2021-02-06
L’ombra di Rousseau e il terrore della base minacciano le nozze tra M5s e il banchiere
Anche Davide Casaleggio è a Roma e chiede il voto dei militanti. Dibba e «Il Fatto» soffiano sul fuoco: «Come si fa a stare con il Cav?»C'è anche Davide Casaleggio a Roma: oggi è una giornata di quelle da ricordare, Beppe Grillo va di persona a conferire con Mario Draghi, il M5s è pronto all'ennesima giravolta, sta per entrare nel governo di quasi tutti, e l'occasione per farsi vedere in prima linea è da non perdere: «Ho incontrato», tiene a far sapere Casaleggio, «diversi parlamentari e ministri qui a Roma. Qualunque sarà lo scenario politico possibile c'è ampio consenso sul fatto che l'unico modo per avere una coesione del M5s sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau». La votazione, alla fine, molto probabilmente ci sarà: del resto il tempo c'è. Draghi ha in programma un secondo giro di consultazioni, e coinvolgere i militanti, o almeno far finta di coinvolgerli, mentre si procede allegramente verso un nuovo governo, stavolta non solo con Matteo Salvini, ma pure con Silvio Berlusconi, può essere utile, come confida alla Verità un parlamentare di primissimo piano del M5s, «per sterilizzare l'opposizione di Alessandro Di Battista, Barbara Lezzi e di tutti quelli che sono contrari a far parte del governo. Tra i gruppi parlamentari», aggiunge la fonte, «ormai la decisione è presa, ma Dibba ha una forte presa sulla base, sui militanti, quindi meglio procedere con la votazione on line prima di dare l'ok definitivo». E Casaleggio? «È qui a Roma per far vedere che è un big del M5s», aggiunge la fonte, «ma non ci risulta sia contrario all'operazione Draghi». A proposito di contrari all'operazione Draghi: non possiamo esimerci dall'esprimere la nostra piena solidarietà al Fatto Quotidiano, quotidiano del cuore dei pentastellati, e in particolare al suo direttore, Marco Travaglio. Ieri in prima pagina Il Fatto si domandava: «Governare con lo psiconano?» (ovvero Silvio Berlusconi). Travaglio, nel suo editoriale, coerentemente contrario all'ingresso del M5s nel governo, elencava le «quattro alternative di Draghi»: governo giallorosso bis, governo Ursula, governo Ursula con astensione M5s (la sua opzione preferita) e governo Pd-Italia viva-Forza Italia con l'astensione di Lega, M5s o entrambi. Sarà stato l'ottimismo della ragione, ma Travaglio la quinta opzione l'ha dimenticata, e invece eccola servita, cotta a puntino: un bel governo con dentro tutti, ma proprio tutti, tranne Leu e Fratelli d'Italia, nel quale i ministri M5s saranno insieme non solo a quelli di Berlusconi, ma pure, salvo imprevisti clamorosi, ai leghisti del tanto vituperato Matteo Salvini. Non vorremmo essere, lo diciamo senza (o quasi) ironia, nei panni del direttore. Il Fatto, tra l'altro, riportava una frase di Beppe Grillo pronunciata al termine di due ore di colloquio telefonico con il premier incaricato: «Mi è sembrata una persona molto aperta, quasi uno di noi». Draghi grillino? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò (e pure Travaglio). «In realtà», commenta un deputato grillino, «noi con la Lega ci abbiamo già governato, il problema è del Pd. Berlusconi? Bisogna andare sui temi, sui contenuti. A Draghi parleremo di reddito di cittadinanza e di conflitto d'interessi». Parole, parole, parole: dallo psiconano allo psicodramma grillino è un attimo, il tempo di capire che stavolta il gioco è veramente duro, anzi durissimo, perché una volta salpata la nave Draghi non ci sarà certo la possibilità di virare, strambare, mettere veti, imporre agende o litigare in Consiglio dei ministri. Si tratterà semplicemente di approvare con un inchino deferente tutto quello che passerà il convento, ovvero tutto quello che deciderà di fare il Grande Timoniere. Sarà anche per questo, che ieri, rispetto ai giorni scorsi, ai piani alti del M5s non si ragionava tanto di ministri e poltrone, ma di come far digerire ai militanti e ai (sempre meno) elettori la foto del giuramento con i ministri del M5s sorridenti insieme a quelli indicati da Matteo Renzi, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. «Non posso credere», scrive su Facebook la senatrice Barbara Lezzi, che pure è stata ministro insieme a Salvini in persona nel governo Lega-M5s, «che ci sia tra noi la convinzione che sedere allo stesso tavolo dell'operazione Verdini da Rebibbia possa rappresentare il bene per il Paese ancor più in questo drammatico momento. Il M5s le ha tentate tutte per dare agli italiani un governo che potesse occuparsi di loro ma esistono limiti che devono essere riconosciuti con coraggio e con la memoria alle azioni di questi personaggi che, come avvoltoi, hanno lavorato per far fuori quella persona perbene che è Conte per ritornare a spartirsi la torta come hanno sempre fatto e come la storia ci insegna. Un governo con Berlusconi, Calenda, Renzi, Bonino e Salvini», aggiunge la Lezzi, «non è un governo politico ma un'attrazione fatale per il M5s e una sciagura per gli italiani». Torna all'assalto anche Alessandro Di Battista. «Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda», scrive il Dibba su Facebook, «si aggiungono ragioni su ragioni per dire no a Draghi. Governo politico è una parola che non ha alcun senso in questo scenario. Cosa c'è di politico nel governare con Pd, Leu, Forza Italia, +Europa, Centro democratico e, probabilmente, Lega Nord? Ci sarà qualche politico dentro. Un numero, tra l'altro», maramaldeggia Di Battista, «decisamente inferiore a quel che si immaginano molti sostenitori del sì a Draghi». Traduzione: cari colleghi grillini, vi state infilando in una trappola mortale senza neanche ricevere in cambio un numero sufficiente di poltrone. Stamattina, prima dell'incontro tra Draghi e Beppe Grillo, ci sarà un vertice dei big del M5s. La sensazione è che la strada sia segnata, ma non definitivamente. La tentazione del più clamoroso dei «vaffa» è forte.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
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