2024-06-15
«Dazi a Pechino nocivi all’agricoltura. A rischio esportazioni e fondi Pac»
Luigi Scordamaglia (Imagoeconomica)
L’ad di Filiera Italia Luigi Scordamaglia: «Pericoli per gli acquisti di prodotti italiani in Asia e il via libera alle risorse per i campi in sede Wto. Attenti a uno studio istituzionale del Clan che promuove i cibi ultraprocessati».Strane cose accadano attorno al cibo. Sembra quasi che l’agroalimentare italiano primo motore dell’export e di gran lunga primo contributore al Pil sia diventato un valore ampiamente negoziabile. Capita che sulla dieta mediterranea – patrimonio dell’Unesco – fondata su cibi naturalissimi, non processati e di fatto mono-ingrediente, mettano le mani le multinazionali che se ne vogliono fare interpreti. Con i dazi imposti alla Cina si rischia che la Pac venga bocciata in sede di Wto come aiuto di Stato. Ma c’è anche un piccolo giallo tutto italiano. È stato da poco rilanciato un position paper pubblicato dal Clan (il cluster alimentare italiano in parte finanziato anche dal ministero dell’Università e dell’Istruzione) che mette in discussione il legame tra consumo di cibi ultraprocessati e gravi malattie di fatto negandone l’effettiva pericolosità. A coordinare lo studio c’è il professor Emanuele Marconi, direttore del centro di ricerca Crea per gli alimenti e la nutrizione che per mandato istituzionale dovrebbe difendere la dieta mediterranea. Alla redazione del paper hanno dato un significativo contributo Unionfood, l’associazione di Confindustria che rappresenta tra le altre multinazionali come Nestlè, Danone, Unilever, Montelez, Federchimica, Barilla leader delle merendine. Ce n’è abbastanza per chiedere a Luigi Scordamaglia – amministratore delegato di Filiera Italia che mette insieme l’eccellenza dell’agroalimentare con gli agricoltori – cosa capita. Partendo dalla Cina.Con i dazi ai cinesi non rischiamo di rimetterci un sacco di soldi di fatturato agroalimentare? «La faccenda dei dazi alla Cina ci preoccupa perché è un mercato in piena espansione. I volumi sono ancora ridotti, ma nel 2023 l’import di prodotti agroalimentari italiani era aumentato del 40%. Era forse il Paese a maggiore espansione. Ora c’è il rischio che venga messa sotto accusa la Pac a livello di Wto, ma anche che in Cina si sviluppi un mercato di italian sounding di cui non abbiamo davvero bisogno. Sarebbe il caso che l’Europa invece di applicare dei dazi difficili da mantenere evitasse di pigliare decisioni irrazionali e autolesionistiche come la scelta del solo elettrico. Ci sono delle alternative sostenibili come l’adozione dei biocarburanti di cui l’Italia è leader. D’altronde se i cinesi ci battono sulla trazione elettrica è colpa anche di quelle case automobilistiche italiane che dopo aver usato per decenni le risorse del Paese oggi si trasformano in meri assemblatori di ciò che la Cina produce». Mettiamoci a tavola: vede il pericolo che i diffusori di cibi ultraprocessati vincano la partita?«Il numero di studi e di dati che sottolineano la dannosità dei cibi ultraprocessati per la salute del consumatore, è imponente e definitivamente acquisito a livello scientifico. Viceversa il position paper pubblicato dal Clan si chiude con la seguente affermazione: “Si può ragionevolmente affermare, in conclusione, che la raccomandazione di evitare il consumo di questi alimenti non è sostenibile”. Considerando che essa viene da chi è chiamato a promuovere gli alimenti positivi per la nostra salute c’è da rimanere davvero stupiti. Ancora più grave è che come Filiera Italia, soci del Clan, non abbiamo mai ricevuto preventivamente una bozza di questo studio su cui ci venissero chiesti commenti prima che uscisse. Se poi nel documento si arriva a proporre addirittura la cancellazione del termine ultraprocessato perché fuorviante e negativo per chi lo produce allora ogni commento è superfluo».Allora l’industria agroalimentare dovrebbe chiudere? Solo prodotti freschi?«Certo che no. Ci sono lavorazioni e lavorazioni. Quelle tradizionali, di salatura e stagionatura seguono la tradizione e mettono in gioco soprattutto ingredienti naturali. Queste vanno difese e sovente coincidono con molte delle nostre eccellenze e dei nostri marchi di qualità Dop e Igp. Così come del tutto positivi risultano processi come la surgelazione. Dobbiamo invece difenderci dall’ultra-trasformazione, che spinge l’uso di sostanze - aromatizzanti, additivi, addensanti - sconosciute nelle nostre cucine di casa e alla lavorazione plurima dei prodotti per fare in modo che in pochi minuti assumano le sembianze del fresco. Pensiamo alla baguette precotta che in pochi minuti viene preparata e servita nei cesti dei supermercati. Non è fatta di acqua, farina e lievito, ma ci sono regolatori di acidità, emulsionanti ecc. Ed almeno due cotture distanti nel tempo. Siamo ben lontani dai pochissimi ingredienti del nostro amato pane».E però la gente di questa roba ne mangia tanta. Solo marketing? «Magia del marketing appunto, unita alla forza economica delle multinazionali globali. La composizione di questi prodotti viene “calibrata” cercando quello che viene definito come “punto della beatitudine” funzionale a creare soprattutto nei bambini quanta più dipendenza possibile».La legge però dice quanto e quale additivo si può usare... «Normalmente la valutazione si concentra sugli effetti avversi delle singole sostanze mentre poco è noto degli effetti dovuti all’assunzione cumulativa, il cosiddetto effetto cocktail. Sono circa 4.000 sostanze utilizzate per la cosmesi del prodotto, la conservazione e come coadiuvanti tecnologici. In media se ne ingeriscono per ogni persona 5 chilogrammi all’anno! Forse il centro di riferimento per la nutrizione in Italia dovrebbe preoccuparsi di farlo sapere al consumatore!»Cinque chili sono tanti, e si assumono come?«Giusto per fare qualche esempio: alcune merendine, offerte quotidianamente e in quantità sempre maggiori ai nostri bambini, contengono fino a 23 ingredienti. Alcuni gelati confezionati fino a 27!».Il Nutri-score però non se ne occupa! Sarà il caso di guidare scelte più consapevoli?«Bisogna diffidare dai prodotti le cui etichette sembrano bugiardini medici in quanto a sostanze chimiche presenti. Non si vuole criminalizzare l’uso di pochi e misurati ingredienti utili, ma non si può confrontare un Parmigiano Reggiano o un qualsiasi formaggio con i tre ingredienti base tradizionali (caglio, sale, latte) con un formaggio spalmabile con decine di ingredienti. E magari suggerito perché “leggero” con claims che spacciano proprietà salutistiche e benefiche. Sarebbe il caso che i ministeri competenti verificassero a fondo gli studi e le finalità dei progetti condotti degli organismi a qualsiasi titolo sovvenzionati o riconosciuti, che si coinvolgessero le associazioni dei consumatori soprattutto se parliamo di una cosa sacra come l’alimentazione».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.