2022-08-27
Londra svela il bluff. «Non c’era ragione per fare i lockdown»
Rishi Sunak, ex spalla di Boris Johnson, denuncia: «Alla base previsioni indimostrabili. E nessun calcolo dei rischi a livello economico».Lo Spectator è un giornale tradizionalmente vicino al Partito conservatore britannico. Perciò, è ancora più significativo che sia comparso sulle sue colonne un resoconto di tutti gli errori e le omissioni del governo di Boris Johnson, in materia di lockdown. Un dibattito già aperto da un altro quotidiano di tendenze Tory, il Telegraph, che ha collegato alle serrate l’extra mortalità inglese, causata da patologie cardiovascolari e tumori. Sarebbe come se, domani, Repubblica e La Stampa, anziché propinare ai lettori l’apologia del modello Speranza, si mettessero a indagare sugli spropositi compiuti durante la stagione delle chiusure. Magari, interpellando direttamente una «talpa» del Pd. Così ha fatto, Oltremanica, il direttore dello Spectator, Fraser Nelson, organizzando un colloquio con Rishi Sunak, ex cancelliere dello Scacchiere nel secondo esecutivo di BoJo. In pratica, l’ex ministro delle Finanze di Londra, ora in corsa per la leadership dei conservatori e per la successione a Downing street. Dettaglio certo non estraneo alla sua decisione di denunciare la mala gestione delle misure anti Covid, in cui sono coinvolti personaggi di spicco del partito: Johnson, come pure la competitor di Sunbak, Liz Truss e l’allora ministro della Salute, Matt Hancock. In sostanza, Sunak ha ammesso che mai nessuno, tra gli esperti cui s’è affidato il governo, si era preoccupato di esaminare le conseguenze negative che sarebbero potute scaturire dal blocco totale del Paese. Nessuno ha mai elaborato un’analisi su costi e benefici dei provvedimenti pensati per contrastare la pandemia. Nessuno, nel gabinetto, ha richiesto o stimolato una discussione su questo aspetto, mentre il capo dell’esecutivo faceva piovere le decisioni dall’alto sul suo team, spacciando la pedissequa adesione ai diktat dei tecnici per volontà di «seguire la scienza». Un copione che ci sembra di aver già letto da qualche parte… L’innesco della spirale rigorista, ha riferito Sunak, era stato un report dell’Imperial College, che paventava 500.000 morti in caso di mancato lockdown, ma dichiarava esplicitamente di non averne considerato «i più ampi costi sociali ed economici». Costi che, avvisava, «saranno alti». Sbalorditiva la rivelazione dell’ex ministro: «Non mi è stato concesso di parlare dei trade off. I ministri venivano istruiti» dal premier «su come gestire la questione degli effetti collaterali del lockdown». E qual era l’ordine? «Non riconoscerli mai» e seguire un mantra: «Fare questo per la salute è un bene per l’economia». Così, quando aveva sollevato almeno il problema delle scuole chiuse, Sunak era andato a sbattere contro un muro di silenzio. L’aspirante capo dei Tory ha contestato anche uno dei pilastri della comunicazione di quasi tutti i governi mondiali, specie nelle fasi più acute del Covid: l’uso strumentale della paura, che potrebbe avere «effetti duraturi». La scorciatoia degli esecutivi in difficoltà minaccia di trasformarsi in una tentazione irresistibile per chi detiene incarichi. E ha constatato che, sfruttando il timore della morte, può ottenere dai cittadini qualsiasi rinuncia e qualsiasi sacrificio.Quando poi Sunak ha descritto allo Spectator il processo di delega dei poteri al Scientific advisory group for emergencies (Sage), una specie di Cts britannico, è sembrato davvero di rivedere il film della pandemia girato in Italia. Il Sage, ha lamentato l’ex cancelliere, è diventato il «comitato che aveva la facoltà di decidere se il Paese sarebbe finito o no in lockdown». Senza passare per i membri dell’esecutivo e, soprattutto, senza evidenze scientifiche né sulla sostenibilità dei provvedimenti, né sulla loro efficacia. Questo aspetto, ha sottolineato Sunak, si è reso particolarmente evidente dopo la comparsa di Omicron, quando Johnson aveva rifiutato di applicare ulteriori restrizioni: in quel modo, era stato possibile dimostrare l’infondatezza della previsione del Sage, che pronosticava fino a 6.000 decessi al giorno. Venti volte quelli che si sono verificati alla fine. «Riassumetemi», avrebbe ordinato ai tecnici il ministro, «gli assunti di base» della vostra teoria, «in una pagina, con un minimo di giustificazione per ciascuno di essi». E invece, in un anno, non è stato prodotto uno straccio di argomentazione solida a sostegno delle serrate. Al di là della Manica, la politica indaga ufficialmente e i giornalisti vogliono vederci chiaro. Gli inglesi sono ormai consapevoli di esser stati privati della libertà, chiusi in casa, a volte perseguitati dalle forze dell’ordine, senza motivi scientifici validi e senza un’ombra di calcolo su vantaggi e svantaggi dei lockdown. Il passato non si cancella, ma almeno c’è una lezione da imparare. E da noi? Le cose sono andate meglio? Non sarebbe ora di ricostruire in modo sistematico quel che è accaduto dal 2020 in avanti? O dobbiamo accontentarci dei lampi di realtà balenati in modo occasionale, mentre la grande stampa, anziché fare il cane da guardia, fa il cane da compagnia di chi ha governato? Galeazzo Bignami (Fdi) e Claudio Borghi (Lega) si sono già presi, con noi, l’impegno di promuovere, nel prossimo Parlamento, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla pandemia. Appuntatevelo, futuri onorevoli di tutti gli schieramenti: quanti di voi sono pronti ad associarsi? Quanti di voi desiderano cercare la verità?