2025-03-15
L’ultima sul Covid della Ronzulli: «Il nostro lockdown salvò gli altri Paesi»
La senatrice critica il confronto dei dati dell’era pandemica con quelli dei 5 anni precedenti. Metodo usato pure dall’Iss.Non è bastata, alla senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, la storica figuraccia nello studio di Paolo Del Debbio a Dritto e Rovescio, in piena pandemia a novembre 2021, quando tentando di replicare al direttore della Verità Maurizio Belpietro che le opponeva i dati del British Medical Journal (Bmj), lei minimizzò definendo la prestigiosa rivista scientifica, una delle più antiche e autorevoli del mondo, «un giornale». Con pari autorevolezza, Ronzulli ha esordito l’altroieri in commissione Covid provando incautamente a smontare lo studio presentato dall’ingegner Giovanni Di Palmo dell’associazione Umanità e Ragione sull’eccesso di mortalità in Italia e sull’inefficacia del lockdown severo applicato nel nostro Paese per contenere, infruttuosamente, la pandemia. Ed è alla luce di quella folgorante prestazione televisiva del 2021 che si può capire la ratio con la quale Ronzulli, nel tentativo di mettere in difficoltà l’esperto (che aveva appena concluso che il lockdown generalizzato e prolungato in Italia ha creato gravissimi problemi sociali ed economici, senza alcuna prova certa di un impatto sulla diminuzione della mortalità), ha confutato che invece «gli altri Paesi hanno beneficiato del nostro lockdown». Già, perché secondo Ronzulli - siccome l’Italia sperimentava un rigidissimo lockdown, «non si poteva uscire dal Paese e noi che avevamo il focolaio primario non potevamo partire» - noi italiani «abbiamo in qualche modo bloccato, anche a spese di un lockdown molto rigido, l’epidemia in altri Stati». Elementare Watson, direbbe il professor Roberto Burioni, che probabilmente si troverebbe a suo agio nel brodo di cultura made in Ronzulli e con i percorsi logici che, in un modo o nell’altro, l’hanno portata a ritenere che uno Stato possa bloccare la circolazione di un virus immolandosi per «salvare» i Paesi confinanti. Ma non è finita qui: nel corso dell’audizione, che ha visto la consueta, frizzante partecipazione dell’onorevole Alfonso Colucci (M5S) nell’inedita veste di statistico, Ronzulli ha dichiarato, sulla scia delle obiezioni del pentastellato, di trovare «bizzarro» il raffronto dei dati dell’epoca pandemica con quelli del quinquennio precedente: «Credo che non si possano mettere in correlazione il 2015 con il 2020 perché non si possono paragonare trend diversi con patologie diverse, no?», ha esordito la senatrice di Forza Italia, alla quale è verosimilmente sfuggito che in tutti i bollettini dell’Istat o dell’Istituto Superiore di Sanità il raffronto è sempre stato con il quinquiennio ante pandemico. Non è stato difficile per Di Palmo confutare a lei e al notaio Colucci, che recidivo insisteva sullo stesso punto, che la baseline tipicamente utilizzata è la media del quinquennio precedente, cioè la media dei decessi 2015-2019. «Sono le classiche baseline utilizzate da tutti gli studi di settore: o il biennio precedente o il quinquennio precedente», ha replicato pazientemente Di Palmo a Ronzulli. Un clamoroso autogol sia per l’esponente di Forza Italia che per il notaio pentastellato: il parametro del quinquiennio antecedente è stato da sempre utilizzato dal governo Conte proprio per giustificare l’emergenza.L’apice grottesco del pur breve intervento di Ronzulli è stato quando la senatrice ha chiesto all’esponente di Umanità e Ragione se rappresentasse «se stesso come cittadino o l’associazione che pensavamo di audire oggi». «In che senso? (direbbe Carlo Verdone, ndr): «Io come cittadino ed esperto ho collaborato e collaboro con l’associazione Umanità e Ragione», ha replicato serafico Di Palmo. «Cittadino o associazione? Per noi fa la differenza - ha postillato Ronzulli, invocando addirittura un chiarimento in ufficio di presidenza - «perché non possiamo sentire cittadini autonomi», alla faccia del dialogo con la società civile e con gli esperti del settore.I dati riportati dall’associazione Umanità e Ragione sono quelli resi pubblici sin dal 2020 e all’epoca oscurati per perseguire indirizzi politici anziché scientifici. E quei dati dicono chiaramente che i Paesi con lockdown «leggero» hanno avuto una mortalità per milione di abitanti, nel primo semestre dell’anno 2020, inferiore a quelli che hanno effettuato un lockdown «severo»; che al di sotto di 65 anni il Covid ha avuto un impatto limitato sulla mortalità e pressoché nullo al di sotto dei 45 anni e che tale analisi del rischio non sembra coerente con le misure intraprese nell’anno 2020 ed, ancor più, in quelli successivi; che l’Italia, nonostante le misure più invasive, è tra i Paesi europei con il più alto incremento del tasso di mortalità standardizzato per età (ASMR) nel 2020 rispetto al quinquennio precedente, la terza dopo la Spagna ed il Belgio, considerando i soli Paesi con tasso di mortalità standardizzato per età (ASMR) medio nel 2015-2019 al di sotto della media Ue e la prima, considerando il metodo di calcolo del Database OurWorld in Data.