Il presidente del Consiglio promette che i minori costi dovuti al calo della spesa per interessi sul debito serviranno a ridurre le tasse. Stesso trucco che Luigi Di Maio voleva usare con quota 100 e reddito di cittadinanza. Allora i competenti lo derisero, oggi invece tacciono.L'Italia è il Paese dei tesoretti. E tutti stanno negli occhi dei politici che li guardano e li rimirano convinti di avere trovato la panacea. Il penultimo in ordine di tempo era stato stato avvistato da Luigi Di Maio poco prima dell'avvio delle vacanze estive che poi hanno portato alla fine del governo gialloblù. Una volta appurato che il costo di quota 100 e del reddito di cittadinanza sarebbe stato inferiore alle stime di oltre un miliardo di euro, la prima cosa che non ha fatto il leader grillino è stato ricordare che quella minore spesa (come da Def approvato dal suo stesso governo) sarebbe andata a ridurre il deficit complessivo. Ha invece alzato la bandiera della spesa e gioito per aver trovato un miliardo da spendere a sostegno della famiglia e della natalità. Cosa non possibile per due motivi: sul costo di quota 100 e del reddito pendeva una specifica clausola di salvaguardia; dall'altra parte sarebbe stato come mischiare mele e pere. Da un lato un debito e dall'altro un attivo di bilancio. Costo economico e stato patrimoniale questi sconosciuti. Invece, il messaggio è stato lanciato a reti unificati e in pochi si sono stupiti. L'abbiamo fatto, ma siamo stati ignorati.A quel punto pensavamo che non si potesse fare di peggio, invece ieri Giuseppe Conte è andato oltre. O meglio. È andato più in basso. Durante il discorso di insediamento ha alzato l'amuleto dello spread e ha santificato l'effetto benefico del suo nuovo governo. Quello di prima, sempre da lui presieduto, era sporco e cattivo ed è costato allo Stato più di 12 miliardi di interessi sul debito. «Ho personalmente sventato due procedure d'infrazione che sarebbero state esiziali per la Repubblica», ha detto Conte, intestandosi la paternità del mercato, aggiungendo che da ora in avanti lo spread crollato permetterà al Tesoro notevoli risparmi che saranno impiegati per tagliare le tasse, intervenire sul cuneo fiscale e pure avviare nuovi investimenti infrastrutturali. Parti importanti di quella «Smart nation» fatta con il «green new deal» e tutte le altre parolone con cui ieri, di fronte alla Camera, ha tirato in lunga il proprio discorso per almeno una ora e mezza. Ogni 100 punti di differenziale il costo degli interessi si riduce di 2 miliardi di euro, meno comunque di quanto la sinistra sta sbandierando, peccato che sostenere pubblicamente di utilizzare la minor spesa sugli interessi per fare investimenti è folle o in malafede. Immaginate di avere un mutuo o un fido che vi impone ogni mese di pagare alla banca 1.000 euro. Si tratta di un mutuo che non vi serve per fare un investimento o per poi diventare proprietari di una casa. È un prestito con cui il titolare sostiene buona parte delle proprie spese correnti, i vestiti, il cibo e altro e altro perché le uscite complessive restano superiori alle entrate. Un giorno la banca comunica che i tassi sono scesi e il conto mensile scende di 100 euro, a 900. A quel punto, se applicaste il discorso di Conte, dovreste dire a tutti i vostri amici che vi hanno aumentato lo stipendio di 100 euro e che offrite a tutti una cena per festeggiare. Il paradosso dovrebbe spiegare chiaramente l'uscita del premier, che comunque arriva secondo. Solo due giorni fa il Corriere della Sera, che ultimamente detta la linea sul tema conti pubblici, pubblicava un articolo per buttare lì la stessa tesi. Quando Di Maio se ne uscì con il tesoretto di quota 100, noi ne evidenziammo la ridicolaggine e poi ci fu una schiera di competenti che dedicarono le loro forze a urlare allo scandalo della spesa. Ieri, invece, silenzio. Gran parte dei liberali pro Ue adesso tace. Va bene tutto. Se è questo governo a fare deficit le prefiche non si indignano. Se è Sergio Mattarella a chiedere la revisione dei patti Ue, si tratta di un autorevole intervento che mira a correggere Bruxelles dall'interno con l'obiettivo di accrescere il peso dell'Italia nel consesso dell'Unione. Se a farlo era la componente di destra del governo gialloblù, i competenti urlavano subito: oddio, vogliono uscire dall'euro e rovinarci. Se a chiedere più Stato è la sinistra europeista, allora è sicuramente per il bene dell'Italia. Giace da tempo il progetto per incorporare dentro Cassa depositi e prestiti una serie di partecipazioni del Tesoro, da Leonardo a Eni fino Enel e Terna. Ne abbiamo scritto due mesi fa. Ieri Repubblica ha ricordato che il piano di Tria (mirato a far scendere il debito di almeno 18 miliardi di euro) sarà ripescato da Gualtieri. Un'operazione rischiosa perché da un lato abbatte il debito e quindi agisce sul fronte strutturale, dall'altro aumenta i rischi per Cdp, la quale ha il dovere sacrosanto di difendere i risparmi dei pensionati italiani. Incamerare 18 miliardi in titoli quotati ne aumenta la volatilità del portafoglio, tanto che se fosse una banca dovrebbe fare un aumento di capitale di qualche miliardo. Se il gioco andasse a buon fine saremo curiosi di vedere chi urlerà alle finte privatizzazioni e al gioco delle tre carte. Scommettiamo che saranno pochi. Perché tutto quanto sta avvenendo in queste ore rende palese il vero atteggiamento dell'Ue. Il rispetto dei vincoli di bilancio è solo una leva politica e di potere da usare come premio se un governo piace e come bastone se un governo è etichettato come nemico. Il resto è solo fumo che nasconde un piatto che dentro non contiene alcun valore fondante né credenza sociale.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.






