2025-04-10
«La vera emergenza è l’estremismo tra i minorenni, che è dilagante»
Nel riquadro, Lucio Pifferi (Imagoeconomica)
Il capo dell’Antiterrorismo Lucio Pifferi : «Scoprono la violenza sulle piattaforme di gaming, dove imperversa la propaganda jihadista e suprematista. Negli ultimi anni un terzo delle persone coinvolte nelle indagini aveva meno di 18 anni».Polizia di Stato: al via oggi a Piazza del Popolo a Roma i festeggiamenti per il centosettantatreesimo anniversario della fondazione.Lo speciale contiene due articoli.È entrato in Polizia quando in Italia non era ancora tramontata la follia brigatista. Nella sua Padova si è occupato per anni degli allievi del cattivo maestro Toni Negri. Ha dovuto spegnere i bollori degli Antagonisti capitanati da Luca Casarini, non ancora fratacchione laico. Ma adesso deve misurarsi con emergenze del tutto nuove. Lucio Pifferi, 59 anni, per 12 anni dirigente della Digos patavina e per 9 di quella di Firenze, è il capo dell’Antiterrorismo italiano. Mentre osserva gli acquedotti romani che si scorgono dalla finestra del suo ufficio cita con nonchalance le acqueforti settecentesche di Giovanni Battista Piranesi, ma poi torna alla sua realtà quotidiana. Fatta di dossier sulla minaccia jihadista o sul rischio del momento, la nebulosa dell’eversione minorile, dove il proselitismo si sta diffondendo attraverso le piattaforme di gaming. Oggi è questo il nemico più sfuggente: i terroristi imberbi post ideologici o ideologicamente trasversali. E Pifferi, direttore centrale della Polizia di prevenzione e presidente del Casa (Comitato di analisi strategica antiterrorismo, il tavolo che riunisce forze di polizia e 007) lo sa bene. Qual è l’emergenza di cui si parla poco?«La violenza perpetrata dai minorenni. Sono sempre più coinvolti in azioni particolarmente aggressive, non di rado motivate da estremismo ideologico. Tra il 2022 e il 2024 un terzo delle persone coinvolte in operazioni di polizia giudiziaria per reati di terrorismo, odio razziale, etnico o religioso era minorenne. Ragazzi che non sempre provengono da situazioni di disagio famigliare. Le do qualche numero: su 53 destinatari di provvedimenti giudiziari per il contrasto al jihadismo 9 erano minorenni, 39 su 92 nell’ambito delle operazioni che hanno riguardato l’estrema destra». Cosa accomuna questi giovani?«L’attrazione per immagini violente e truculente, “gore” come si dice adesso, e la fluidità ideologica, caratterizzata dalla fusione di messaggi tipici della cosiddetta destra suprematista e accelerazionista (cioè che punta a una rapida fine dell’attuale Sistema per sostituirlo con un etno-Stato basato sulla purezza della razza, ndr) e del jihadismo, ma anche dal semplice interesse per le armi e la guerriglia, di fatto prolungamenti dei videogiochi. Il desiderio di mettere in pratica la violenza nasce spesso sulle piattaforme di gaming, dove vengono raggiunti dalla propaganda, soprattutto suprematista e jihadista che si diffonde attraverso le chat di commento alle partite».Ma come fanno a mescolarsi jihadismo e suprematismo? I bianchi «Wasp» o caucasici che cosa c’entrano con la guerra santa islamica?«Per capire che cosa stia succedendo non possiamo fermarci alle categorie con cui abbiamo interpretato sino a oggi la realtà. Pensi al caso di Solomon Henderson, un diciasettenne afro-americano che a Nashville ha aperto il fuoco nella mensa della sua scuola. Prima di suicidarsi ha condiviso sui social un manifesto nel quale spiegava la sua adesione all’ideologia suprematista e accelerazionista. Oltre ai classici termini dispregiativi rivolti a culture e razze o ai gruppi Lgbtqi+ conteneva parole ed espressioni che la Generazione Z utilizza per descrivere i propri stati d’animo, come “rekt” che indica qualcuno che si sente distrutto o annientato, “gyatt”, termine che descrive uno stato di eccitazione e divertimento o “alogger”, usato per definire chi è animato da esagerati livelli d’odio. Insomma si passa dall’ideologia all’introspezione». Il tutto chiusi dentro alla propria cameretta…«È così. Purtroppo noi non possiamo capire quanto i ragazzi siano influenzati dal mondo virtuale. Una realtà in cui i nostri figli vanno alla ricerca di emozioni sempre più forti arrivando a una dipendenza dall’aggressività». C’è la fascinazione per la violenza?«È una condizione emotiva che oscilla tra la noia, la ricerca di eccitazione e la curiosità morbosa per contenuti tabù. Si tratta di sentimenti che si innestano su un’immaturità relazionale e su non rari disturbi psicologici. La violenza è documentata dall’utilizzo di epiteti derisori o sprezzanti, dalla ricerca continua di materiale gore, dalla predilezione per certi generi musicali e sport da combattimento, dall’interesse per le teorie cospirazioniste e l’occultismo». A unire questi mondi c’è anche l’antisemitismo...«Esattamente. Ed è in fase di grande espansione a seguito del sanguinoso conflitto in Medio Oriente. L’odio per gli ebrei è un filo che unisce opposti estremismi e jihadismo».I predicatori d’odio usano meme e video che superano le barriere linguistiche…«C’è un personaggio, Soyjak, con gli occhiali da vista, barbetta rada la bocca spalancata che rappresenta gli uomini non mascolini. La cosa più inquietante è la serie animata Skibidi toilet, definita dai fanatici come “ariana” e comprensibile solo da chi ha un elevato quoziente intellettivo». Che cosa è esattamente?«La prima puntata è stata diffusa su Youtube il 7 febbraio 2023 e durava 11 secondi. La serie ha un’estetica bizzarra e disturbante. Gli Skibidi toilet sono teste cantanti che escono da un water e vogliono conquistare il mondo. Fanno parte di una società multiculturale e si oppongono alla cosiddetta “Alleanza”, composta da personaggi umanoidi con telecamere e schermi al posto delle teste, ovvero a quelli che potremmo definire i controllori. I giovani, mancando un senso esplicito, possono riempire di contenuti quelle immagini. L’autore è georgiano e per qualcuno la serie può essere interpretata come un’allegoria della guerra in Ucraina, ma anche come una sorta di resistenza al dominio delle tecnologie di sorveglianza».Come fanno gli adulti a bloccare i messaggi veicolati da questo genere di intrattenimento, apparentemente innocuo, che qualcuno ha definito «nichilismo post ironico dello humor»?«Non è facile, soprattutto con gli strumenti che hanno i normali genitori. La mobilitazione violenta minorile, con motivazioni discriminatorie, ideologico-eversive o anche solo con modalità che emulano azioni terroristiche è difficile da intercettare». Con quali conseguenze?«Nel 2024, in Europa, si sono verificati 4 attacchi terroristici compiuti da minorenni su un totale di 26 (18 di matrice jihadista e 8 di estrema destra), che hanno ferito anche mortalmente gli obiettivi». Il fenomeno dei minorenni violenti quanto è in crescita?«Un recente studio sulla devianza giovanile ha mostrato che per i reati di omicidio, lesioni, violenze sessuali e rapine, tra il 2021 e 2022 gli under 13 coinvolti sono aumentati del 160% rispetto al 2007-2009, mentre il numero di ragazzi tra i 14 e i 17 anni è cresciuto del 54%. L’età media per commissione del primo reato è scesa vertiginosamente. La metà dei minorenni censiti l’ha compiuto entro i 15 anni». In Italia ci sono stati due casi che hanno colpito l’opinione pubblica. A Bergamo è stato arrestato un diciasettenne per terrorismo…«Quel ragazzo ha un padre italiano e una madre africana. A scuola era un allievo modello: un obiettivo perfetto per il proselitismo dello Stato islamico che non si rivolge a tutti, ma punta target precisi capaci di elaborare la propaganda per poi diffonderla». Il secondo episodio riguarda il quindicenne di Bolzano di origini pachistane che era diventato suprematista…«In realtà inizialmente era stato affascinato da questa ideologia e poi aveva virato sul jihadismo islamico. Stava progettando uno school shooting, una sparatoria a scuola». Torniamo ai punti di contatto tra suprematismo e jihadismo…«Il progetto comune è quello di costruire una nuova società con una gerarchia fondata su criteri razziali molto marcati, ma anche più ordinata a livello morale, in cui i ruoli sono definiti in modo netto. Una società, per così dire, tradizionale che potrà essere instaurata solo dopo che il mondo sarà passato da una fase di caos distruttivo. Uno scompiglio generale che deve preludere a un momento di legge e ordine». Non è che questi ragazzi sono più che altro affetti da disturbi psichici…«Certamente la propaganda agisce su soggetti immaturi e senza spirito critico, una condizione tipica della fase di maturazione della personalità. Questi giovani non hanno percezione della definitività dei loro gesti. Spengono il pc, escono e colpiscono, come se fossero dentro a un videogioco. Lo ripeto: le piattaforme di gaming sono sempre più veicolo di diffusione della radicalizzazione».Lei prima ha parlato di emulazione. Quanto influisce questo aspetto sull’intensità della minaccia?«Molto, come dimostra la strage di Magdeburgo del 20 dicembre scorso, dove l’attentatore era un cinquantenne saudita “nemico della jihad” che si è lanciato sulla folla come un kamikaze per punire l’Occidente, a suo dire, troppo lassista con l’estremismo. Ma anche il cittadino tedesco con problemi psichici che a marzo, a Mannheim, ha travolto con l’auto decine di passanti non aveva il profilo ideologico del terrorista…».Come si prevengono tutte queste minacce, comprese quelle più casuali?«Con l’unità di intenti tra forze di polizia, magistratura e politica, di cui l’Italia è un esempio. A volte scopriamo il pericolo indagando sugli adulti, altre volte grazie all’attività di intelligence dei servizi segreti. La Polizia ha agenti che lavorano sotto copertura e monitorano le chat dei ragazzi. In alcuni casi è fondamentale intervenire con la massima celerità per impedire che dalle parole si passi ai fatti, in altre occasioni possiamo fare indagini più approfondite. Le Procure per i minorenni sono molto sensibili al tema e c’è grande interlocuzione tra noi e loro». La rapidità di reazione è fondamentale per evitare guai…«Tutti i segnali di pericolo vanno affrontati subito, con ogni strumento possibile: amministrativo, giudiziario, con le espulsioni immediate. Per noi è un mezzo di prevenzione formidabile la possibilità di rimpatrio con provvedimento del ministro dell’Interno in caso di pericolo dell’ordine e della sicurezza dello Stato. Inoltre possiamo contare anche sulla collaborazione e sulla grande sensibilità al tema della Direzione nazionale antiterrorismo e delle Procure distrettuali».Contro la proliferazione della propaganda online quali «armi» ha la Polizia?«Lo sviluppo degli strumenti tecnologici, come i programmi di analisi della Rete e di individuazione del passaggio di contenuti violenti». La comunità dei maranza, i giovani italiani di origine maghrebina, può essere un serbatoio di futuri terroristi?«Io li vedo più come un fenomeno di criminalità comune, che adotta linguaggi e codici più del mondo ultrà e trapper che non della jihad. Il loro scopo è esibire beni di lusso, procurandoseli con l’arroganza della sopraffazione. Resta la preoccupazione per un fenomeno comunque allarmante».E l’estremismo di sinistra?«In questo momento è meno allarmante rispetto al passato. Rappresenta principalmente un problema nell’ordine pubblico per alcune manifestazioni».Quindi la stagione del brigatismo rosso è archiviata per sempre?«Mai dire mai. Però oggi l’eversione di stampo marxista-leninista, con il suo linguaggio polveroso attira poco i giovani. Questi signori usano parole d’ordine e documenti che funzionano meno in un’epoca dove la comunicazione deve essere veloce e colpire come un pugno». E gli anarcoinsurrezionalisti con i loro comunicati beffardi, come quelli della Federazione anarchica informale?«Sono sicuramente più tecnologici. Fanno molta propaganda online, ma pure i loro testi sono “pesanti” e non bucano la Rete. Anche perché difficilmente diffondono immagini di violenza, come fanno altri gruppi eversivi. Certo l’antimilitarismo, il possibile ritorno al nucleare, la cosiddetta repressione di cui sarebbero portatori i decreti sicurezza offrono alla narrazione anarchica argomenti favorevoli e non si può escludere che qualcuno pensi di accompagnare nuovamente le proprie critiche sociali con qualche gesto eclatante, come ha già fatto, per esempio, Alfredo Cospito. È fondamentale non abbassare la guardia».Ci sono gli anarchici dietro al rogo di auto elettriche Tesla avvenuto a Roma e per cui Elon Musk ha parlato di terrorismo?«Tecnicamente assomiglia a un loro attentato, ma al momento manca la rivendicazione, che solitamente arriva sempre. Per esempio alla facoltà di Scienze delle investigazioni di Narni è stata diramata prima che scoprissimo il loro ordigno, per fortuna inesploso». Il portavoce di Musk in Italia, Andrea Stroppa, è finito sotto scorta…«Non possiamo e non dobbiamo sottovalutare alcun segnale».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lucio-pifferi-giovani-violenti-2671729860.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-polizia-di-stato-compie-gli-anni-e-incontra-i-cittadini" data-post-id="2671729860" data-published-at="1744231957" data-use-pagination="False"> La Polizia di Stato compie gli anni e incontra i cittadini Piazza del Popolo si sveglierà con l’aria delle grandi occasioni. Le transenne montate nella notte, i cordoni di sicurezza, i mezzi d’ordinanza tirati a lucido. Oggi la Polizia di Stato festeggia 173 anni dalla sua fondazione e lo fa mostrando il volto istituzionale e quello operativo, celebrando i suoi caduti, premiando chi si è distinto, ma anche aprendosi ai cittadini per raccontare chi sono, davvero, le donne e gli uomini in divisa. La giornata si aprirà alle 9, con la deposizione della corona d’alloro al Sacrario dei caduti, all’interno della Scuola superiore di polizia. È il primo atto di una giornata solenne, pensata non solo per celebrare, ma anche per ricordare. Perché la polizia è fatta anche di ferite. Di sangue versato. Di vite spezzate. Alle 11 il palcoscenico si sposterà nel cuore pulsante della Capitale. Piazza del Popolo accoglierà la cerimonia ufficiale. Con tutte le più alte cariche dello Stato: il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della polizia Vittorio Pisani. A rendere ancora più solenne il momento è l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che conferirà la medaglia d’oro al valore civile alla bandiera della Polizia di Stato. Un riconoscimento simbolico, che vale per tutti quegli agenti, con o senza stellette, che tra il 1943 e il 1945 si opposero al regime di occupazione nazista e alle leggi razziali. Ma non finisce qui. Pioveranno onorificenze. Quelle alla memoria, che stringono il cuore. Quelle al coraggio, che raccontano missioni difficili, azioni al limite, vite messe a rischio. Riceverà la medaglia d’oro al merito civile, alla memoria, il vice sovrintendente Maurizio Tuscano, travolto da un’auto l’11 dicembre 2021 mentre era alle prese con un rilievo in autostrada. Un caduto sul lavoro. Seguirà la consegna della medaglia d’oro al valore civile all’ispettore Christian Di Martino, accoltellato da un marocchino irregolare e pluripregiudicato la notte tra l’8 maggio e il 9 maggio dello scorso anno alla stazione di Milano Lambrate, e all’agente scelto Gennaro Montanino che riuscì a sfilare il coltello all’aggressore e a fermarlo. Medaglie d’argento al valore civile verranno consegnate al vice ispettore Antonino Giulini, all’assistente Alessandro Schirone, al dirigente superiore a riposo Andrea Massimo Zeloni e al vice sovrintendente Massimo Orlandi. A loro si aggiungono le promozioni al merito straordinario, con nomi e storie che racchiudono azioni straordinarie: gli ispettori capi Andrea Guzzo, Tiziana Malachi e Giuseppe Nicosia, l’assistente Manuel Basile, il sovrintendente capo Riccardo Vernole. Nel pomeriggio il rituale cambierà registro ma non intensità: in uniforme storica, agenti della polizia di Stato prenderanno parte al cambio della Guardia d’onore al Quirinale. Tradizione e memoria si fondono ancora una volta. Per arrivare all’inaugurazione del Villaggio della legalità. Dal cerimoniale si passa al confronto. Per tre giorni, dall’11 al 13 aprile, stand, dimostrazioni, incontri e conferenze permetteranno ai cittadini di incontrare la Polizia postale, la Scientifica, la Ferroviaria, la Stradale, l’Ufficio comunicazione, le direzioni centrali Immigrazione e Sanità, l’Anticrimine, il Servizio antidroga, l’Ispettorato delle scuole, i Servizi di frontiera. Ogni articolazione scende in piazza per raccontare cosa fa, come lo fa, e soprattutto perché. Tra una dimostrazione delle unità cinofile e una performance della banda musicale o della fanfara a cavallo, c’è spazio anche per la salute. Medici della polizia offriranno visite cardiologiche ed endocrinologiche gratuite. Non mancheranno gli approfondimenti sui temi caldi: criminalità informatica, intelligenza artificiale, droghe sintetiche, violenza di genere online, sicurezza stradale. «Se vogliamo essere professionisti della sicurezza», ha commentato Pisani, «dobbiamo essere interpreti del tempo che viviamo, percependone tempestivamente i cambiamenti e le relative fragilità». Cultura e memoria si estenderanno infine anche ad altri luoghi simbolici di Roma. In piazza di Spagna e in piazza del Viminale, i maestri infioratori del Comune di Genzano comporranno quadri floreali dal forte impatto visivo. E alla galleria Alberto Sordi, fino al 27 aprile, andrà in scena la mostra «La verità nelle tracce, oltre 120 anni di polizia Scientifica». Un viaggio nel cuore dell’investigazione tecnica. Dal sopralluogo alla prova, dalla traccia alla verità.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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