2025-08-29
L’odio contro i cristiani non fa indignare
Il sindaco di Minneapolis si dimentica chi sono le vittime e si preoccupa soltanto della comunità Lgbt, nonostante l’Fbi parli di un atto anti cattolico. In Italia i media scelgono il pronome maschile per l’attentatrice, dubitando del suo cambio di sesso.Il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey, non ha perso tempo. «Chiunque usi questa come un’opportunità per demonizzare la nostra comunità trans o qualsiasi altra comunità là fuori ha perso il senso della comune umanità», ha detto a poche ore dal massacro che ha funestato la sua città. «Non dovremmo agire mossi dall’odio per nessuno. Dovremmo agire mossi dal nostro amore per i bambini. Oggi sono morti dei bambini», ha aggiunto. E in effetti sì, sono morti due bambini di otto e due anni dopo che Robin Westman, 23 anni, ha aperto il fuoco contro le finestre della Chiesa dell’annunciazione, dove era in corso la messa dei bambini. Prima di ammazzarsi, Westman è riuscito anche a ferire 17 persone, tra cui 14 bambini di età compresa tra i 6 e i 15 anni e alcuni anziani parrocchiani. Che volesse compiere una strage risulta evidente dai messaggi che ha lasciato. Sui caricatori dei suoi fucili aveva scritte contro Israele e contro i cristiani e un messaggio mostruoso: «Questo è per i bambini».Purtroppo, niente di nuovo rispetto a quanto si vede in altri casi analoghi negli Stati Uniti e altrove: un assassino giovane e carico di odio munito di armi acquistate illegalmente che se la prende con una scuola con cui ha (o ritiene di avere qualche legame). Nello specifico, la madre di Westman aveva lavorato per alcuni anni nell’istituto cattolico su cui il figlio si è poi avventato. O forse dovremmo dire la figlia. Già, perché la vicenda di Robin Westman è molto particolare, ed è particolarmente il modo in cui i media la stanno trattando.L’assassino di Minneapolis ha cambiato legalmente il nome nel 2020. Si chiamava Robert, ed era nato maschio. Ma si identificava come donna e cinque anni fa un tribunale del Minnesota ha riconosciuto la sua auto identificazione: «La minorenne si identifica come donna e desidera che il suo nome rifletta tale identificazione», ha scritto il giudice. Per farla breve, Westman era transgender e su questo particolare non del tutto irrilevante si notano da parte dei media e della politica atteggiamenti ambivalenti. Come dicevamo, il sindaco di Minneapolis si è precipitato a prendere le difese della comunità trans. Nella sua dichiarazione non ha citato i cristiani e i cattolici, vittime dell’odio e dei proiettili del killer, ma si è premurato di tutelare la minoranza oggi più mediaticamente esposta.Sui giornali italiani, curiosamente, Westman viene indicato come «il killer», solo la Stampa ha scelto la formula politicamente corretta «la killer». Paolo Mastrolilli su Repubblica spiega che Robert era diventato Robin perché «si considerava transgender». Suggestiva tutta questa cautela nell’utilizzo dei pronomi. In altro contesti, chiamare al maschile una persona che si identifica come donna (il cosiddetto misgendering) può costare accuse di transfobia e in alcuni Stati addirittura pene pesanti. In questo caso, tuttavia, sembra quasi che il transgenderismo di Westman non sia preso sul serio. Poiché uccide, allora può essere maschio, quindi violento.C’è però qualcosa di peggio di questa pelosa cautela. Ci sono i media che colgono l’occasione (pensa un po’) per scagliarsi contro i conservatori e i sostenitori di Trump. Newsweek e il francese Le Monde, ad esempio, affermano con apprensione che il mondo maga avrebbe iniziato a prendersela con la comunità transgender. «Le sparatorie di massa negli Stati Uniti sono diventate notizie ricorrenti, anno dopo anno», scrive Le Monde. «La tragedia avvenuta mercoledì 27 agosto presso la chiesa cattolica dell’Annunciazione a Minneapolis è stata più di una semplice notizia di cronaca nera: è stata anche un momento politico. Due bambini sono stati uccisi e 17 persone sono rimaste ferite, tra cui 14 bambini. L’attentatrice, una donna transgender (a cui è stato assegnato il sesso maschile alla nascita, ma che si identifica come femmina), è stata etichettata dall’Fbi come un atto sia di terrorismo che di crimine d’odio contro i cattolici. Nei circoli di Make America great again (Maga) sui social media, un termine ha circolato senza sosta per tutto il giorno: Transterrorismo».Ora, lungi da noi sostenere che alla «comunità transgender» si debba addebitare la strage di Minneapolis, anche se le uscite anti trans di Donald Trump potrebbero aver contribuito a scatenare Westman. Tuttavia è inutile essere ipocriti. Sappiamo benissimo che se a compiere il massacro fosse stato un simpatizzante della destra oggi troveremmo sui giornali titoli tonitruanti sulle responsabilità politiche e culturali dei conservatori. Ma poiché stavolta l’omicida appartiene a una «minoranza perseguitata», si evitano sparate e accuse un tanto al chilo. Una ipocrisia a cui, a dire il vero, eravamo piuttosto preparati. Più fastidioso è notare la difficoltà con cui si mette in luce la matrice anticristiana della strage. Fortunatamente direttore dell’Fbi, Kash Patel, ha dichiarato che l’attacco verrà considerato «terrorismo domestico e crimine d’odio verso i cattolici». Ma non sembra proprio che ci sia la corsa a condividere il suo punto di vista, anzi. Come i destrorsi, anche i cattolici possono soltanto odiare ma non essere odiati: in quanto per definizione oppressori, si fatica non poco a riconoscerli come vittime. Anche se qualcuno li uccide precisamente per le loro fede.
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