2022-01-23
L’ultima umiliazione per chi non si vaccina lascia indifferenti intellettuali e media
Banche e poste chiuse ai senza pass e la stampa tace. La lezione di Antonio Gramsci e Václav Havel cade nel vuoto. E Sabino Cassese invoca nuove pene.Un tempo sarebbe bastato pronunciare il nome di Antonio Gramsci per spalancare, a sinistra, foreste di cuori. Ma oggi? Il pensatore comunista dichiarava di «odiare gli indifferenti». Sosteneva che «indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita». E aggiungeva parole bollenti: «I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa». A quanto pare, non viviamo in un tempo adatto a simili frasi di fuoco. Venerdì il governo ha imposto un’ulteriore stretta sanitaria. Ha varato norme brutali che andranno a incidere violentemente sull’esistenza quotidiana di milioni di persone, scardinandola. Ma i più rimangono alla finestra, inerti. È stato stabilito, ad esempio, che per entrare in banca o alle poste sia necessario esibire il green pass. Dunque il non vaccinato - per accedere al suo denaro, o svolgere alcune altre attività fondamentali - sarà costretto a farsi un tampone, quindi a spendere denaro e a sottoporsi alla rognosa trafila che ormai conosciamo. Servirà il green pass pure per acquistare le sigarette o i giornali nelle edicole al chiuso. Ed è solo grazie a una rispostina governativa (una cosiddetta Faq) sul sito ufficiale che sono state evitate ignobili perquisizioni nei carrelli del supermercato per scongiurare l’acquisto da parte dei non vaccinati di beni «non primari». Sono regole scientificamente insensate e inutilmente vessatorie, che vanno ad aggiungersi a tutte le altre disumane limitazioni con cui si stanno - su mandato governativo - escludendo i non vaccinati dalla società. C’è, in Italia, una percentuale di popolazione (qualche milione di individui) a cui viene tolto lo stipendio, proibito di entrare al bar e al ristorante, salire sui mezzi pubblici, andare in banca a controllare il conto, entrare in posta a spedire un pacco o a ritirare la pensione. E mentre questo accade, tutti gli uomini e le donne di buona volontà che fanno? Nulla: sono rimasti, appunto, indifferenti. Le notizie riguardanti le nuove restrizioni sono state accolte dai principali quotidiani, almeno in apparenza, con scarso interesse. Qualche riquadrino in prima pagina, qualche titoletto qua e là. Sono piovute dall’alto regole che incidono con potenza inaudita sulla vita di una marea di persone, ma i media hanno preferito occuparsi dei maneggi politici nella corsa al Quirinale. Non si sono letti commenti particolarmente indignati, non si è vista mezza anima bella che si sia sentita in dovere di prendere la penna in mano e opporsi alla discriminazione rabbiosa. È come se il potere, benedetto dall’indifferenza pressoché generale, fosse ormai sciolto da ogni vincolo. Si può infierire liberamente sui non vaccinati con uno stillicidio di piccoli ma acuminati ricatti, li si può portare allo sfinimento con una sorta di tortura psicologica, si può proferire sul loro conto qualunque bestialità. Si può impedire a un anziano di ritirare la pensione perché rifiuta di vaccinarsi con la stessa facilità con cui un illustre accademico, Sabino Cassese, dichiara che ai no vax si potrebbe «far pagare una parte delle spese mediche perché colpevoli di non essersi vaccinati». Capito? Colpevoli, anche quando non sono sottoposti a obbligo e dunque stanno semplicemente esercitando un diritto. Colpevoli, e dunque invitati a pagarsi cure a cui hanno già contribuito con le tasse. Vale tutto, perché l’indifferenza lo consente. Vale citare, a questo punto, un altro grande intellettuale. Uno che, a differenza di Gramsci, il comunismo lo ha combattuto. Václav Havel, simbolo del dissenso cecoslovacco, coniò (come ha ricordato su queste pagine il filosofo Paolo Musso) la definizione di «auto totalitarismo», applicandola non soltanto all’orbita sovietica ma pure all’Occidente. «Tutti ci siamo adattati al sistema totalitario», scriveva Havel, «e lo abbiamo assunto come fatto immutabile, contribuendo a mantenerlo in vita. In altri termini: tutti siamo responsabili (anche se naturalmente ognuno in misura diversa) del funzionamento del meccanismo totalitario, nessuno è solo vittima; tutti contemporaneamente vi prendiamo parte». Questa frase, che descrive perfettamente la situazione attuale ed è complementare alle affermazioni di Gramsci sull’indifferenza, l’abbiamo ripresa da un saggio di Havel intitolato Il potere dei senza potere. Piccola curiosità: l’ultima edizione italiana di quel libro, pubblicata da Itaca libri nel 2013, può contare su una bella prefazione di Marta Cartabia, attuale ministro della Giustizia. Nel suo scritto, la Cartabia illustra con grande partecipazione il pensiero di Havel, sembra quasi farlo proprio. Insiste, per dire, sul fatto che «tutti siamo complici della situazione politica, permettendo, con la nostra de moralizzazione, il consolidamento del sistema». Arriva addirittura a citare Aleksandr Solgenicyn e l’accusa che egli lanciò, durante il suo discorso ad Harvard, al mondo occidentale: «Egli osservava con amarezza che la civiltà occidentale - pur non privata della libertà - non sapeva resistere al conformismo». La Cartabia conclude la prefazione appropriandosi di un’altra splendida immagine di Havel: quella di un ortolano che, con coraggio, strappa dalla vetrina lo slogan «Proletari di tutto il mondo unitevi!», dando il via a una scossa di ribellione. «Da questo tipo di gesti alla portata di chiunque», commenta la giurista, «può prendere origine la resistenza al potere e la rinascita sociale». Che scena potente, non è vero? A volte basta un piccolo gesto di coraggio, una stilla di eroismo, per dare il via a un cambiamento epocale. Ebbene, quell’eroismo e quel coraggio oggi mancano, soffocati dall’indifferenza. Chiaro, non siamo sottoposti al tallone di ferro sovietico, ma in modo piuttosto deciso si opprimono migliaia e migliaia di persone, ma i più tacciono, non se ne curano. Appare disinteressata anche la Cartabia, la stessa che firmava prefazioni ispirate e profonde ai libri di Havel, e che oggi partecipa alla cancellazione de facto del dissenso. Come tantissimi altri, anche lei, a quanto risulta, si è adattata al sistema, contribuendo a mantenerlo in vita.
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