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2020-11-02
L'ultimo regalo ai giganti del Web
iStock
Oltre al danno, la beffa. La nuova chiusura di tutti i cinema fino al 24 novembre mentre mette in ginocchio un settore già disastrato dal precedente lockdown e fa un gran regalo ai colossi delle piattaforme streaming. Il Covid sta creando una situazione inimmaginabile fino a qualche tempo fa. I big delle pellicole on demand sono scesi in campo pesantemente contendendosi le grandi produzioni, quei titoli che sono sicuramente campioni di incassi, e quindi sottraendoli alle sale. È quanto sta accadendo al nuovo film di James Bond, No time to die, che sarebbe dovuto uscire nelle sale in aprile, poi è stato rinviato a novembre e quindi è slittato ad aprile 2021. Sarebbe stato l'evento più atteso nei cinema nel 2020, potrebbe diventare la pellicola dell'anno nel 2021 per lo streaming. La pandemia ha un'evoluzione imprevedibile e ha fatto saltare tutte le programmazioni. Così, nel deserto dell'offerta, proprio a causa delle misure restrittive e dell'assenza di produzioni americane, piazzare un titolo di grande richiamo avrebbe un effetto maggiore che in tempi normali. Secondo i rumors raccolti da Bloomberg, i due big dello streaming, Apple e Netflix, sarebbero in trattativa per acquistare il nuovo episodio di 007 e distribuirlo direttamente sulle loro piattaforme bypassando le sale.
La casa di produzione Mgm, che per realizzare la pellicola dell'agente segreto più famoso al mondo ha speso 250 milioni di dollari, si sta dissanguando nell'attesa. I vari rinvii causa Covid sarebbero costati circa 50 milioni di dollari. La Metro Goldwyn Mayer ha smentito le indiscrezioni della vendita, confermando che l'uscita è stata posticipata all'aprile 2021 per «preservare l'esperienza teatrale per gli spettatori». Ma sempre gli addetti ai lavori hanno detto che in realtà sarebbe stata chiesta una cifra spropositata, circa 600 milioni di dollari, oltre le possibilità anche di un colosso come Netflix. Bloomberg rivela che anche altri studi di produzione, come Paramount e Sony, stanno perdendo decine di milioni di dollari a causa dei rinvii dei loro film, e che hanno provato a recuperare queste perdite vendendo titoli come Greyhound, Coming 2 America e Without remorse ai servizi di streaming.
Ma quello di 007 non sarebbe l'unico sgambetto alle sale cinematografiche. Il colpo più doloroso è venuto dalla Disney che ha deciso di distribuire l'attesa pellicola Soul scavalcando le sale e mandandola direttamente sul canale Disney+ il giorno di Natale. Massimo della beffa, il film ha aperto la Festa del cinema di Roma in quello che è sembrato a tanti un grande spot allo streaming. La casa di Topolino aveva già imboccato questa direzione con l'ultimo action movie Mulan, che a settembre è andato contemporaneamente nelle sale e, con un sovrapprezzo, sulla rete in streaming Disney+. E qualche giorno fa Dan Loeb, uno dei più importanti azionisti di Disney con una quota di 1 miliardo di dollari nella società, ha chiesto pubblicamente l'uscita di Black widow con Scarlett Johansson sulla piattaforma di streaming Disney+. I film Disney valgono oro per il mercato italiano. Delle 10 pellicole che hanno incassato di più nell'ultima stagione, sei erano produzioni di questo colosso.
La fuga di tutti i principali blockbuster è il colpo di grazia per un settore tramortito dalla scorsa serrata che conta 3.900 sale e decine di migliaia di lavoratori. Gli ultimi dati di Audimovie sulle presenze dicono che da gennaio a settembre gli spettatori nei cinema italiani sono stati 30,3 milioni, meno della metà dei 69,5 milioni dei primi nove mesi dello scorso anno.
Secondo l'Anec (Associazione nazionale esercenti cinema), da marzo 2020 a oggi è stato perso l'82% del box office e delle presenze. Con l'attuale chiusura nelle prossime 4 settimane andranno in fumo altri 90 milioni di fatturato diretto e indotto. Fino al 26 ottobre scorso aveva riaperto soltanto l'80% delle sale a fronte di un fatturato che si è fermato al 38% rispetto all'anno precedente.
Un dato ancora più preoccupante è questo: a 100 giorni dalla riapertura delle sale (avvenuta il 15 giugno), nella settimana dal 14 al 20 settembre le presenze sono state mediamente 138 al giorno a fronte di 553 della settimana omologa del 2019. Un livello che corrisponde al 25% del 2019 (secondo un'elaborazione su dati Cinetel di Cineguru). La crisi di pubblico è sotto gli occhi di tutti e rischia di non essere recuperabile alla fine della chiusura.
Le grandi case di distribuzione hanno finora tenuto nel cassetto i nuovi titoli, forse in attesa di un miglioramento del mercato che però non si vede all'orizzonte. L'unica eccezione è stata Tenet di Christopher Nolan. E il Natale si avvicina, senza che il pubblico sappia con certezza se potrà tornare al cinema e quali pellicole lo attendono. Le piattaforme in streaming, se da un lato non sono paragonabili all'esperienza in sala, dall'altro allo spettatore medio offrono, soprattutto in questo momento, un'alternativa sicura, valida per qualità e anche più economica rispetto allo spostamento verso i cinema.
Le difficoltà delle sale si sommano a quelle delle produzioni, tra rinvii, protocolli da rispettare ma anche blocchi per casi di infezione. Le riprese di Mission impossible 7 hanno una vita travagliata. La scorsa primavera il protagonista Tom Cruise è rimasto bloccato a Venezia. Poi, dopo il lockdown, sono ricominciate le riprese ma alcuni giorni fa il set è stato smontato all'improvviso perché nella troupe sono stati individuati 12 casi di positività. In aggiunta, le riprese hanno creato assembramenti di curiosi e fan.
Le major reagiscono all'incertezza del momento rimandando i film di punta. Wonder woman 1984 era stato spostato a Natale, ma a questo punto sarà molto difficile che la programmazione venga rispettata. Dune da dicembre prossimo slitta al 1° ottobre 2021 e Matrix 4, ennesima puntata della saga fantascientifica, arriverà a dicembre del prossimo anno. Altri titoli come Jurassic world: dominion, Avatar 2, The Flash, The Batman hanno avuto sorte peggiore e sono slittati al 2022. Le riprese delle avventure dell'uomo pipistrello sono state colpite da vicino dal Covid con il protagonista Robert Pattinson risultato positivo. Resta quindi l'incognita sopravvivenza fino al prossimo anno, quando arriveranno i film inizialmente previsti per il 2020. Ma aspettare così a lungo potrebbe rivelarsi fatale per il settore.
«Con il Covid perduti due spettatori su tre»
«Alla fine della chiusura, dopo il 24 novembre, bisognerà fare uscire sugli schermi tutti i film già pronti senza deroghe o soluzioni diverse che possano penalizzare le sale. L'ultima scelta della Pixar di spostare un prodotto nato per la sala come Soul, portandolo direttamente in piattaforma streaming, con uscita il giorno di Natale, ci ha inflitto l'ennesimo duro colpo. È stato un gesto simbolicamente preoccupante. Il blockbuster anglosassone è da sempre un prodotto estremamente commerciale su cui si poggia una buona fetta del nostro mercato nazionale. Il cinema non può ripartire aspettando i film provenienti dall'estero, bisogna fare affidamento unicamente sulle numerose produzioni nazionali, sostenute con denaro pubblico». Mario Lorini, presidente dell'Anec, l'associazione degli esercenti cinematografici, guarda con preoccupazione alla ripresa dopo la chiusura imposta dal dpcm.
Quanto avete perso da gennaio?
«Abbiamo subito un crollo degli incassi e delle presenze del 68% considerando però che gennaio è stato un mese molto buono. Dal 15 giugno al 15 ottobre stavamo perdendo l'82% con un pubblico che stentava a tornare al cinema per una sensazione di diffidenza verso i luoghi chiusi percepiti come più pericolosi, nonostante i protocolli di sicurezza applicati in modo scrupoloso e nessun caso di contagio. Abbiamo riaperto tra mille difficoltà con presenze scarse anche per le norme sul distanziamento».
Quindi stavate ripartendo…
«Ma ad aggravare la situazione sono arrivate le scelte delle major americane impegnate ad arginare le massicce perdite dovute al Covid. Gli studios hanno rinviato quasi tutti i titoli al 2021. Un duro colpo inferto agli esercenti su scala mondiale che indebolisce il mercato e mette a dura prova le strutture».
Sarà un Natale senza Disney, che per Soul ha scelto lo streaming e senza i film di azione americani?
«È indiscutibile che il cinema americano sia importante per il mercato mondiale ma ora dobbiamo concentrarci sul prodotto nazionale come stanno facendo anche altri Paesi. I titoli sono importanti. Lo dimostrano le uscite di Tenet e After 2 che hanno riportato il target più giovane in sala dopo il lockdown. Due film che hanno guadagnato insieme quasi 10 milioni di euro. Sono arrivati poi in programmazione titoli di qualità italiani ed europei, ma ci si ferma a un terzo delle potenzialità d'incasso».
È importante anche la qualità delle sale. Qual è la situazione?
«La digitalizzazione degli schermi è oramai al 100%. In Europa il parco sale italiano è all'avanguardia. Gli esercenti hanno effettuato ingenti investimenti per ammodernare i locali e digitalizzare gli schermi. Dai multiplex alle sale di città e di provincia si sono tutti adeguati, così da rispondere al meglio alle esigenze del pubblico. Inoltre, da qualche anno è partita la multiprogrammazione che consente di dare maggiore spazio al cinema di nicchia e agli eventi».
Che cosa si deve aspettare il pubblico per le feste natalizie?
«Ancora non ci sono notizie certe su quali saranno congelati e rinviati in sala e quali invece per problemi di budget saranno spostati in piattaforma. La contingenza emergenziale non dà date certe. Si saprà qualcosa di più nei prossimi giorni. Certo è che la chiusura imposta dal 26 ottobre fa crollare tutto il lavoro svolto dalle singole imprese. Occorre pertanto lavorare fin da subito per predisporre il piano della ripartenza, che vede nell'immediata riapertura il periodo di maggior appeal di tutto l'anno, le festività natalizie. Compromettere anche questo momento dell'anno significa condannare a morte definitivamente l'intero comparto. Le misure attuate con il decreto Ristori sono un primo importante passo ma non sono sufficienti a colmare le criticità generate con la chiusura».
In attesa di un piano per la ripartenza, non temete che le piattaforme streaming vi rubino altre fette di mercato?
«In questo mese non staremo fermi. Bisogna lavorare per il riposizionamento delle uscite delle pellicole. E se in questo momento con le sale chiuse ci dovesse essere il passaggio di qualche film sulle piattaforme, non è detto che il cinema sarà penalizzato. Un'uscita in sala di una pellicola che prima è passata in streaming non è detto che non funzioni e non faccia un buon botteghino. Dobbiamo imparare a convivere con le nuove forme di comunicazione. Anche perché le major investono su più asset. Non è il momento di parlare di un settore che usurpa l'altro. Il cinema è vitale e la conferma è la protesta che si è scatenata dopo la decisione della chiusura».
Chi deciderà la riprogrammazione delle uscite?
«Il problema di mettere mano alla programmazione non può riguardare solo gli esercenti. Sono scelte che partono soprattutto dalle produzioni e dalle distribuzioni. In realtà, si tratta di aprire un dialogo e di istituire tavoli di concertazione tra ministero, produttori, distributori e noi esercenti. Così da tutelare e difendere il mercato».
Le reti streaming puntano al Natale per i nuovi abbonati
Il lockdown fa bene alle piattaforme streaming di film e serie. Dopo il successo del periodo marzo-giugno di blocco totale, coinciso con una impennata degli abbonamenti, ora con la nuova chiusura dei cinema i giganti dello streaming contano di fare il bis. La concorrenza si fa agguerrita e il primato di Netflix è insidiato da Apple, Disney, Amazon e Comcast. Che il Covid giovi a questa industria è dimostrato dai numeri. Nella prima metà dell'anno Netflix aveva totalizzato quasi 26 milioni di nuovi clienti, un record mai raggiunto. Nel terzo trimestre invece questo andamento baldanzoso è rallentato con una crescita di 2,2 milioni di abbonati, la peggiore dal 2015, dopo che nei due trimestri precedenti aveva superato il tetto dei 10 milioni a volta. La stretta del Covid si era allentata, l'estate aveva portato le persone fuori casa e i festival anche se in forma ridotta, erano tornati a catalizzare l'attenzione del pubblico.
Ma questo trend è tutt'altro che un'inversione di tendenza. Il settore marcia a pieno ritmo. Secondo un'indagine di Ey - che prende a esame Netflix, Timvision, Infinity (Mediaset), Now Tv (Sky), Amazon prime video, Eurosport player, Dazn e Disney+ (arrivata in Italia a fine marzo) - a luglio 2020 in Italia si contavano 10 milioni di abbonamenti alle piattaforme video on demand a pagamento. Tutto questo a fronte di 15,8 milioni di utenti (un abbonamento può essere fruito da più persone) e 6,8 milioni di sottoscrittori. Rispetto a giugno 2017 si tratta di 11,5 milioni di utenti in più; 8,1 milioni di abbonamenti in più; 5,1 milioni di abbonati in più. E l'incremento è evidente anche nel breve: fra gennaio e luglio, anche grazie al lockdown evidentemente, +2 milioni di utenti; +1,5 milioni di abbonamenti e +700.000 sottoscrittori.
La serrata dei cinema imposta dall'ultimo dpcm lascia di nuovo campo libero alle piattaforme streaming che ora puntano al bersaglio grosso, le festività natalizie, periodo d'oro per il cinema. Ammesso che il 24 novembre, come dice il decreto del premier Conte, i cinema possano riaprire, rimarranno le misure di sicurezza, a cominciare dalle presenze contingentate. Ma siccome domina l'incertezza alcuni grandi produttori cinematografici stanno pensando di dirottare sullo streaming le uscite previste per Natale. I bambini dovranno fare a meno del consueto appuntamento con Disney e anche il film di 007 tradirà le sale.
Intanto Netflix sta completando le riprese di oltre 150 produzioni entro la fine dell'anno e intende rilasciare una programmazione più originale in ogni trimestre del 2021 rispetto al 2020. Altri colossi rappresentano una minaccia per il cinema in sala. Il gruppo Disney conta di raggiungere per il servizio streaming Disney+, da 60 milioni a 90 milioni di abbonati a livello globale entro il 2024. Attualmente ha già superato i 60,5 milioni di iscritti. Proprio per Natale la Disney farà uscire il film Soul direttamente sulla piattaforma gratis per gli abbonati, bypassando le sale cinematografiche. L'uscita della pellicola era prevista per giugno negli Usa e per settembre in Italia. La pandemia ha sconvolto i piani della casa di Topolino che aveva già imboccato questa direzione con l'ultimo action movie Mulan, uscito a settembre contemporaneamente nelle sale e, con un sovrapprezzo, su Disney+.
In Italia, dei 10 film che hanno incassato di più nell'ultima stagione, sei erano produzioni Disney. La casa americana ha fatto da sola incassi per 170 milioni di euro, più di un quarto del totale del botteghino italiano. La tempistica dell'uscita di Soul, proprio a Natale in un momento di difficoltà del cinema, ha il carattere di una beffa per le sale. E se uno dei maggiori studios del mondo dimostra di poter fare a meno del cinema, c'è il rischio che altri lo seguano a ruota.
Oltre allo streaming video si sta facendo largo un altro modello, anche questo facilitato dalla pandemia: l'«advertising video on demand», i video gratuiti ma con pubblicità. È una formula che viene incontro alle limitate possibilità di spesa degli utenti in periodo Covid e per il momento in espansione negli Stati Uniti. Secondo Nielsen, nonostante Netflix, Amazon e YouTube continuino a fare la parte del leone, i video supportati da pubblicità rappresentano quasi un quarto della distribuzione totale in streaming. Fra i più popolari, oltre a Youtube, negli Usa spiccano Pluto Tv (Viacom Cbs), Xumo (Comcast), Tubi (Fox), Roku channel, Sony crackle, Vudu (Fandango Media). Tutte altrettante minacce per il ritorno nelle sale degli amanti del cinema.
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La chiusura dei cinema ha un solo beneficiario: i canali online come Netflix e Amazon video. Che dopo aver accumulato profitti con il commercio elettronico ora lanciano l'assalto. L'associazione esercenti: «Avevamo riaperto in piena sicurezza e invece il governo ritorna a colpirci» .Un'impennata di sottoscrizioni nei primi sei mesi dell'anno e con la seconda chiusura le grandi catene faranno il bis.Lo speciale contiene tre articoli.Oltre al danno, la beffa. La nuova chiusura di tutti i cinema fino al 24 novembre mentre mette in ginocchio un settore già disastrato dal precedente lockdown e fa un gran regalo ai colossi delle piattaforme streaming. Il Covid sta creando una situazione inimmaginabile fino a qualche tempo fa. I big delle pellicole on demand sono scesi in campo pesantemente contendendosi le grandi produzioni, quei titoli che sono sicuramente campioni di incassi, e quindi sottraendoli alle sale. È quanto sta accadendo al nuovo film di James Bond, No time to die, che sarebbe dovuto uscire nelle sale in aprile, poi è stato rinviato a novembre e quindi è slittato ad aprile 2021. Sarebbe stato l'evento più atteso nei cinema nel 2020, potrebbe diventare la pellicola dell'anno nel 2021 per lo streaming. La pandemia ha un'evoluzione imprevedibile e ha fatto saltare tutte le programmazioni. Così, nel deserto dell'offerta, proprio a causa delle misure restrittive e dell'assenza di produzioni americane, piazzare un titolo di grande richiamo avrebbe un effetto maggiore che in tempi normali. Secondo i rumors raccolti da Bloomberg, i due big dello streaming, Apple e Netflix, sarebbero in trattativa per acquistare il nuovo episodio di 007 e distribuirlo direttamente sulle loro piattaforme bypassando le sale. La casa di produzione Mgm, che per realizzare la pellicola dell'agente segreto più famoso al mondo ha speso 250 milioni di dollari, si sta dissanguando nell'attesa. I vari rinvii causa Covid sarebbero costati circa 50 milioni di dollari. La Metro Goldwyn Mayer ha smentito le indiscrezioni della vendita, confermando che l'uscita è stata posticipata all'aprile 2021 per «preservare l'esperienza teatrale per gli spettatori». Ma sempre gli addetti ai lavori hanno detto che in realtà sarebbe stata chiesta una cifra spropositata, circa 600 milioni di dollari, oltre le possibilità anche di un colosso come Netflix. Bloomberg rivela che anche altri studi di produzione, come Paramount e Sony, stanno perdendo decine di milioni di dollari a causa dei rinvii dei loro film, e che hanno provato a recuperare queste perdite vendendo titoli come Greyhound, Coming 2 America e Without remorse ai servizi di streaming.Ma quello di 007 non sarebbe l'unico sgambetto alle sale cinematografiche. Il colpo più doloroso è venuto dalla Disney che ha deciso di distribuire l'attesa pellicola Soul scavalcando le sale e mandandola direttamente sul canale Disney+ il giorno di Natale. Massimo della beffa, il film ha aperto la Festa del cinema di Roma in quello che è sembrato a tanti un grande spot allo streaming. La casa di Topolino aveva già imboccato questa direzione con l'ultimo action movie Mulan, che a settembre è andato contemporaneamente nelle sale e, con un sovrapprezzo, sulla rete in streaming Disney+. E qualche giorno fa Dan Loeb, uno dei più importanti azionisti di Disney con una quota di 1 miliardo di dollari nella società, ha chiesto pubblicamente l'uscita di Black widow con Scarlett Johansson sulla piattaforma di streaming Disney+. I film Disney valgono oro per il mercato italiano. Delle 10 pellicole che hanno incassato di più nell'ultima stagione, sei erano produzioni di questo colosso.La fuga di tutti i principali blockbuster è il colpo di grazia per un settore tramortito dalla scorsa serrata che conta 3.900 sale e decine di migliaia di lavoratori. Gli ultimi dati di Audimovie sulle presenze dicono che da gennaio a settembre gli spettatori nei cinema italiani sono stati 30,3 milioni, meno della metà dei 69,5 milioni dei primi nove mesi dello scorso anno.Secondo l'Anec (Associazione nazionale esercenti cinema), da marzo 2020 a oggi è stato perso l'82% del box office e delle presenze. Con l'attuale chiusura nelle prossime 4 settimane andranno in fumo altri 90 milioni di fatturato diretto e indotto. Fino al 26 ottobre scorso aveva riaperto soltanto l'80% delle sale a fronte di un fatturato che si è fermato al 38% rispetto all'anno precedente.Un dato ancora più preoccupante è questo: a 100 giorni dalla riapertura delle sale (avvenuta il 15 giugno), nella settimana dal 14 al 20 settembre le presenze sono state mediamente 138 al giorno a fronte di 553 della settimana omologa del 2019. Un livello che corrisponde al 25% del 2019 (secondo un'elaborazione su dati Cinetel di Cineguru). La crisi di pubblico è sotto gli occhi di tutti e rischia di non essere recuperabile alla fine della chiusura. Le grandi case di distribuzione hanno finora tenuto nel cassetto i nuovi titoli, forse in attesa di un miglioramento del mercato che però non si vede all'orizzonte. L'unica eccezione è stata Tenet di Christopher Nolan. E il Natale si avvicina, senza che il pubblico sappia con certezza se potrà tornare al cinema e quali pellicole lo attendono. Le piattaforme in streaming, se da un lato non sono paragonabili all'esperienza in sala, dall'altro allo spettatore medio offrono, soprattutto in questo momento, un'alternativa sicura, valida per qualità e anche più economica rispetto allo spostamento verso i cinema.Le difficoltà delle sale si sommano a quelle delle produzioni, tra rinvii, protocolli da rispettare ma anche blocchi per casi di infezione. Le riprese di Mission impossible 7 hanno una vita travagliata. La scorsa primavera il protagonista Tom Cruise è rimasto bloccato a Venezia. Poi, dopo il lockdown, sono ricominciate le riprese ma alcuni giorni fa il set è stato smontato all'improvviso perché nella troupe sono stati individuati 12 casi di positività. In aggiunta, le riprese hanno creato assembramenti di curiosi e fan.Le major reagiscono all'incertezza del momento rimandando i film di punta. Wonder woman 1984 era stato spostato a Natale, ma a questo punto sarà molto difficile che la programmazione venga rispettata. Dune da dicembre prossimo slitta al 1° ottobre 2021 e Matrix 4, ennesima puntata della saga fantascientifica, arriverà a dicembre del prossimo anno. Altri titoli come Jurassic world: dominion, Avatar 2, The Flash, The Batman hanno avuto sorte peggiore e sono slittati al 2022. Le riprese delle avventure dell'uomo pipistrello sono state colpite da vicino dal Covid con il protagonista Robert Pattinson risultato positivo. Resta quindi l'incognita sopravvivenza fino al prossimo anno, quando arriveranno i film inizialmente previsti per il 2020. Ma aspettare così a lungo potrebbe rivelarsi fatale per il settore. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lultimo-regalo-ai-giganti-del-web-le-reti-in-streaming-puntano-al-natale-per-i-nuovi-abbonati-2648578380.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="con-il-covid-perduti-due-spettatori-su-tre" data-post-id="2648578380" data-published-at="1604262073" data-use-pagination="False"> «Con il Covid perduti due spettatori su tre» «Alla fine della chiusura, dopo il 24 novembre, bisognerà fare uscire sugli schermi tutti i film già pronti senza deroghe o soluzioni diverse che possano penalizzare le sale. L'ultima scelta della Pixar di spostare un prodotto nato per la sala come Soul, portandolo direttamente in piattaforma streaming, con uscita il giorno di Natale, ci ha inflitto l'ennesimo duro colpo. È stato un gesto simbolicamente preoccupante. Il blockbuster anglosassone è da sempre un prodotto estremamente commerciale su cui si poggia una buona fetta del nostro mercato nazionale. Il cinema non può ripartire aspettando i film provenienti dall'estero, bisogna fare affidamento unicamente sulle numerose produzioni nazionali, sostenute con denaro pubblico». Mario Lorini, presidente dell'Anec, l'associazione degli esercenti cinematografici, guarda con preoccupazione alla ripresa dopo la chiusura imposta dal dpcm. Quanto avete perso da gennaio? «Abbiamo subito un crollo degli incassi e delle presenze del 68% considerando però che gennaio è stato un mese molto buono. Dal 15 giugno al 15 ottobre stavamo perdendo l'82% con un pubblico che stentava a tornare al cinema per una sensazione di diffidenza verso i luoghi chiusi percepiti come più pericolosi, nonostante i protocolli di sicurezza applicati in modo scrupoloso e nessun caso di contagio. Abbiamo riaperto tra mille difficoltà con presenze scarse anche per le norme sul distanziamento». Quindi stavate ripartendo… «Ma ad aggravare la situazione sono arrivate le scelte delle major americane impegnate ad arginare le massicce perdite dovute al Covid. Gli studios hanno rinviato quasi tutti i titoli al 2021. Un duro colpo inferto agli esercenti su scala mondiale che indebolisce il mercato e mette a dura prova le strutture». Sarà un Natale senza Disney, che per Soul ha scelto lo streaming e senza i film di azione americani? «È indiscutibile che il cinema americano sia importante per il mercato mondiale ma ora dobbiamo concentrarci sul prodotto nazionale come stanno facendo anche altri Paesi. I titoli sono importanti. Lo dimostrano le uscite di Tenet e After 2 che hanno riportato il target più giovane in sala dopo il lockdown. Due film che hanno guadagnato insieme quasi 10 milioni di euro. Sono arrivati poi in programmazione titoli di qualità italiani ed europei, ma ci si ferma a un terzo delle potenzialità d'incasso». È importante anche la qualità delle sale. Qual è la situazione? «La digitalizzazione degli schermi è oramai al 100%. In Europa il parco sale italiano è all'avanguardia. Gli esercenti hanno effettuato ingenti investimenti per ammodernare i locali e digitalizzare gli schermi. Dai multiplex alle sale di città e di provincia si sono tutti adeguati, così da rispondere al meglio alle esigenze del pubblico. Inoltre, da qualche anno è partita la multiprogrammazione che consente di dare maggiore spazio al cinema di nicchia e agli eventi». Che cosa si deve aspettare il pubblico per le feste natalizie? «Ancora non ci sono notizie certe su quali saranno congelati e rinviati in sala e quali invece per problemi di budget saranno spostati in piattaforma. La contingenza emergenziale non dà date certe. Si saprà qualcosa di più nei prossimi giorni. Certo è che la chiusura imposta dal 26 ottobre fa crollare tutto il lavoro svolto dalle singole imprese. Occorre pertanto lavorare fin da subito per predisporre il piano della ripartenza, che vede nell'immediata riapertura il periodo di maggior appeal di tutto l'anno, le festività natalizie. Compromettere anche questo momento dell'anno significa condannare a morte definitivamente l'intero comparto. Le misure attuate con il decreto Ristori sono un primo importante passo ma non sono sufficienti a colmare le criticità generate con la chiusura». In attesa di un piano per la ripartenza, non temete che le piattaforme streaming vi rubino altre fette di mercato? «In questo mese non staremo fermi. Bisogna lavorare per il riposizionamento delle uscite delle pellicole. E se in questo momento con le sale chiuse ci dovesse essere il passaggio di qualche film sulle piattaforme, non è detto che il cinema sarà penalizzato. Un'uscita in sala di una pellicola che prima è passata in streaming non è detto che non funzioni e non faccia un buon botteghino. Dobbiamo imparare a convivere con le nuove forme di comunicazione. Anche perché le major investono su più asset. Non è il momento di parlare di un settore che usurpa l'altro. Il cinema è vitale e la conferma è la protesta che si è scatenata dopo la decisione della chiusura». Chi deciderà la riprogrammazione delle uscite? «Il problema di mettere mano alla programmazione non può riguardare solo gli esercenti. Sono scelte che partono soprattutto dalle produzioni e dalle distribuzioni. In realtà, si tratta di aprire un dialogo e di istituire tavoli di concertazione tra ministero, produttori, distributori e noi esercenti. 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Nella prima metà dell'anno Netflix aveva totalizzato quasi 26 milioni di nuovi clienti, un record mai raggiunto. Nel terzo trimestre invece questo andamento baldanzoso è rallentato con una crescita di 2,2 milioni di abbonati, la peggiore dal 2015, dopo che nei due trimestri precedenti aveva superato il tetto dei 10 milioni a volta. La stretta del Covid si era allentata, l'estate aveva portato le persone fuori casa e i festival anche se in forma ridotta, erano tornati a catalizzare l'attenzione del pubblico. Ma questo trend è tutt'altro che un'inversione di tendenza. Il settore marcia a pieno ritmo. Secondo un'indagine di Ey - che prende a esame Netflix, Timvision, Infinity (Mediaset), Now Tv (Sky), Amazon prime video, Eurosport player, Dazn e Disney+ (arrivata in Italia a fine marzo) - a luglio 2020 in Italia si contavano 10 milioni di abbonamenti alle piattaforme video on demand a pagamento. Tutto questo a fronte di 15,8 milioni di utenti (un abbonamento può essere fruito da più persone) e 6,8 milioni di sottoscrittori. Rispetto a giugno 2017 si tratta di 11,5 milioni di utenti in più; 8,1 milioni di abbonamenti in più; 5,1 milioni di abbonati in più. E l'incremento è evidente anche nel breve: fra gennaio e luglio, anche grazie al lockdown evidentemente, +2 milioni di utenti; +1,5 milioni di abbonamenti e +700.000 sottoscrittori. La serrata dei cinema imposta dall'ultimo dpcm lascia di nuovo campo libero alle piattaforme streaming che ora puntano al bersaglio grosso, le festività natalizie, periodo d'oro per il cinema. Ammesso che il 24 novembre, come dice il decreto del premier Conte, i cinema possano riaprire, rimarranno le misure di sicurezza, a cominciare dalle presenze contingentate. Ma siccome domina l'incertezza alcuni grandi produttori cinematografici stanno pensando di dirottare sullo streaming le uscite previste per Natale. I bambini dovranno fare a meno del consueto appuntamento con Disney e anche il film di 007 tradirà le sale. Intanto Netflix sta completando le riprese di oltre 150 produzioni entro la fine dell'anno e intende rilasciare una programmazione più originale in ogni trimestre del 2021 rispetto al 2020. Altri colossi rappresentano una minaccia per il cinema in sala. Il gruppo Disney conta di raggiungere per il servizio streaming Disney+, da 60 milioni a 90 milioni di abbonati a livello globale entro il 2024. Attualmente ha già superato i 60,5 milioni di iscritti. Proprio per Natale la Disney farà uscire il film Soul direttamente sulla piattaforma gratis per gli abbonati, bypassando le sale cinematografiche. L'uscita della pellicola era prevista per giugno negli Usa e per settembre in Italia. La pandemia ha sconvolto i piani della casa di Topolino che aveva già imboccato questa direzione con l'ultimo action movie Mulan, uscito a settembre contemporaneamente nelle sale e, con un sovrapprezzo, su Disney+. In Italia, dei 10 film che hanno incassato di più nell'ultima stagione, sei erano produzioni Disney. La casa americana ha fatto da sola incassi per 170 milioni di euro, più di un quarto del totale del botteghino italiano. La tempistica dell'uscita di Soul, proprio a Natale in un momento di difficoltà del cinema, ha il carattere di una beffa per le sale. E se uno dei maggiori studios del mondo dimostra di poter fare a meno del cinema, c'è il rischio che altri lo seguano a ruota. Oltre allo streaming video si sta facendo largo un altro modello, anche questo facilitato dalla pandemia: l'«advertising video on demand», i video gratuiti ma con pubblicità. È una formula che viene incontro alle limitate possibilità di spesa degli utenti in periodo Covid e per il momento in espansione negli Stati Uniti. Secondo Nielsen, nonostante Netflix, Amazon e YouTube continuino a fare la parte del leone, i video supportati da pubblicità rappresentano quasi un quarto della distribuzione totale in streaming. Fra i più popolari, oltre a Youtube, negli Usa spiccano Pluto Tv (Viacom Cbs), Xumo (Comcast), Tubi (Fox), Roku channel, Sony crackle, Vudu (Fandango Media). Tutte altrettante minacce per il ritorno nelle sale degli amanti del cinema.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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