2021-12-18
L’ultima porcata della propaganda: ricattare i bimbi trattandoli da untori
Nella guerra all’ultima puntura adesso i più piccoli sono in trincea. Da un lato sono usati per dire ai coetanei che chi si fa inoculare non è un fifone. Dall’altro subiscono la minaccia: «Se esiti metti a rischio i nonni»«È come un pizzico di una zanzarina». Parola di Carlotta, dieci anni, la piccola Giovanna d’Arco del vaccino che in una lettera ai tre milioni di bambini nel mirino del governo spiega che la punturina è indispensabile e che «alla fine ci hanno dato come premio una scatola di pennarelli». È cominciato il rush finale, con l’uso della propaganda sui cuccioli e sui loro genitori, secondo una strategia del consenso che va da Karl Popper a Capitan Vaccino. Obiettivo, l’iniezione di massa. Dovesse fallire, in nome dell’etica draghiana si passerebbe agli sconti sulla carta punti del supermercato.La lettera da brividi per l’ambientazione plastificata è pubblicata da la Repubblica, ma in questi giorni non c’è giornale che non abbia il proprio baby memoriale dall’hub vaccinale. La bambina torinese di quinta elementare avverte i compagni di giochi: «Io ho vinto la paura». Come dire che chi ha ancora qualche legittimo dubbio, chi ritiene che un consiglio non sia un obbligo, è semplicemente un pavido cacasotto. Qui lo scenario cambia, nell’escalation comunicativa della lotta al virus cinese c’è il salto di qualità: il messaggio non rappresenta più una possibilità, ma diventa un pressing morale dell’establishment e del sistema mediatico compiacente, sulle famiglie italiane.Bambini, lettere, commozione. Una sceneggiatura nota, già utilizzata con effetto straniante da Giuseppe Conte un anno fa, quando Tommaso di Cesano Maderno (cinque anni perché a Rocco Casalino piaceva esagerare) prometteva di «igienizzare le manine» come un Massimo Galli da Zecchino d’oro e chiedeva al premier «un’autocertificazione speciale a Babbo Natale per consentirgli di consegnare i doni». Tutto ciò è imbarazzante ma non stupefacente; i bambini sono un target preciso nel mondo della pubblicità e parlare a loro significa interagire con l’intero gruppo famigliare. Per questo compaiono in ogni spot, alla faccia dei divieti e delle autotutele. C’è da convincere il pargolo; così Mario Draghi - si presume con fastidio - si è messo una parrucca, un cappello a punta e una pallina rossa sul naso. L’operazione «pressing morale» è palese ed è sintetizzata dal titolo di prima pagina de Il Mattino di Napoli: «Tra bambini e no vax, 12 milioni alleati del virus». I bambini appaiati ai negazionisti, un minestrone inquietante, una forzatura che porta sempre allo stesso obiettivo: lo scontro sociale fra buoni e cattivi, fra giusti e reprobi. «E tu, mamma, non vorrai certo che tuo figlio, la luce dei tuoi occhi, stia dalla parte sbagliata», potrebbe tranquillamente affermare il ministro della paura, Roberto Speranza. Nella città di Truman Show, dove l’unico diritto è comportarsi secondo il copione dettato dal regista (sennò sei un criminale), ora l’obiettivo va alle elementari. E lo Stato sta trasformando un’opzione legittima in un obbligo psicologico, incurante delle controindicazioni, delle avversità, di reazioni a lungo termine ovviamente misteriose. Eppure il presidente della Commissione tedesca sui vaccini del Robert Koch Institute, Thomas Mertens, ha detto: «Non vaccinerei i miei figli e i miei nipoti, non ci sono dati di alcun tipo sulla compatibilità in quella fascia d’età. Ci sono solo statistiche a brevissimo termine». L’ordinario di microbiologia Andrea Crisanti, pur essendo favorevole al vaccino per i più piccoli, ha aggiunto: «Poiché i bambini non sono adulti in miniatura, il modo migliore per convincere le mamme italiane è aspettare il risultato di un milione di vaccinati negli Stati Uniti». Prudenza, piedi per terra. Invece la narrazione nazionale è più incline al ricatto morale e alla strumentalizzazione, merce formidabile un anno fa con i numeri dieci volte superiori. Gli alfieri del Cts non hanno mezze misure. La settimana scorsa Sergio Abrignani ha lanciato l’anatema: «Ai miei nipotini consiglio di non abbracciare i nonni. Un gesto di affetto può trasformarsi nell’infezione». Ieri il suo collega Fabio Ciciliano ha confermato, più da sacerdote che da scienziato: «Se nipoti e nonni saranno vaccinati potranno festeggiare sotto l’albero, e ancor di più a fine anno seduti allo stesso tavolo. Senza immunità, bambini e ragazzi rischiano di mettere in pericolo se stessi e la famiglia». In assenza di evidenza scientifica, in Italia il vecchio senso di colpa che arriva dall’oratorio non tradisce mai. La crociata dei bambini è cominciata. Fra palloncini colorati, letterine avvelenate, Pimpe, cani da pet therapy e inquietanti pupazzi che non hanno niente da invidiare agli igloo con le primule di Domenico Arcuri, la lunga processione si incammina verso terre incognite. «Io ho vinto la paura», recita lo spot fondato sulla speranza, che con la Scienza avrebbe poco a che spartire. I fotoreporter di guerra privi di scrupoli portano sempre nello zaino un orsacchiotto; piazzato al punto giusto serve per rendere più emotivi gli scatti di bambini caduti, vittime innocenti di un bombardamento o di una pallottola di rimbalzo. Avviso disinteressato ai fanatici del «pizzico di zanzarina» per la nipotina: pregate che quel fetido peluche non sia vostro.