2023-07-27
L’opposizione va in pezzi sull’utero in affitto
Elly Schlein e Paola De Micheli (Ansa)
Passa alla Camera la proposta di Fdi per rendere la surrogata reato universale. Un emendamento di Riccardo Magi sulla «gestazione solidale» lacera la minoranza: Paola De Micheli vota contro, Bruno Tabacci si astiene, i rossoverdi litigano. E in Aula volano gli stracci.Il Segretariato attività ecumeniche ospiterà anche le teoriche dell’«intersezionalità».Lo speciale contiene due articoliÈ arrivato il primo via libera del Parlamento alla legge che trasforma in reato universale la pratica dell’utero in affitto. Il pdl a prima firma della deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi (che ne è stata anche relatrice), rende punibile la maternità surrogata per i cittadini italiani che vi facessero ricorso anche nei Paesi dove questa non è considerata reato, a differenza che in Italia dove - è bene ricordarlo - questa pratica già oggi è fuori dalla legge. Il provvedimento è passato con 166 voti a favore, 104 contrari e 4 astenuti. Ora passa al Senato. A livello politico, il dato più evidente non stata la prova di coerenza e compattezza per il centrodestra, che aveva da tempo annunciato un provvedimento che andasse in questo senso, ma l’ennesima Caporetto delle opposizioni, che sono andate all’appuntamento in ordine sparso, lasciando in particolare nel Pd le tossine di un dibattito teso che ne ha evidenziato le lacerazioni interne e - forse - i germi di ulteriori abbandoni polemici. Che si trattasse di un voto ad alto tasso polemico lo si era capito da giorni, da quando cioè il segretario di +Europa Riccardo Magi, avendo intuito i problemi dei dem, ha presentato un emendamento «di bandiera» che se approvato avrebbe ammesso la cosiddetta «gestazione solidale», vale a dire l’utero in affitto senza transazioni di denaro e per chi non può avere figli. La cosa ha sollevato un vespaio al Nazareno, dato che la segretaria Elly Schlein si era detta personalmente favorevole a questo tipo di pratica, mentre il gruppo parlamentare era chiaramente orientato verso il no, tanto che la presidente dei deputati Chiara Braga ieri, al momento di intervenire in Aula, non ha potuto che constatare l’impossibilità di tenere una linea unitaria e ha annunciato la non partecipazione al voto dei suoi, non lesinando una punta polemica nei confronti dell’alleato radicale. «A nostro avviso», ha detto Braga, «questo emendamento non viene presentato per emendare una legge ingiusta ma apre una questione che meriterebbe di essere discussa in altra sede. È una forzatura parlamentare», ha aggiunto, «che non siamo disponibili ad accettare, che non ha nessuna possibilità di approvazione e aprirebbe a una revisione della legge 40 senza nessun confronto tra noi». Una scelta necessaria, quella fatta dalla Schlein e messa in pratica dalla Braga, che non ha evitato scelte in dissenso, come quella dell’ex ministro Paola De Micheli, che ha votato contro l’emendamento Magi, o di Bruno Tabacci, che si è astenuto. Nel corso del dibattito, inoltre, le prese di posizione di personalità come il presidente del Copasir Lorenzo Guerini o di Graziano Delrio non lasciano presagire un clima migliore quando il ddl arriverà nell’altro ramo del Parlamento.Ma lo strappo della De Micheli non è stato il più clamoroso, perché nel corso delle votazioni la capogruppo dei rossoverdi, Luana Zanella, si è smarcata dai suoi compagni assumendo una linea intransigente sull’utero in affitto dichiarando tra gli applausi del centrodestra il proprio voto contrario all’emendamento Magi e presentando a sua volta un suo ordine del giorno che è stato fatto proprio dalla maggioranza e quindi approvato. «Attorno alla cosiddetta generosità di una donna che presta se stessa per una gravidanza», ha osservato Zanella, «c’è il profitto da parte di tutti i soggetti coinvolti, in particolare le agenzie che anche a livello europeo agiscono in un vero e proprio settore produttivo, in cui la donna viene sfruttata per la sua capacità produttiva». Per tutta risposta, senza essere apertamente citata, Zanella si è vista qualche minuto dopo affibbiare il marchio di «reazionaria» dal dem Alessandro Zan. Nel bailamme di accuse incrociate, il segretario di +Europa, dopo l’esito del voto sul suo emendamento, si è rivolto verso il Pd con parole di fuoco: «Attaccano noi per non ammettere le loro divisioni interne e renderle palesi. Uno schiaffo in faccia», ha aggiunto, «alle famiglie e alle persone che hanno nella Gpa l’unica alternativa per avere figli. Nel Pd persiste un’anima conservatrice su questi temi che ogni volta blocca tutto». A completare la babele delle opposizioni, il voto in ordine sparso di Italia viva e Azione, i cui esponenti hanno votato sia contro che a favore che astensione sull’emendamento Magi e sul provvedimento nel suo complesso, mentre M5s si è astenuto sull’emendamento e ha votato contro la legge, al pari del Pd e dei rossoverdi. La situazione, a un certo punto, è diventata così confusa che anche dai liberali sono giunti degli attacchi all’ignavia del Pd: il deputato di Azione Fabrizio Benzoni, capofila dei calendiani laici, ha parlato di «chiacchiere a vuoto e balletti improvvisati» dei dem. Dal perimetro della maggioranza, numerosi gli attestati di soddisfazione, in attesa dell’approvazione definitiva. Subito dopo il voto, le deputate di Fdi hanno dato vita a un flash-mob in piazza Montecitorio, al quale ha partecipato anche il ministro per la Famiglia e la Natalità Eugenia Roccella, nel quale è stato srotolato lo striscione con la scritta «difendiamo il corpo delle donne». «Bisogna trovare il coraggio di proteggere la vita nella sua interezza», ha detto in aula la leghista Simona Loizzo, «la genitorialità nella sua unicità, la gravidanza nella sua miracolosa essenza», mentre per Fi ha parlato Annarita Patriarca, per la quale «l’introduzione di tale previsione di reato è una difesa anche per le donne deboli che sono al centro di questo mercimonio». Al Partito Radicale, intanto, non sembra vero di poter annunciare un referendum abrogativo della legge Varchi, anche se non è stata ancora approvata definitivamente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lopposizione-va-in-pezzi-sullutero-in-affitto-2662490376.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="vescovi-a-lezione-di-femminismo-ad-assisi-le-teologhe-pro-lgbt" data-post-id="2662490376" data-published-at="1690398789" data-use-pagination="False"> Vescovi a lezione di femminismo. Ad Assisi le teologhe pro Lgbt Tra i tanti meriti del cristianesimo c’è quello di aver concettualmente parificato l’uomo e la donna. Sulla base di una elementare verità di fede. Se il corpo materiale è di secondaria importanza rispetto all’anima, ecco che davanti a Dio, come disse il Maestro, «Non c’è più né uomo, né donna» (Gal 3,28). Ma si sa, la Chiesa del 2023 più che ispirarsi al Vangelo che la precede, guarda al futuro e cerca di intercettarlo, seguendo pomposi corsi di aggiornamento e di «auto-secolarizzazione» (Benedetto XVI). Così il Sir, l’agenzia ufficiale della Cei, annuncia l’apertura, ad Assisi, della «59esima sessione di formazione» del «Segretariato attività ecumeniche». La sessione è dedicata al tema «Chiese inclusive per donne e uomini nuovi». Il parterre è troppo ampio per essere citato. In ogni caso ci sono molti rappresentanti cattolici, come il vescovo di Pinerolo Derio Olivero e vari sacerdoti. Ma anche rappresentanti valdesi, battisti, metodisti e perfino dell’ebraismo e dell’islam. «Si parlerà di linguaggio sessista nel discorso su Dio», avverte il comunicato ufficiale, «dello snodo critico dei ministeri, delle questioni etiche, di maschilità, paternità e maternità, famiglia/famiglie». Il taglio quindi è chiaro per chi non voglia farsi ingannare. La parte del leone spetta alle rappresentanti del Coordinamento teologhe italiane, un’associazione riconosciuta dalla Chiesa di Roma ed anzi lodata e blandita per il presunto contributo alla elaborazione di un nuovo «femminismo cattolico». Tra le partecipanti alla sessione, «la presidente Lucia Vantini, la vice presidente Simona Segoloni». Il Sir, che non è il bollettino delle comunità di base, ma l’agenzia stampa dei vescovi, non trova nulla di censurabile nei discorsi «meta-femministi» e anti-biblici che alcune signore hanno tenuto nei giorni scorsi. Per esempio si cita un lungo passaggio della prolusione di Debora Spini, teologa e «docente di Filosofia politica e sociale». La quale, dopo la giusta denuncia delle violenze sessuali sulle donne, si dà ad una ricostruzione della storia del femminismo, che pare fatta da un’anarchica Lgbt, fautrice della trans-identità. Secondo la Spini, che vede il femminismo puro come un agnello senza macchia - il che non è - esso avrebbe avuto tre fasi. La prima fase sarebbe quella delle suffragette americane, «che chiedevano il diritto di voto». Gli storici attestano che la Chiesa e i conservatori erano pro, mentre le sinistre erano contro, temendo che le donne fossero troppo ancorate alla religione. Ma ciò è omesso per dare un quadro al 100% di parte. Poi c’è il femminismo del ’68, che «ha portato all’attenzione come temi politici quelli che avevano fatto parte della vita privata». Un modo soft per non citare il divorzio e l’aborto. Peccati divenuti conquiste? Oggi, dice la Spini, la tentazione del femminismo, è di «essere arruolato dal capitalismo». Anzi, peggio dalla reazione. Infatti, esisterebbe un «femminismo neo-autoritario», i cui saggi anziani, difenderebbero la donna, ma solo per diffondere un «populismo di destra etnocentrico che razzializza la libertà femminile». Come combattere questa deriva secondo la teologa che piace oltre Tevere? Basta «ricorrere a una parola fondamentale: intersezionalità». Che è il mantra usato dal trans-femminismo per negare che esista un «proprium» ontologico e specifico della donna, azzerato oggi dalle involuzioni del pensiero ateo. E che coincide con ciò Giovanni Paolo II chiamò il «genio femminile» (Mulieris dignitatem). Insomma: da «donna über alles» del proto-femminismo a «è donna chi si sente tale». Un progresso?
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
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