definendo il trattato una «truffa iniqua e unilaterale». E che Trump avesse preso la stessa decisione già nel corso del primo mandato, non sposta di molto i termini della questione. Il punto è che la Francia, a quanto pare con l’avallo del commissario per l’azione climatica dell’Ue Wopke Hoekstra, ha deciso di mandare la collega francese a trattare con Pechino in vista di un incontro tra Unione Europea e Cina che si terrà a luglio. Cosa chiederà la Pannier-Runacher ai suoi interlocutori asiatici? In buona sostanza, una riaffermazione pubblica dell’impegno rispetto all’accordo siglato a Parigi nel 2015 che prevede di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con l’ambizione di contenerlo entro 1,5°C, per ridurre i rischi e gli impatti del cambiamento climatico. Lo scopo alla fine è sempre quello di arrivare alla neutralità climatica e per raggiungerlo sono previsti step e verifiche. Non solo. Perché l’intesa approvata nella capitale francese prevede anche l’impegno a fornitura più fondi ai Paesi poveri sia per la transizione dei loro sistemi energetici sia per l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico. Al di là dei modi, la posizione critica riproposta qualche mese fa da Trump non è certo isolata. Diversi analisti evidenziano come le intese di Parigi abbiano più una valenza politica che pratica e in buona sostanza non vengano rispettate da nessuno. Ma proprio perché la valenza è politica, la missione della Francia in Cina assume ancora più valore. «Siamo in un momento in cui vengono espressi dubbi sul multilateralismo climatico, sul sistema COP e sull’Accordo di Parigi, ed è estremamente importante che la Cina e l’Unione europea inviino un messaggio molto forte», ha dichiarato secondo quanto raccolto da Euractiv un membro del gabinetto del ministro dell’Ambiente transalpino. Ma non c’è solo la politica, stringi stringi la questione ambientale si risolve sempre in un dibattito sui fondi da versare. Chi deve pagare per aiutare i Paesi più poveri a combattere il cambiamento climatico? Da anni infatti i governi meno industrializzati evidenziano che buona parte del problema del surriscaldamento è stato provocato dalle nazioni più evolute che hanno la maggior parte delle responsabilità e insomma adesso devono pagare dazio. Il problema è che la Cina continua ancor oggi a sostenere di essere un Paese in via di sviluppo. Non dovrebbe sfuggire però sia ai francesi sia ai politici dell’Unione Europea che Pechino da anni è il primo Paese al mondo per emissioni di gas serra. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia è responsabile di più del 30% delle emissioni globali di CO2. E che se è vero che dei piccoli passi in avanti, soprattutto grazie all’uso delle rinnovabili e delle auto elettriche, è stato fatto, la Cina resta lontana anni luce dal rispetto degli impegni presi anche con l’accordo di Parigi. Insomma, sarà pur vero che è un Paese in via di sviluppo, ma quello sviluppo lo sta facendo pagare a noi. Cosa che evidentemente all’Eliseo e a Bruxelles importa poco: quello che conta è allearsi con il «nemico» di Trump.
Operazioni di soccorso dopo il crollo ai Fori Imperiali (Getty Images)
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)