2020-12-07
Paolo Becchi: «M5s senza coerenza. È rimasto con il cerino del fondo Ue in mano»
Il filosofo: «Si preparano a votare il Mes. Nei programmi scrissero di volerlo eliminare. Conte? Una costruzione di Mattarella».La Verità ha conversato con il professor Paolo Becchi, filosofo, accademico, saggista, commentatore, che ha da poco pubblicato (per le edizioni Lastaria) L'incubo di Foucault - La costruzione di una emergenza sanitaria. Professore, in questo suo saggio filosofico lei dice che attraverso l'emergenza sanitaria sono stati modificati in modo non transitorio stili di vita, modi di essere, abitudini profonde e radicate…«È quello a cui stiamo chiaramente assistendo. È in atto una trasformazione - o almeno un tentativo di trasformazione - antropologica, in cui non c'è più solo il controllo sulle menti ma pure quello sui corpi: corpi che non devono più incontrare altri corpi, carni che non devono più toccare altre carni… Si può “socializzare" solo per via digitale».Qualcuno vuole una nuova antropologia, lontana non solo dagli standard occidentali di libertà e democrazia, ma pure da standard che definirei umani e umanistici?«È un processo legato a quella che definirei una quarta rivoluzione industriale, la rivoluzione del capitalismo digitale. Si punta a digitalizzare la vita intera, si va verso una visione tecnobiologica degli esseri umani».Scusi l'obiezione ottimistica. Però, tra tanti enormi rischi, esiste anche un ventaglio di opportunità. Questa nuova strumentazione ci offre possibilità e anche - in fondo - contatti umani e conoscenze un tempo inaccessibili o meno accessibili…«Certo, esistono anche opportunità. Il mio libro infatti finisce con parole di speranza. Cito Friedrich Holderlin: “Dove c'è il pericolo, c'è anche ciò che salva". Il mio compito, da filosofo, è avvisare, mettere in evidenza i rischi. Ma il mio approccio non è rassegnato. Uno dei miei autori di riferimento è il filosofo Hans Jonas, che si occupò proprio di tecnica, medicina ed etica».Qual è l'influenza della Cina sul nuovo mondo a cui andiamo incontro? «Questa è una questione fondamentale. L'impero americano ha delle debolezze, dobbiamo fare i conti con un rischio di declino atlantico. Non c'è una sola superpotenza, e il mondo può essere suddiviso in grandi spazi ciascuno dotato di una sua omogeneità interna. La Cina è certamente una superpotenza che occupa uno spazio geopolitico».In un simile confronto geostrategico, però, non si può stare un po' di qua e un po' di là.«A mio avviso, l'Europa dovrebbe in qualche modo diventare un altro polo, e giocare quasi un ruolo di equilibrio contro il rischio di reciproca distruzione tra Washington e Pechino».Obiezione - lo ammetto - da assoluto atlantista: porsi in posizione terza tra Usa e Cina non rischia di essere un modo, in fondo, per favorire proprio Pechino?«No… Sia chiaro intanto che, da sovranista, non penso a questa Ue, ma a un altro tipo di Europa. Dopo di che, in un sistema che non è a due poli, ma a più poli geopolitici, l'Europa dovrebbe svolgere un ruolo anche legato alle sue radici umanistiche e cristiane».Secondo lei cosa ci faceva Beppe Grillo all'ambasciata cinese a fine novembre 2019? Lui disse che era andato a portare del pesto all'ambasciatore… «Mi sembra evidente che il M5s, a partire dall'appoggio alla Via della Seta, rappresenti un indirizzo ben preciso, che io non condivido. Quell'orientamento verso Pechino è una prospettiva dannosa per il nostro paese. E si illude chi pensa che Joe Biden invertirà la rotta rispetto a Donald Trump sulla questione cinese: il conflitto tra superpoteri resterà, e sarebbe fallimentare per noi schierarci dalla parte cinese».Ricorda la scena di Grillo in mascherina a dicembre 2019 (il Covid non era alle viste, o almeno qui nessuno ne sapeva nulla) e lui parlò con i giornalisti della necessità di proteggersi dai virus, dai batteri dei «vostri microfoni». Preveggenza o cosa?«Ah, preveggenza non saprei proprio… Chissà - non possiamo saperlo - se qualcuno gli ha spifferato ciò che stava accadendo o stava per accadere… Certo, se per caso fosse stato a conoscenza di qualcosa, si sarebbe dovuto comportare ben diversamente. Altrimenti, mi passi la battuta, che facciamo? Lui gli porta il pesto e loro ci portano in cambio il virus?».L'altro grande fattore di influenza sulla politica italiana è Bruxelles, inutile girarci intorno. Qualcuno avanzò già a settembre 2019 l'ipotesi che il Conte bis fosse nato sin dall'inizio per l'intenzione di Berlino, Parigi e Bruxelles di incatenarci al Mes, cosa che con l'esecutivo gialloblù sarebbe stata molto più difficile. Condivide? «No, secondo me, come ho spiegato più volte, l'origine del Conte bis è stata nei palazzi romani: è stato il Presidente della Repubblica a volere questa soluzione. Che poi ciò sia venuto bene anche ai fini dell'Ue è altrettanto indubbio».Lei pensa che qualcuno punti a un prossimo commissariamento strutturale dell'Italia? Con la riforma del Mes, il gioco sarebbe facile, perfino con l'arma finale della ristrutturazione del debito…«Alcuni hanno detto per mesi che l'Europa era cambiata, che il patto di stabilità era sospeso, che potevamo fare deficit, che i sovranisti non se ne rendevano conto, e così via. Ma se fosse vero che l'Europa è così cambiata, per prima cosa non ci sarebbe più il Mes, altro che “riforma" o “ritocco". Ricordiamo come nacque, come trattato intergovernativo, con l'applicazione in Grecia che ben conosciamo… Me lo faccia dire così: il Mes è antieuropeo».Che succederà mercoledì in Aula sul Mes? C'è in questi ultimi giorni un tentativo di rimettere in riga i ribelli M5s con pressioni fortissime…«Se il M5s arrivasse in blocco ad accettare il Mes e la sua “riforma", dopo aver scritto nel programma che voleva eliminarlo, sarebbe un'incoerenza massima. Tra l'altro, in base alle loro regole, in presenza di un'ipotesi di cambiamento così radicale, dovrebbero fare subito una votazione online. Dico a Davide Casaleggio, ormai messo ai margini: a che serve riproporre i discorsi del compianto Gianroberto sulla democrazia diretta, se poi al momento decisivo non si consente agli attivisti di decidere sulla piattaforma Rousseau?».E l'intervento di Grillo nel weekend appena trascorso che effetto avrà?«L'Elevato di Sant'Ilario ha dichiarato che la “Mes è finita", ma poi nei gruppi parlamentari non sono arrivati a un accordo. Anche in questo caso, avevano raccontato che Di Battista non contava nulla, che al massimo poteva avere influenza su alcuni attivisti. Invece ha un suo peso su un certo numero di senatori».Intuisco da quel che dice che da qui al 9 per lei la partita è ancora lunga…«Il cerino passa di mano in mano. Da Matteo Salvini è passato a Silvio Berlusconi, e da Berlusconi al M5s… Ma il cerino sta bruciando, e non è ancora spento. E se per caso Di Battista dice ai suoi di votare no, a quel punto il cerino ritorna al Cav, o almeno a una parte di Forza Italia. Magari alcuni potrebbero non partecipare al voto…».E le opposizioni che devono fare? Se lei dovesse dare un suggerimento, anche al di là di questa specifica circostanza, cosa direbbe? Intanto, è possibile fare al centrodestra un discorso unitario o no?«Non credo che si possa fare un ragionamento unico con le forze di centrodestra, ed è un peccato. Vede, io non penso che il sovranismo sia morto. È morto il sovranismo nazionalista alla Marine Le Pen. Servirebbe invece un approccio capace di tenere insieme sovranismo, federalismo e liberalismo».Ci spieghi bene questo trittico, per favore.«Del sovranismo come nuova missione per l'Europa (non questa Ue) abbiamo detto. Ma serve anche un approccio liberale, ne parlavamo all'inizio: se voglio passare il Natale con mia sorella a qualche chilometro di distanza, mi deve poter essere consentito. Quanto al federalismo, il punto è la difesa dell'autonomia delle regioni, battaglia che è stata un po' sacrificata. Le stesse regioni che hanno chiesto maggiore autonomia, adesso devono uniformarsi alle volontà del governo, che vorrebbe perfino imporre una clausola di supremazia…».Ma chi è adesso Giuseppe Conte? Al suo apparire sulla scena politica. si parlò molto di Villa Nazareth e dello studio Alpa, che ci avrebbero fatto questo «regalo»… E ora?«Quello era il primo Conte, che arrivò per quelle vie. E che colse un'opportunità svolgendo un ruolo di mediazione, per una breve stagione, tra Salvini e Luigi Di Maio. Oggi Conte è cambiato: adesso lo definirei una “costruzione" di Mattarella. Dietro Conte c'è Mattarella, nel senso che, sia pure in forma indiretta, questo è il governo del Presidente».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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