2020-04-16
L’Oms s’è bevuta le menzogne cinesi. Trump ha ragione a lasciarla a secco
Donald Trump (Doug Mills/Getty Images)
L'Onu, l'Ue, i russi e Bill Gates criticano gli Usa per il taglio dei fondi all'ente. Che, minimizzando fino alla fine l'epidemia, ha favorito Pechino: Xi Jinping infatti l'ha ammessa soltanto il 20 gennaio, dopo 3.000 contagi in 7 giorni.È scontro totale tra Donald Trump e l'Organizzazione mondiale della sanità. Martedì, il presidente americano ha annunciato che sospenderà, da 60 a 90 giorni, i finanziamenti statunitensi all'agenzia specializzata delle Nazioni Unite. «La realtà è che l'Oms non ha adeguatamente ottenuto, verificato e condiviso informazioni in modo tempestivo e trasparente […]. L'Oms ha messo il politicamente corretto prima delle misure per salvare le vite […], ha fallito e deve essere ritenuta responsabile», ha dichiarato l'inquilino della Casa Bianca. Questa mossa - prontamente spalleggiata dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e principalmente concepita per mettere l'Oms sotto pressione - non è arrivata in modo inatteso. La settimana scorsa, il presidente aveva già minacciato un congelamento dei finanziamenti statunitensi all'Organizzazione, accusandola di inefficienza nella gestione dell'epidemia e tacciandola di essere «molto incentrata sulla Cina». Ricordiamo che Washington risulta il principale contributore dell'agenzia. Secondo il sito Axios, l'anno scorso gli Stati Uniti hanno versato contributi complessivi per circa 400 milioni di dollari. Inoltre, stando a Bloomberg news, il peso in termini di finanziamento da parte dello Zio Sam varrebbe il 22%, contro il 12% della Cina.Secca la reazione di Pechino, con il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, che ha dichiarato: «Bloccando i fondi all'Oms, gli Usa mineranno la capacità d'azione dell'Oms e la cooperazione globale nella lotta al Covid-19. Tutti i Paesi, inclusi gli Usa, ne saranno di conseguenza colpiti». Critiche a Trump sono arrivate anche dal responsabile della politica estera europea, Josep Borrell, che ha affermato: «Mi rammarico profondamente per la decisione degli Stati Uniti di sospendere i finanziamenti all'Oms. Non c'è ragione che giustifichi questa mossa, in un momento in cui gli sforzi» dell'agenzia «sono necessari più di sempre, per contribuire a contenere e mitigare la pandemia da coronavirus». Duro anche il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, secondo cui «non è il momento di ridurre le risorse per le operazioni dell'Oms o di qualsiasi altra organizzazione umanitaria nella lotta al coronavirus». Particolarmente severa si è rivelata poi la Russia, che ha accusato Washington di adottare un «approccio egoista». Reazioni accese Trump se le è ritrovate, in patria, da parte di Bill Gates e dei democratici, con svariati senatori e deputati che hanno aspramente contestato la sua scelta. Insomma, l'inquilino della Casa Bianca ha scatenato un putiferio. Eppure ben poche di queste critiche sono effettivamente entrate nel merito della questione.In primis, è oggettiva l'opacità con cui la Cina ha gestito l'epidemia sul proprio territorio, favorendo un clima di omertà e mettendo a tacere i medici ritenuti scomodi. Nel momento in cui oggi parla di «cooperazione globale», Zhao Lijian dovrebbe forse spiegare quale fosse la cooperazione cinese, quando la Repubblica popolare ha nei fatti cercato di tenere nascosto il coronavirus nelle settimane a cavallo tra dicembre e gennaio. Proprio ieri l'Associated Press ha inoltre parlato di un grave ritardo, consumatosi tra il 14 e il 20 gennaio. Il presidente cinese, Xi Jinping, si espresse infatti apertamente sul morbo solo il 20 gennaio, quando - nella settimana precedente - il virus si era ulteriormente diffuso, registrando oltre 3.000 contagi. «Se le autorità cinesi avessero preso provvedimenti sei giorni prima, ci sarebbero stati molti meno pazienti e le strutture mediche sarebbero state sufficienti. Avremmo potuto evitare il collasso del sistema medico di Wuhan», ha dichiarato Zuo-Feng Zhang, epidemiologo dell'Università della California.In secondo luogo, Borrell e Guterres dovrebbero forse ricordare come, nella seconda metà di gennaio, il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, avesse teso a minimizzare l'epidemia, assumendo un atteggiamento conciliante verso Pechino e decidendosi a proclamare l'emergenza sanitaria globale soltanto il 30 gennaio, quando la situazione era manifestamente grave da oltre una settimana. D'altronde, non è un mistero che Guterres abbia spesso avuto un approccio morbido con la Cina anche su altri dossier, mentre - lo scorso marzo - la Commissione europea ha rinsaldato i rapporti con la Repubblica popolare, con al presidente, Ursula von der Leyen, che ha espresso gratitudine per il sostegno cinese all'Ue nel contrasto al virus. Gli stessi democratici americani, oltre alle consuete accuse secondo cui Trump abdicherebbe alla leadership internazionale, non sono entrati granché nel merito della questione. Basterebbe rispondessero a due semplici domande. È vero o no che l'Oms ha tardato nel dichiarare l'emergenza globale? E, in secondo luogo, è vero o no che l'Oms intrattiene legami politici quantomeno ambigui con il governo cinese? Se - come sembra - la risposta a entrambe le domande è affermativa, non si capisce per quale ragione Trump dovrebbe continuare a pagare senza batter ciglio. Evidentemente i democratici hanno un concetto un po' strano di leadership internazionale. In tutto questo, la mossa del presidente americano potrebbe avere degli impatti sullo stesso governo italiano. Walter Ricciardi, attuale consulente del nostro ministero della Sanità, è infatti un membro dell'Oms. E, in materia di relazioni con l'agenzia dell'Onu, Roma e Washington potrebbero presto trovare altri motivi d'attrito.