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2018-10-30
Lotti e Del Sette, processo in vista per le spifferate sul caso Consip
ANSA
Per il Giglio magico ieri è stata una giornata double face. Dopo quasi due anni la Procura di Roma ha concluso l'inchiesta Consip e ha spedito a sette persone una comunicazione quasi sempre propedeutica alla richiesta di rinvio a giudizio. Tra i destinatari dell'avviso di chiusura indagini l'ex ministro Luca Lotti e il generale Emanuele Saltalamacchia, sotto inchiesta per favoreggiamento personale (pena sino a 4 anni): per gli inquirenti avrebbero messo in guardia l'ex ad di Consip, Luigi Marroni, su un'indagine che riguardava la società e su un'attività di intercettazione sulla sua utenza personale. Per questo ora rischiano il processo. All'ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette è stata contestata anche la rivelazione di segreto a favore dell'ex presidente di Consip Luigi Ferrara: dopo essere stato informato ufficialmente delle investigazioni era tenuto al riserbo. Giornata più dolce per Tiziano Renzi. Secondo i pm non si è macchiato di traffico di influenze illecite né ha millantato conoscenze per ottenere soldi; per l'accusa è stato un suo stretto collaboratore, Carlo Russo, a chiedere decine di migliaia di euro all'imprenditore Alfredo Romeo, usando il nome del babbo ignaro. L'avvocato dei Renzi, Federico Bagattini, nonostante sia oberato di lavoro (i suoi assistiti sono coinvolti in diverse inchieste), si è rallegrato: «Questi ultimi giorni hanno dimostrato che il tempo è galantuomo: prima il riconoscimento del risarcimento del danno a titolo di diffamazione (da parte del Fatto Quotidiano, ndr) ora la richiesta di archiviazione nel procedimento Consip». Certo un gip dovrà confermare la richiesta e la «soddisfazione (…) del dottor Tiziano Renzi (…) risulta menomata dalla considerazione della campagna subita nel corso degli ultimi due anni» che ha prodotto «gravi e irreversibili danni sul piano personale, familiare ed economico».
Ma torniamo a chi non gioisce per niente.
Il presunto favoreggiamento di Lotti ha una data precisa: 3 agosto 2016. L'1 agosto i carabinieri del Noe avevano piazzato le microspie negli uffici romani della Romeo gestioni, il 2 le avevano accese e il 3, con incredibile coincidenza di tempi, l'ad della Consip venne convocato in uno degli uffici della presidenza del Consiglio dall'allora sottosegretario Lotti.
L'avvocato di Marroni, Luigi Li Gotti, ci spiega come sarebbero andate le cose nell'estate di due anni fa: «Il mio assistito andò a trovare il politico nello studio che si trova nel complesso della galleria Borghese. Lo abbiamo provato con diversi elementi. Quel giorno la segreteria di Marroni avvertì l'autista e diede le indicazioni per l'appuntamento, che avvenne, se non ricordo male, in Santa Maria in Via (dove si trova la sala polifunzionale della presidenza del Consiglio, ndr). Da lì Lotti e Marroni sono andati a piedi a Palazzo Chigi, a un centinaio di metri».
Rimane invischiato nell'inchiesta anche Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua, ex amico di Marroni e inizialmente suo coaccusatore di Lotti. Vannoni, durante il procedimento, ha cambiato linea e ha detto di aver incolpato Lotti, intimorito dai modi spicci del pm Henry John Woodcock e dei suoi segugi. Gli inquirenti non devono aver creduto alla genuinità della retromarcia e lo hanno iscritto per favoreggiamento.
Resta nei guai pure l'aspirante lobbista Carlo Russo. Nell'avviso di chiusura indagini si legge che «si faceva promettere» da Romeo 100.000 euro annui «come prezzo della propria mediazione». Inoltre si faceva garantire altre somme per singole operazioni, sempre millantando conoscenze altolocate, dall'Inps a Grandi stazioni alla politica: per esempio 32.500 euro «nella prospettazione del Russo» andavano destinati ogni mese a lui (2.500) e a Tiziano Renzi (30.000) per la mediazione nei confronti di Marroni, per ottenere vantaggi nelle gare Consip.
Ma per la Procura Russo sarebbe solo un fanfarone, sebbene lo stesso Lotti nel 2015 garantì per lui con il governatore della Puglia Michele Emiliano, a nome proprio e di Maria Elena Boschi: «Lo conosciamo (…) Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceutica. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo».
In tutto questo Russo, al contrario di Marroni, con i pm non ha fatto chiamate di correo e così dentro al Giglio magico qualcuno in futuro potrebbe costruirgli un monumento. Intanto rischia un processo per millantato credito (da 2 a 6 anni di carcere), anziché per traffico di influenze illecite, reato di cui era accusato inizialmente (pene da 1 a 3 anni).
Dunque accettando di accollarsi tutte le responsabilità si è preso un bel rischio. Come ha fatto un altro ex collaboratore e coindagato di Renzi senior, Mariano Massone, che senza mai rilasciare dichiarazioni ha patteggiato presso il Tribunale di Genova una pena di 26 mesi per bancarotta.
Nell'avviso di chiusura indagini, tra i sette indagati, chi sembra avere i problemi più seri è il maggiore Gianpaolo Scafarto, il carabiniere del Noe sospettato di aver imbrogliato le carte pur di incastrare Tiziano Renzi. È accusato dagli inquirenti di falsità ideologica (da 3 a 10 anni di detenzione), rivelazione di segreto (da 6 mesi a 3 anni) e di depistaggio (da 3 a 8 anni), insieme con il suo ex superiore, il colonnello Alessandro Sessa. Scafarto in questi mesi ha subìto 8 interrogatori, 2 perquisizioni e gli sono stati sequestrati 4 cellulari e un computer. Nell'inchiesta di Roma l'uomo nero pare essere diventato lui. Infatti del procedimento originario istruito a Napoli per presunti reati contro la pubblica amministrazione rimane poco: per 8 indagati (tra cui l'ex parlamentare Italo Bocchino e l'ex presidente di Consip Domenico Casalino) è stata chiesta l'archiviazione, il manager Marco Gasparri ha patteggiato e a processo è finito solo il suo presunto corruttore, l'avvocato Romeo.
Giacomo Amadori
I pm dopo aver sentito la versione di Renzi padre: «Totale inaffidabilità»
La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione per Tiziano Renzi perché non avrebbe millantato conoscenze e raccomandazioni per spillare quattrini all'imprenditore Alfredo Romeo, ma, nel contempo, ha evidenziato «la sua inverosimile ricostruzione dei fatti e della natura dei rapporti» con l'aspirante lobbista Carlo Russo.
L'immagine che esce dall'inchiesta Consip del padre dell'ex premier è davvero ammaccata. Anzi macchiata. Per dirla con le parole dello stesso Romeo: «È un chiacchierone eh (…) è logorroico proprio, si è presentato con un bermuda, con una polo tutta sbavata». Sì, perché per i magistrati il famoso incontro tra Romeo e Tiziano Renzi, sempre negato dai diretti interessati, potrebbe essere avvenuto. Come aveva rivelato l'ex tesoriere del Pd campano Alfredo Mazzei in un'intervista alla Verità. La presunta cena romana tra il babbo, Russo e Romeo, secondo i magistrati potrebbe essere avvenuta in una rosa di 9 date (comprese tra 1 aprile e 3 novembre 2015), quando i cellulari dei tre personaggi agganciarono contemporaneamente le stesse celle telefoniche. I tre potrebbero essersi visti anche il 16 luglio 2015 in zona via Pier Capponi a Firenze. In quei mesi, nella stessa strada, Renzi senior incontrava l'imprenditore Luigi Dagostino, per il quale faceva il piccolo lobbista, ottenendo in cambio una consulenza da quasi 200.000 euro, secondo la Procura di Firenze per un'operazione inesistente. Nei medesimi giorni avrebbe visto anche Romeo, che voleva essere riabilitato agli occhi di Matteo Renzi, dopo aver finanziato con 60.000 euro l'ex Rottamatore ed essere stato assolto in un'inchiesta per corruzione.
«Le risultanze acquisite consentono di stabilire, al più, un probabile incontro Renzi-Romeo in tempi assai precedenti rispetto all'estate 2016 cioè quando Russo e Romeo iniziano a pianificare il loro progetto (…) A prescindere dall'effettività di tale incontro deve censurarsi la totale inattendibilità delle dichiarazioni rese a questo ufficio da Tiziano Renzi», sanciscono i magistrati. Per le toghe «non vi è dubbio» che tra il babbo e Carlo Russo «vi sia una stretta relazione personale e che gli stessi si frequentino (…)», ma i due non avrebbero condiviso il piano di Russo che chiese a Romeo 100.000 euro all'anno per sé e altri 32.500 ogni mese per sé e Tiziano. Renzi senior nel 2017 ha dichiarato agli inquirenti di aver condiviso con Russo sia «esperienze lavorative» che alcuni viaggi, come i pellegrinaggi di gruppo a Medjugorje, e di «aver instaurato un rapporto tale da aver fatto il padrino di battesimo del figlio» ma ha escluso di aver “parlato mai con lui di Consip" né di aver “spinto per lui su Consip"». Qui i magistrati si spazientiscono: «Queste ultime affermazioni non paiono punto credibili, confrontate con quanto dichiarato da Luigi Marroni in modo dettagliato, con alcuni puntuali riscontri su luoghi e tempi degli incontri avuti con Tiziano Renzi, considerando poi che tale teste non aveva interesse ad affermare il falso, ricostruendo circostanze che semmai potevano metterlo in difficoltà».
In effetti Renzi senior, per perorare la causa di Russo, aveva incontrato Marroni a ottobre 2015 e nella primavera 2016. «È un amico, se l'ascolti mi fa piacere, se puoi dargli una mano», gli dice la prima volta.
«Luigi avrei bisogno che te incontri di nuovo Russo, c'ha dei bei progetti, è un bravo figliolo, ci sono affezionato», insiste la seconda. Però, «si sarebbe trattato in base a quanto riferito da Marroni di una generica raccomandazione che non avrebbe avuto alcun esito». A onor del vero il 17 novembre 2015 l'amministratore delegato vede Romeo «ma l'incontro», sottolineano gli inquirenti, «non è stato procurato da Russo». L'ad di Consip, a partire da primavera 2016, non avrebbe avuto altri abboccamenti con Tiziano Renzi. Occorre rammentare che dal giugno di quell'anno, nell'ambito del Giglio magico, inizia a circolare la notizia dell'inchiesta e delle intercettazioni. A inizio autunno Tiziano è spaventato per le indagini e lo riferisce a chi gli sta intorno. Ha paura di essere intercettato. A settembre gli investigatori annotano due incontri con Russo organizzati con modalità un po' carbonare. Il 28 ottobre Marroni fa annullare un appuntamento con Russo e questi «accoglie la notizia con rassegnazione», nonostante sia in compagnia di Tiziano Renzi. Per i pm, però, il mancato intervento dell'illustre genitore non è motivato dal timore per l'inchiesta in corso, ma è un punto a favore dell'indagato: «È ragionevole ritenere» che il babbo «non fosse a conoscenza delle operazioni di avvicinamento di Marroni che Russo intendeva realizzare» per favorire Romeo.
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Avviso di chiusura indagini all'ex ministro, così come al generale dei carabinieri. Una fuga di notizie avrebbe messo in guardia i soggetti al centro dell'inchiesta sugli appalti di Stato. Si complica la posizione di Giampaolo Scafarto. Per il genitore dell'ex premier c'è la richiesta di archiviazione. Ma il suo interrogatorio non ha convinto le toghe: «Inverosimile».Lo speciale contiene due articoli Per il Giglio magico ieri è stata una giornata double face. Dopo quasi due anni la Procura di Roma ha concluso l'inchiesta Consip e ha spedito a sette persone una comunicazione quasi sempre propedeutica alla richiesta di rinvio a giudizio. Tra i destinatari dell'avviso di chiusura indagini l'ex ministro Luca Lotti e il generale Emanuele Saltalamacchia, sotto inchiesta per favoreggiamento personale (pena sino a 4 anni): per gli inquirenti avrebbero messo in guardia l'ex ad di Consip, Luigi Marroni, su un'indagine che riguardava la società e su un'attività di intercettazione sulla sua utenza personale. Per questo ora rischiano il processo. All'ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette è stata contestata anche la rivelazione di segreto a favore dell'ex presidente di Consip Luigi Ferrara: dopo essere stato informato ufficialmente delle investigazioni era tenuto al riserbo. Giornata più dolce per Tiziano Renzi. Secondo i pm non si è macchiato di traffico di influenze illecite né ha millantato conoscenze per ottenere soldi; per l'accusa è stato un suo stretto collaboratore, Carlo Russo, a chiedere decine di migliaia di euro all'imprenditore Alfredo Romeo, usando il nome del babbo ignaro. L'avvocato dei Renzi, Federico Bagattini, nonostante sia oberato di lavoro (i suoi assistiti sono coinvolti in diverse inchieste), si è rallegrato: «Questi ultimi giorni hanno dimostrato che il tempo è galantuomo: prima il riconoscimento del risarcimento del danno a titolo di diffamazione (da parte del Fatto Quotidiano, ndr) ora la richiesta di archiviazione nel procedimento Consip». Certo un gip dovrà confermare la richiesta e la «soddisfazione (…) del dottor Tiziano Renzi (…) risulta menomata dalla considerazione della campagna subita nel corso degli ultimi due anni» che ha prodotto «gravi e irreversibili danni sul piano personale, familiare ed economico». Ma torniamo a chi non gioisce per niente.Il presunto favoreggiamento di Lotti ha una data precisa: 3 agosto 2016. L'1 agosto i carabinieri del Noe avevano piazzato le microspie negli uffici romani della Romeo gestioni, il 2 le avevano accese e il 3, con incredibile coincidenza di tempi, l'ad della Consip venne convocato in uno degli uffici della presidenza del Consiglio dall'allora sottosegretario Lotti. L'avvocato di Marroni, Luigi Li Gotti, ci spiega come sarebbero andate le cose nell'estate di due anni fa: «Il mio assistito andò a trovare il politico nello studio che si trova nel complesso della galleria Borghese. Lo abbiamo provato con diversi elementi. Quel giorno la segreteria di Marroni avvertì l'autista e diede le indicazioni per l'appuntamento, che avvenne, se non ricordo male, in Santa Maria in Via (dove si trova la sala polifunzionale della presidenza del Consiglio, ndr). Da lì Lotti e Marroni sono andati a piedi a Palazzo Chigi, a un centinaio di metri».Rimane invischiato nell'inchiesta anche Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua, ex amico di Marroni e inizialmente suo coaccusatore di Lotti. Vannoni, durante il procedimento, ha cambiato linea e ha detto di aver incolpato Lotti, intimorito dai modi spicci del pm Henry John Woodcock e dei suoi segugi. Gli inquirenti non devono aver creduto alla genuinità della retromarcia e lo hanno iscritto per favoreggiamento.Resta nei guai pure l'aspirante lobbista Carlo Russo. Nell'avviso di chiusura indagini si legge che «si faceva promettere» da Romeo 100.000 euro annui «come prezzo della propria mediazione». Inoltre si faceva garantire altre somme per singole operazioni, sempre millantando conoscenze altolocate, dall'Inps a Grandi stazioni alla politica: per esempio 32.500 euro «nella prospettazione del Russo» andavano destinati ogni mese a lui (2.500) e a Tiziano Renzi (30.000) per la mediazione nei confronti di Marroni, per ottenere vantaggi nelle gare Consip. Ma per la Procura Russo sarebbe solo un fanfarone, sebbene lo stesso Lotti nel 2015 garantì per lui con il governatore della Puglia Michele Emiliano, a nome proprio e di Maria Elena Boschi: «Lo conosciamo (…) Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceutica. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo». In tutto questo Russo, al contrario di Marroni, con i pm non ha fatto chiamate di correo e così dentro al Giglio magico qualcuno in futuro potrebbe costruirgli un monumento. Intanto rischia un processo per millantato credito (da 2 a 6 anni di carcere), anziché per traffico di influenze illecite, reato di cui era accusato inizialmente (pene da 1 a 3 anni).Dunque accettando di accollarsi tutte le responsabilità si è preso un bel rischio. Come ha fatto un altro ex collaboratore e coindagato di Renzi senior, Mariano Massone, che senza mai rilasciare dichiarazioni ha patteggiato presso il Tribunale di Genova una pena di 26 mesi per bancarotta. Nell'avviso di chiusura indagini, tra i sette indagati, chi sembra avere i problemi più seri è il maggiore Gianpaolo Scafarto, il carabiniere del Noe sospettato di aver imbrogliato le carte pur di incastrare Tiziano Renzi. È accusato dagli inquirenti di falsità ideologica (da 3 a 10 anni di detenzione), rivelazione di segreto (da 6 mesi a 3 anni) e di depistaggio (da 3 a 8 anni), insieme con il suo ex superiore, il colonnello Alessandro Sessa. Scafarto in questi mesi ha subìto 8 interrogatori, 2 perquisizioni e gli sono stati sequestrati 4 cellulari e un computer. Nell'inchiesta di Roma l'uomo nero pare essere diventato lui. Infatti del procedimento originario istruito a Napoli per presunti reati contro la pubblica amministrazione rimane poco: per 8 indagati (tra cui l'ex parlamentare Italo Bocchino e l'ex presidente di Consip Domenico Casalino) è stata chiesta l'archiviazione, il manager Marco Gasparri ha patteggiato e a processo è finito solo il suo presunto corruttore, l'avvocato Romeo. Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lotti-e-del-sette-processo-in-vista-per-le-spifferate-sul-caso-consip-2616312003.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-pm-dopo-aver-sentito-la-versione-di-renzi-padre-totale-inaffidabilita" data-post-id="2616312003" data-published-at="1766563592" data-use-pagination="False"> I pm dopo aver sentito la versione di Renzi padre: «Totale inaffidabilità» La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione per Tiziano Renzi perché non avrebbe millantato conoscenze e raccomandazioni per spillare quattrini all'imprenditore Alfredo Romeo, ma, nel contempo, ha evidenziato «la sua inverosimile ricostruzione dei fatti e della natura dei rapporti» con l'aspirante lobbista Carlo Russo. L'immagine che esce dall'inchiesta Consip del padre dell'ex premier è davvero ammaccata. Anzi macchiata. Per dirla con le parole dello stesso Romeo: «È un chiacchierone eh (…) è logorroico proprio, si è presentato con un bermuda, con una polo tutta sbavata». Sì, perché per i magistrati il famoso incontro tra Romeo e Tiziano Renzi, sempre negato dai diretti interessati, potrebbe essere avvenuto. Come aveva rivelato l'ex tesoriere del Pd campano Alfredo Mazzei in un'intervista alla Verità. La presunta cena romana tra il babbo, Russo e Romeo, secondo i magistrati potrebbe essere avvenuta in una rosa di 9 date (comprese tra 1 aprile e 3 novembre 2015), quando i cellulari dei tre personaggi agganciarono contemporaneamente le stesse celle telefoniche. I tre potrebbero essersi visti anche il 16 luglio 2015 in zona via Pier Capponi a Firenze. In quei mesi, nella stessa strada, Renzi senior incontrava l'imprenditore Luigi Dagostino, per il quale faceva il piccolo lobbista, ottenendo in cambio una consulenza da quasi 200.000 euro, secondo la Procura di Firenze per un'operazione inesistente. Nei medesimi giorni avrebbe visto anche Romeo, che voleva essere riabilitato agli occhi di Matteo Renzi, dopo aver finanziato con 60.000 euro l'ex Rottamatore ed essere stato assolto in un'inchiesta per corruzione. «Le risultanze acquisite consentono di stabilire, al più, un probabile incontro Renzi-Romeo in tempi assai precedenti rispetto all'estate 2016 cioè quando Russo e Romeo iniziano a pianificare il loro progetto (…) A prescindere dall'effettività di tale incontro deve censurarsi la totale inattendibilità delle dichiarazioni rese a questo ufficio da Tiziano Renzi», sanciscono i magistrati. Per le toghe «non vi è dubbio» che tra il babbo e Carlo Russo «vi sia una stretta relazione personale e che gli stessi si frequentino (…)», ma i due non avrebbero condiviso il piano di Russo che chiese a Romeo 100.000 euro all'anno per sé e altri 32.500 ogni mese per sé e Tiziano. Renzi senior nel 2017 ha dichiarato agli inquirenti di aver condiviso con Russo sia «esperienze lavorative» che alcuni viaggi, come i pellegrinaggi di gruppo a Medjugorje, e di «aver instaurato un rapporto tale da aver fatto il padrino di battesimo del figlio» ma ha escluso di aver “parlato mai con lui di Consip" né di aver “spinto per lui su Consip"». Qui i magistrati si spazientiscono: «Queste ultime affermazioni non paiono punto credibili, confrontate con quanto dichiarato da Luigi Marroni in modo dettagliato, con alcuni puntuali riscontri su luoghi e tempi degli incontri avuti con Tiziano Renzi, considerando poi che tale teste non aveva interesse ad affermare il falso, ricostruendo circostanze che semmai potevano metterlo in difficoltà». In effetti Renzi senior, per perorare la causa di Russo, aveva incontrato Marroni a ottobre 2015 e nella primavera 2016. «È un amico, se l'ascolti mi fa piacere, se puoi dargli una mano», gli dice la prima volta. «Luigi avrei bisogno che te incontri di nuovo Russo, c'ha dei bei progetti, è un bravo figliolo, ci sono affezionato», insiste la seconda. Però, «si sarebbe trattato in base a quanto riferito da Marroni di una generica raccomandazione che non avrebbe avuto alcun esito». A onor del vero il 17 novembre 2015 l'amministratore delegato vede Romeo «ma l'incontro», sottolineano gli inquirenti, «non è stato procurato da Russo». L'ad di Consip, a partire da primavera 2016, non avrebbe avuto altri abboccamenti con Tiziano Renzi. Occorre rammentare che dal giugno di quell'anno, nell'ambito del Giglio magico, inizia a circolare la notizia dell'inchiesta e delle intercettazioni. A inizio autunno Tiziano è spaventato per le indagini e lo riferisce a chi gli sta intorno. Ha paura di essere intercettato. A settembre gli investigatori annotano due incontri con Russo organizzati con modalità un po' carbonare. Il 28 ottobre Marroni fa annullare un appuntamento con Russo e questi «accoglie la notizia con rassegnazione», nonostante sia in compagnia di Tiziano Renzi. Per i pm, però, il mancato intervento dell'illustre genitore non è motivato dal timore per l'inchiesta in corso, ma è un punto a favore dell'indagato: «È ragionevole ritenere» che il babbo «non fosse a conoscenza delle operazioni di avvicinamento di Marroni che Russo intendeva realizzare» per favorire Romeo.
Matteo Salvini (Ansa)
«Restiamo perplessi dinanzi all’intervento dell’Anm Abruzzo», spiegano i due difensori, che, dettaglio niente affatto trascurabile, al momento della loro dichiarazione non conoscono ancora il provvedimento del Tribunale dei minori, che verrà reso noto poche ore dopo, nella mattinata di ieri. Secondo i due legali, «non è condivisibile che si entri nel merito ma ancora meno condivisibile è esaltare la correttezza dell’ordinanza di allontanamento dei minori. La magistratura non solo deve essere terza ma deve anche apparire tale».
La presa di posizione dei legali prosegue utilizzando un paradosso per svelare le contraddizioni del ragionamento dell’Anm: «Quindi, seguendo il ragionamento del sindacato dei magistrati, saremmo stati legittimati a ritenere che la riforma dell’ordinanza avrebbe giustificato la riprovevole aggressione subita dalla presidente Angrisano» dopo l’allontanamento dei tre bambini dalla casa di Palmoli. Il senso della provocazione dei legali dei Trevallion è chiaro: se si difende un magistrato dagli attacchi personali partendo dal presupposto che la sua decisione è stata confermata come «corretta» dalla Corte d’appello, questo vale anche all’opposto: se la decisione fosse stata sbagliata o annullata («riformata»), allora gli insulti e le aggressioni sarebbero stati giustificati? «Non crediamo sia così e non si può lasciare intendere questo», tengono a precisare Femminella e Solinas per evitare ulteriori polemiche. Poi puntano il dito anche sulle riunioni del sindacato delle toghe: «Così come si rischierebbe di fraintendere l’assemblea dell’Anm tenuta dai magistrati abruzzesi nella Corte d’appello dell’Aquila. La chiusura della stessa al grido “siamo tutti Cecilia Angrisano” non aveva nulla a che fare con la legittimità o meno dell’ordinanza». Femminella e Solinas, nelle loro dichiarazioni riportate dal Centro, si chiedevano anche l’origine delle previsioni sui tempi di recupero avanzate dall’Anm: «Non sappiamo dove l’Anm abbia desunto la necessità di un “lungo” percorso né, tantomeno, quale sia la competenza che la stessa abbia per entrare nel merito».
E ieri i due legali, con una nota diffusa alle agenzie di stampa, hanno probabilmente svelato l’arcano. Secondo i due avvocati, infatti, l’ordinanza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila è datata 11 dicembre, quindi antecedente alla presa di posizione dell’Anm: «Questa difesa ha depositato copiosa e puntuale documentazione che confuta l’assunto secondo cui i minori non avrebbero avuto contatti con i loro pari e documentazione fotografica che ritrae i bambini in ogni occasione ricreativa, ovvero ordinaria, a contatto con altri bimbi verso i quali non hanno mostrato alcun disagio, così come non lo hanno mostrato nella casa famiglia». Dunque, per gli avvocati «sono smentite la ritrosia lamentata e l’isolamento dedotti». I legali si sono, poi, detti certi «che le allegazioni puntuali che abbiamo sottoposto al Tribunale, di cui, essendo l’ordinanza antecedente, non ha evidentemente tenuto conto, verranno debitamente e tempestivamente valutate. Così come siamo certi che sarà adeguatamente valutata “l’urgenza di provvedere” prevista dalla norma, quando si dovrà rivalutare, in tempi che si auspicano rapidi, la prosecuzione del collocamento nella struttura. Un giudizio che sarà certamente rapportato al superamento effettivo delle criticità al tempo rilevate e alla possibilità che la consulenza richiesta venga effettuata sotto monitoraggio, ma previo ricongiungimento». E ancora: «L’invito ad abbassare i toni e attenersi a fatti veritieri appare, allo stato, una utopica chimera che si staglia con alcune informazioni scellerate scientemente alimentate per tratteggiare l’idea della famiglia selvaggia approdata sul pianeta Terra. Anticipiamo azioni nei confronti di chiunque si renda responsabile della grave disinformazione».
La polemica, però, sembra destinata a continuare. Il vicepremier Matteo Salvini, ha parlato senza mezzi termini di una «vergogna senza fine». Per il leader leghista, «si dovrebbe verificare lo stato psichico di qualcun altro, non di due genitori che hanno cresciuto, curato, educato e amato i loro figli per anni, prima che la “giustizia” rovinasse la vita di una famiglia tranquilla e perbene».
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 24 dicembre con Carlo Cambi
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C’è un aneddoto che ogni scrittore gastronomiche si è sentito ripetere all’infinito e che viene poi adattata alla bisogna. Pare però che abbi aderenza al vero e si narra che Egidio Albornoz, potentissimo legato pontificio, giunto a Bologna - siamo nella prima metà del Trecento - dove fondò l’ancor oggi prestigiosissimo Collegio di Spagna saputo di questa minestra prelibatissima, i tortellini ne chiedesse alle suore benedettine che si occupavano della mensa di curia. Solo che era epoca di stretta vigilia e di quaresima e le buone sorelle si rifiutavano d’imbastire un pasto che contenesse le carni: erano sì i tortellorum ad Natale ma non si potevano servire fuori dai giorni di grasso. L’Albornoz - pare - impose la sua autorità e di fronte ai tortellini fumanti usò la formula: «ego te baptizo piscem». E la dieta di magro fu slava.
Questo battesimo per eliminare gli ostacoli è diventato un luogo comune e anche noi - diciamocela tuta la verità - approfittiamo della vigilia per buttarsi a capofitto nella paranza! Che non è una danza che si balla nella latitanza - come canta Daniele Silvestri - ma nel nostro caso è un modo gustoso per riempire la panza. Lasciamo perdere le ricette di tradizione (l’anguilla o il capitone non dovrebbe mancare in tavola perché mangiare il serpente a Natale significa sconfiggere il male o se volete poiché il serpente ha andamento circolare significa appropriarsi del ciclo eterno della vita e del resto il serpente è figura mitologica ambivalente altrimenti perché Esculapio l’avrebbe a simbolo!) noia abbiano pensato di dare qualche suggerimento dell’ultim’ora. Ecco dieci tuffi nella cucina di vigilia!
Tagliatelle sogliole e champagne con funghi
Ingredienti - 320 gr di tagliatelle o fettuccine all’uovo, 250 gr di filetti di sogliola, un mezzo bicchiere di Champagne, 20 gr di funghi porcini secchi, 1 spicchio d’aglio, un cipollotto fresco, un cucchiaio di prezzemolo tagliato fine, un bicchiere di panna da cucina, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale e pepe bianco di mulinello qb.
Procedimento - Ammollate i funghi in acqua calda. Nel frattempo fate una tartare con i filetti di sogliola e tritate finemente il cipollotto. Strizzate bene i funghi e in un padellino fate imbiondire lo spicchio d’aglio e poi saltate i funghi. Incoperchiate e portate a cottura. Cotti che siano i funghi eliminante l’aglio e aggiungete il prezzemolo. In una capace padella dove salterete anche la pasta fate imbiondire in due cucchiai di olio extravergine il cipollotto tritato e appena diviene trasparente aggiungete la sogliola e sfumate con lo Champagne. Ora aggiungete i funghi. Cuocete le fettuccine al dente in abbondante acqua salata. Aggiustate il condimento si sale e di pepe bianco, saltate in padella le tagliatelle con la panna e servite. Se necessario aggiungete ancora un po’ di prezzemolo tritato.
Cannelloni verdi con zucchine
Ingredienti - 12 quadrati di pasta secca verde, 1 kg di zucchine, i tuorli di due uova, 250 gr di ricotta fresca meglio se mista, 8 cucchiai di formaggio grattugiato, 500 ml di latte, 80 gr di burro, 4 cucchiai di farina 00, noce moscata, olio extravergine di oliva, sale e pepe qb.
Procedimento - Lessate in acqua salata le zucchine tranne tre. Devono rimanere però croccanti, non disfarsi. Ora passatele al mixer per ottenere un passato grossolano che raccoglierete in una garza per pressarlo ad avere un passato asciutto. In una ciotola mescolate il passato ai due tuorli d’uovo, alla ricotta, a due cucchiai di foraggio grattugiato e aggiustate di pepe e sale. Lessate in acqua salata i fogli di pasta scolateli e stendeteli su di un canovaccio ad asciugare. Nel frattempo preparare la besciamella facendo fondere in un tegamino il burro incorporando la farina, poi aggiungete il latte tiepido a filo girando con una frusta ina modo che non si formino grumi. Aggiungete 4 cucchiai di formaggio e profumate di noce moscata aggiustando di sale. Ora su un lato lungo di ogni foglio di pasta ce avrete spolverizzato con un po’ di formaggio grattugiato adagiate un po’ di ripieno e formate i cannelloni. Tagliate con l’ausilio della mandolina le tre zucchine rimaste a rondelle sottili e fatele saltare in padella con poco olio extravergine, un pizzico di sale e una mainata di pepe. Fatele ben croccanti. Ora in una pirofila da forno che avrete imburrato stendete sul fondo un sottile strato di besciamella poi adagiatevi sopra i cannelloni e condite on la besciamella rimasta Adagiate sui cannelloni le rondelle di zucchine sovrapponendole leggermente l’una all’altra. Infornate per una decina di minuti a 180° avendo cura di passare al grill prima di servire per ottenere una perfetta duratura.
Risotto di Capodanno
Ingredienti - 360 gr di riso italiano Carnaroli, o Arborio o Vialone Nano, una cipolla, una carota, una costa di sedano, un pomodorino, due belle melegrane, due porri per circa 200 gr, 180 gr di Parmigiano Reggiano o Grana Padana grattugiato, 180 gr di burro salato, un bicchiere di vino rosato (noi abbiamo usato lo spumante), 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale e pepe qb.
Procedimento - Per prima cosa preparate un brodo vegetale con carota, pomodorino, mezza cipolla, sedano e le parti verdi dei porri ben lavate che metterete a freddo in una pentola colma d’acqua. Ora sgranate le melegrane e tenete da parte i chicchi. In un padellino stufate i porri tagliati a rondelle fini in 50 gr di burro, olio extravergine e portateli a cottura aiutandovi con un po’ di brodo vegetale. Cotti che siano i porri frullateli aggiustando di sale e pepe con un paio di cucchiai di formaggio grattugiato e tenete la cremina di porro a parte Ora in una pentola fate soffriggere in 3 quarti del burro rimasto la cipolla fino a farla diventare trasparente, tostate in questa pentola il riso e poi bagnate con il vino rosato facendo sfumare tutto l’alcol. Aggiungete la cremina di porro e continuate la cottura del riso aggiungendo a poco a poco il brodo vegetale. Frullate tre quarti dei chicchi di melagrana (tenetene da parte un po’ per guarnizione) poi passateli al colino cinese in modo da estrarre il succo che aggiungerete mano a mano al riso. Assaggiate per evitare di aggiungere troppo suco e che il riso sia troppo aspro. Quando il riso è quasi cotto aggiustate di sale e pepe, togliete dal fuoco e mantecate per un minuto almeno col burro rimasto e tutto il formaggio residuo. Servite guarnendo con i chicchi di melagrana.
Spaghettone del pescatore
Ingredienti - 360 gr di spaghettoni di grano italiano, 6 cucchiai di olio extravergine di oliva, un mazzetto abbondante di prezzemolo, un peperoncino, due spicchi d’aglio, 8 mazzancolle (oppure gamberoni o scampi) due codine di rospo, due calamari di generose dimensioni, tre cucchiai di concentrato di pomodoro, mezzo bicchiere di vino bianco (facoltativo) sale qb.
Procedimento - Mettete subito a bollire l’acqua per la pasta nel frattempo tritate finemente l’aglio, separate le foglie del prezzemolo dai gambi e se ne avete voglia private le mazzancolle del carapace lasciando però la testa che dà sapore e togliendo i baffi. Pulite i calamari e fateli a striscioline, pulite le codine di rospo. Mettete a cuocere la pasta. In una capace padella – ci dovrete saltare gli spaghettoni dunque siate generosi nel diametro – scaldate 4 cucchiai di olio extravergine di oliva con l’aglio tritato, i gambi del prezzemolo e il peperoncino. Quando l’aglio si è ammorbidito passate in padella prima le code di rospo e i calamari e dopo cinque minuti mettete a cuocere le mazzancolle. A questo punto sfumate col vino bianco, aggiustate di sale e aggiungete il concentrato di pomodoro stemperato, se serve perché il vino è già evaporato, con po’ d’acqua di cottura della pasta. Tritate finemente il prezzemolo. Scolate gli spaghettoni, eliminate dal sugo il peperoncino, e saltateli in padella, dividete in 4 filetti le codine di rospo e adagiatene uno in ogni piatto servendo con un po’ di olio extravergine a crudo e una spolverata di prezzemolo tritato.
Sformatini ai pistacchi
Ingredienti - 350 gr di erbette miste (spinaci, bietoline, cimette di rapa), 125 ml di latte, 50 gr di farina, 50 gr di burro, 20 gr di formaggio grattugiato, gli albumi di due uova, 40 gr di pistacchi ridotti a granella fine, 4 fette di pane in cassetta, sale, pepe, noce moscata qb.
Procedimento - Lessate le erbette in abbondante acqua salata. Scolatele, strizzatele bene e poi passatele al mixer fino ad ottenere una crema liscia. In un tegamino sciogliete 2/3 del burro, unitevi la farina e fate tostare girando con un cucchiaio, unitevi ora la purea di erbette, aggiustate di sale, pepe e noce moscata e il late, portate ad ebollizione sempre girando con un cucchiaio di legno. Raggiunto il bollore spegnete il fuoco. Ora montate a neve i due albumi. Incorporateli insieme al formaggio alla purea di erbette. Imburrate bene degli stampini monoporzione e foderateli con la granella di pistacchio. Riempiteli con il composto e infornate a 180° per circa 10 minuti. Nel frattempo friggete nel burro le fette di pane in cassetta e una volta che gli sformatini saranno cotti, guarniteli con altro pistacchio e adagiateli sulle fette di pane per servire.
Stoccafisso con i peperoni
Ingredienti - 500 gr di stoccafisso ammollato, 2 peperoni rossi e 2 peperoni gialli, 300 gr di pomodori da salsa, 2 spicchi di aglio, 30 gr di olio extravergine di oliva, due cucchiai di olive nere, un’acciuga sotto sale, mezzo bicchiere di vino bianco secco di ottima qualità, un rametto di timo fresco e alcune foglie di basilico, pepe nero di mulinello, sale.
Procedimento - Mondate i peperoni e fateli a strisce sottili. Sbollentate i pomodori e sbucciateli. In una padella capace fate saltare i due spicchi d’aglio schiacciati nell’olio extravergine insieme all’acciuga che avrete sfilettato e dissalato oltre ad averla privata della lisca centrale. Fate in modo che la fiamma consenta all’aglio di dorare e all’acciuga di disfarsi, ma che non sia troppo violenta. Eliminate l’aglio e aggiungete lo stoccafisso che sfibrerete con le mani dopo averlo privato della pelle e delle lische residue. Fate prendere calore poi sfumate con il vino. Cuocete a fuoco dolce per un quarto d’ora. Trascorso questo tempo aggiungete i pomodori che avrete fatto a pezzettoni. Continuate a la cottura a fiamma moderata per 15 minuti poi aggiungete i peperoni e cuocete per circa 20 minuti a fuoco basso. Se avete passato i peperoni sulla fiamma per spellarli potete accorciare un po’ il tempo di cottura. Quando il pesce è quasi pronto profumate con il timo e il basilico. Aggiustate con il pepe e se necessario con il sale. Prima di servire fate un giro di olio extravergine a crudo.
Scorfani arrossati
Ingredienti - 4 scorfani di circa 350 gr cadauno, due filetti d’alici e due cucchiai di capperi sotto sale (facoltativi), 6 cucchiai di olive taggiasche e leccino in salamoia, due spicchi generosi di aglio rosso, almeno sei cucchiai di olio extravergine di oliva, un cucchiaio di concentrato di pomodoro, 350 gr di pomodori ciliegini gialli e rossi, un mazzetto abbondante di prezzemolo, un peperoncino e sale qb.
Procedimento - Lavate bene gli scorfani e teneteli da parte. Tagliate a metà i pomodorini. Ora in una padella capiente fate imbiondire l’aglio e il peperoncino in olio extravergine di oliva, aggiungete i pomodorini e aggiustate di sale. Se volete potete far disciogliere nell’olio caldo i filetti di acciughe e aggiungete i capperi dissalati. Siate in quel caso parchi col sale. Appena i pomodori hanno preso calore togliete gli spicchi d’aglio e il peperoncino e aggiungete i pesci che farete rosolare da tutti i lati, poi abbassate la fiamma e irrorate con il concentrato di pomodoro che avrete disciolto in un po’ di acqua calda, incoperchiate e continuate la cottura per circa 10 minuti a fuoco dolce. Nel frattempo tritate finemente il prezzemolo. Ora aggiungete le olive dopo averle sciacquate e andate ancora per qualche minuto a cottura. Aggiustate di sale se serve e prima di servire irrorate con abbondante prezzemolo tritato e volendo con un giro di olio extravergine a crudo.
Rana pescatrice al tartufo
Ingredienti - Una rana pescatrice (o coda di rospo) di 1 kg, un tartufo nero pregiato da 40 gr, 4 o 5 foglioline di salvia, 6 cucchiai di farina tipo 1, 100 gr di burro di primo affioramento (noi abbiamo usato del burro al tartufo, ma è un per di più) sale e pepe qb.
Procedimento - Pulite, eviscerate la rana pescatrice e staccate dalla testa (tenetela da parte è ottima per fare il fumetto di pesce per un risotto!) il corpo che farete a tranci di circa 6/8 millimetri di spessore. Nel frattempo mondate bene il tartufo con l’aiuto di uno spazzolino duro e poi di un panno inumidito. Scaldate in una padella il burro con le foglie di salvia sì da aromatizzarlo. Quando il burro è fuso – ma non deve diventare nocciola – infarinate bene i tranci di pesce e fateli cuocere da tutti i lati in padella. Aggiustate di sale e generoso pepe. A un minuto dalla cottura slamellate senza risparmio il tartufo sul pesce. Fate prendere appena un po’ di calore, impiattate aggiungendo altro tartufo e servite.
Polpettone di tonno
Ingredienti - 300 gr di pane raffermo, 200 gr di tonno sott’olio, una quindicina di olive denocciolate, due cucchiai di capperi sotto sale, un mazzetto di prezzemolo, un uovo, 3 cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana Padano, sale e pepe qb. Maionese per guarnire (facoltativa).
Procedimento - Ammollate il pane e nel frattempo mettete a bollire una capace pentola colma per metà di acqua. Sbriciolate con una forchetta in una ciotola ampia il tonno poi aggiungete il pane ben strizzato. Lavoratelo con le mani impastando. Tritate finissimamente il prezzemolo e ¾ dei capperi che avrete cura di dissalare tenendoli a bagno e cambiando di quando in quando l’acqua. Aggiungeteli al pane e tonno continuando a impastare, ora mettete l’uovo e il formaggio grattugiato e impastate ancora. In ultimo aggiungete le olive tenendone se vi va da parte alcune per guarnizione. Aggiustate di sale e pepe. Stende un foglio di carta-forno sul piano di lavoro adagiatevi l’impasto e dategli la forma di polpettone (a salsicciotto per capirci). Arrotolatelo stretto nella carta-forno e con lo spago da cucina chiudete il rotolo bene alle estremità. Mettetelo in pentola e lasciate cuocere per circa 25 minuti. Trascorso il tempo di cottura scolatelo e lasciate raffreddare. Una volta freddo togliete il polpettone dalla carta forno e guarnite se vi va con maionese olive e capperi.
Pandolce alle noci
Ingredienti - 180 gr di gherigli di noci (vi serviranno circa 3 etti di noci), 200 gr di carote, 200 gr di farina tipo 2, 4 uova generose di dimensioni, 180 gr di zucchero, una bustina di lievito per dolci, 60 gr di olio di semi di girasole alto oleico o se lo trovate di olio di noci, 60 gr di gocce di cioccolata, 30 gr di burro, quattro o cinque cucchiai di zucchero a velo.
Procedimento - Sgusciate le noci ed estraete i gherigli, mondate le carote. Riducete le noci con il mixer in un trito grossolano, idem per le carote. Ora nella planetaria (o in una ciotola) montate le uova e lo zucchero a bianco. Aggiungete poi la farina, l’olio di semi di girasole (o di noci) e il lievito. Montate bene l’impasto lavorandolo a lungo con un mestolo o nella planetaria a velocità moderata e infine incorporate le noci, le carote e le gocce di cioccolato. Imburrate una tortiera a cerniera (o a ciambellone o da plumcake) e fate cuocere in forno a 180 gradi se ventilato 190 se statico per una mezz’ora. Comunque fate sempre la prova dello stecchino: bucate fino al centro la torta con uno stecchino, se emerge asciutto la torta è cotta. Lasciatela intiepidire poi cospargetela di zucchero a velo. Potete servirla così com’è, con una confettura di frutti rossi, una crema pasticcera o al cioccolato.
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La casa nel bosco a Palmoli dove viveva la famiglia Trevallion. Nel riquadro Nathan durante la firma del contratto della nuova casa (Ansa)
L’ordinanza dell’11 dicembre scorso del Tribunale dell’Aquila sembra un passo avanti verso la sottrazione dei bambini ai genitori. La legge prevede che questo provvedimento sia adottato quando il minore è in pericolo grave e immediato per la sua incolumità fisica o psichica, a causa di maltrattamenti, incuria, degrado familiare, dipendenze dei genitori (alcol, droghe) o violenza, e solo se il minore non può essere protetto in altro modo. Al termine dell’ordinanza di sei pagine, si legge che è necessaria una consulenza specialistica che compia «un’indagine personologica e psico-diagnostica del profilo di personalità di ciascun genitore dei minori per valutare: gli stili relazionali e comportamentali; le capacità e competenze genitoriali, nello specifico la capacità di riconoscimento dei bisogni psicologici del minore; l’attenzione progettuale alle esigenze di crescita». Andranno anche valutate le caratteristiche psichiche specifiche dei genitori e se le loro «capacità genitoriali siano recuperabili in tempi congrui», indicando «anche il percorso educativo che i genitori dovranno allo scopo intraprendere». Un compito da brividi, espresso anche con un linguaggio da brividi. La Ctu è stata affidata a Simona Ceccoli, psichiatra che opera presso Villa Letizia dell’Aquila, di proprietà del gruppo privato francese Almaviva Santé. Nella camera di consiglio, il presidente Cecilia Angrisano è stata affiancata dal giudice Roberto Ferrari e dai giudici onorari Simone Giovarruscio, psicologo abruzzese, e Alida Gabriela Alvaro, psicortereaputa teramana esperta di autismo e disturbi dell’apprendimento.
La casa «inidonea» resta un elemento chiave del tribunale nella tenere i bimbi in Istituto, nonostante una serie di offerte e concessioni da parte della famiglia e dei suoi legali. Nell’ultimo provvedimento si legge: «Non sono stati prodotti i documenti necessari previsti; non era stato prodotto il certificato di collaudo statico ed era pacifica l’assenza degli impianti elettrico, idrico e termico, dei quali non era quindi verificabile la conformità. Non erano state verificate le condizioni di salubrità dell’abitazione, con particolare riguardo all’umidità, incidente sullo sviluppo di patologie polmonari».
Anche il tema dell’educazione scolastica, man mano che i bambini stanno in istituto, sembra delinearsi in modo sempre più pesante, per i genitori. L’homeschooling in Italia è ammesso e perfettamente legale, ma è soggetto a precise verifiche scolastiche. Detta in soldoni, non parlare in italiano ai bambini, a casa o nel bosco, può diventare parecchio pericoloso per i genitori perché, poi, gli esami vertono innanzitutto su questo.
Il certificato di inidoneità alla terza classe della primaria per Utopia Rose (8 anni), presentato dai genitori ai servizi sociali, porta la firma della «Novalis Open School» di Brescia e non era stato contestato dai giudici. E lo stesso vale per un’attestazione della scuola pubblica di Castiglione Messer Marino (Chieti) sull’educazione parentale. L’ordinanza del 13 novembre non aveva contestato ai genitori alcuna lesione del diritto dei minori a ricevere un’educazione adeguata, ma si era focalizzata sulla mancanza di socialità. Il tribunale osserva ora che la carenza nell’educazione dei due bimbi sarebbe emersa una volta rinchiusi nella casa famiglia, a seguito di particolare osservazione.
Nell’ultima ordinanza viene anche segnalato come rilevante uno dei tanti comportamenti eccentrici della madre, la quale, dicono, «pretende che vengano mantenute dai figli abitudini e orari difformi dalle regole che disciplinano la vita degli altri minori ospiti della comunità, circostanza che fa dubitare dell’affermata volontà di cooperare stabilmente con gli operatori nell’interesse dei figli». Insomma, più questa donna si ribella agli assistenti sociali e più compromette il proprio diritto a essere madre.
Il Tribunale per i minorenni aquilano riferisce, poi, che i servizi sociali hanno trasmesso un certificato medico per ciascun minore, nel quale la pediatra evidenzia la necessità, «in considerazione della storia clinica e familiare», di effettuare una visita neuropsichiatrica infantile, «per una globale valutazione psicologica e comportamentale dei bambini», nonché esami del sangue «per una valutazione dello stato immunitario vaccinale». E qui i genitori, scrivono i giudici, «hanno di fatto rifiutato gli accertamenti indicati dalla pediatra, dichiarando che vi consentiranno solo se verrà loro corrisposto un compenso di 50.000 euro per ogni minore».
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