2018-09-18
Londra piace ancora: la Brexit non scoraggia i giovani italiani
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Si avvicina l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Il prossimo 29 marzo sarà l'ultimo giorno del Paese nell'Ue. Secondo un'indagine commissionata dall'ambasciata britannica a Roma, il 47% degli italiani crede che la Brexit sia un errore. L'uscita non ha tuttavia pregiudicato i viaggi: oltre un italiano su due è stato almeno una volta oltre Manica e l'86% di questi ci tornerebbe. Senza accordo la Brexit sarà un disastro. A sostenerlo è il Fondo monetario internazionale, che ha avvertito il governo di Londra dei gravi rischi per l'economia britannica nell'eventualità in cui non trovasse un'intesa con l'Unione europea. E a pensarlo sono anche quattro italiani su cinque, come raccontano i dati dell'indagine Swg sulla percezione del Regno Unito da parte dei cittadini italiani. Si tratta di una ricerca commissionata dall'ambasciata britannica a Roma e presentata oggi a Villa Wolkonsky, sede della rappresentanza di Londra in Italia, dal presidente di Swg, Maurizio Pessato, con l'ambasciatore Jill Morris. Da evidenziare inoltre il fatto che oltre due terzi degli italiani (il 69%) vedono con favore la creazione di un'area di libero scambio tra Regno Unito e Ue dopo la Brexit, seppur la maggioranza (il 47%) ritiene la Brexit un errore.Le conseguenze di un mancato accordo sarebbero «terribili», ha avvertito ieri Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, intervenendo al Tesoro di Londra sullo stato dell'economia britannica: «Ci sarebbe inevitabilmente una riduzione della crescita, un aumento del deficit e un indebolimento della valuta. Questo significherebbe una contrazione dell'economia in tempi molto stretti». Rischi del «no deal» condivisi anche dal governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney, che pochi giorni fa delineava conseguenze simili a quelle del crac finanziario globale del 2008, con un collasso fino al 33% dei prezzi degli immobili.Lagarde e Carney sono stati presto bollati dai più accesi euroscettici oltremanica come funzionali al cosiddetto «Project Fear», il progetto della paura messo in piedi dall'ex premier David Cameron, con l'appoggio dell'establishment della City, per spaventare e convincere a votare Remain nel referendum del 2016. Quel piano si è rivelato un flop, tanto che alcuni commentatori britannici sono convinti che la mancanza di un messaggio positivo pro Ue abbia penalizzato il fronte europeista favorendo la vittoria del Leave. Come dire: dileggiando i «barbari» non si ottiene nulla. Mancano poco più di sei mesi alla fine delle trattative: il 29 marzo 2019 sarà infatti l'ultimo giorno del Regno Unito nell'Unione europea, poi si aprirà una fase di transizione fino a fine 2020 per nuovi negoziati e per aiutare le imprese e gli investitori a prendere dimestichezza con il nuovo regime. E a questo punto sia Londra, dove il Partito conservatore al governo è spaccato sul piano di uscita dall'Ue presentato dal premier Theresa May, sia Bruxelles temono rallentamenti. Specialmente sulla questione del confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda, l'unica frontiera fisica tra Regno Unito e Unione europea.Per la prima volta un'indagine, quella targata Swg, svela cosa pensano gli italiani del Regno Unito e quale sia il loro rapporto con il Paese che accoglie oltre 600.000 loro concittadini. Presentando i dati, l'ambasciata britannica ha sottolineato di aver voluto approfondire per conto del governo di Londra la conoscenza di uno dei Paesi che con il Regno Unito ha legami storici e speciali, parallelamente all'interlocuzione con i principali stakeholder politici, istituzionali ed economici. I risultati dell'indagine sono stati presentati alla vigilia del XXVI Convegno di Pontignano, il principale appuntamento nell'agenda bilaterale angloitaliana, e fanno ben sperare Londra. E soprattutto chi a Londra, come il premier May, punta alla Soft Brexit, in contrasto con la Hard Brexit per cui fa campagna l'ex ministro degli Esteri Boris Johnson, dimessosi dal gabinetto proprio a causa delle divergenze sull'uscita dall'Ue. Usciamo dall'Ue ma non dall'Europa è il motto del governo della May. Motto che sembra trovare riscontri nei risultati dall'indagine Swg. Non soltanto quattro italiani su cinque temono il «no deal», e quasi sette su dieci sperano in un'area di libero scambio, ma a ribadire il rapporto stretto tra i due Paesi c'è il dato di oltre un italiano su due che è stato almeno una volta nel Regno Unito. L'86% di questi ci tornerebbe, percentuale che cresce se si guarda alla fascia d'età 18-24 anni: infatti, il 93% dei giovani che hanno visitato il Regno Unito considera la propria esperienza positiva, mentre ben il 96% dichiara che tornerebbe nuovamente.E se Brexit avrebbe dovuto, almeno secondo la narrazione del Project Fear, allontanare i partner europei, questa indagine racconta una versione diversa. Per tre italiani su quattro, infatti, il voto sulla Brexit non ha influenzato la propensione a recarsi nel Regno Unito per turismo, studio o affari. A convincere i nostri concittadini sono le quattro principali caratteristiche che definiscono meglio il Regno Unito: oltre al multiculturalismo, ci sono il nazionalismo, la modernità e il dinamismo. Infine, tra quello che gli italiani apprezzano in particolare del Regno Unito vi sono la musica (80%), la storia (80%), la cultura (77%), le opportunità di business e i paesaggi (75%).Commentando i dati, l'ambasciatore Jill Morris ha sottolineato come «nonostante le comprensibili incertezze destate dall'avvio per l'uscita dall'Ue, è incoraggiante avere il riscontro di una considerevole maggioranza di italiani che continua ad avere strettissimi legami, atteggiamenti positivi e opinioni favorevoli nei confronti del Regno Unito e della relazione profonda che vogliamo mantenere con l'Ue e i nostri partner europei, in primis con l'Italia». L'ambasciata ha registrato, inoltre, un ruolo fondamentale svolto dagli italiani nel Regno Unito nella formazione delle opinioni dei loro concittadini in patria. «Siamo da tempo impegnati a incontrare la comunità degli italiani oltremanica, con cui abbiamo un canale di comunicazione aperto anche grazie all'ambasciata italiana a Londra», ha dichiarato l'ambasciatore Morris.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)