2024-02-08
Lobby nera inventata. «Fdi non ha ricevuto finanziamenti illeciti»
Il gip di Milano ha archiviato l’indagine innescata dai video di «Fanpage»: «Reati impossibili, era solo una messinscena».Bufala Connection. La lobby nera non esiste, Milano non è strangolata dai tentacoli fascisti, la democrazia è salva. E a questo punto bene ha fatto Giorgia Meloni a non far dimettere gli esponenti di Fratelli d’Italia «per un aperitivo sbagliato». Glielo chiedeva con impetuoso afflato giornalistico - nell’autunno del 2021 alla vigilia delle elezioni amministrative - praticamente tutta la stampa mainstream al culmine di una di quelle tristi sinfonie collettive che somigliano a smagliature in una calza di nylon: quando partono non le fermi più. I più scatenati, in un combinato disposto multimediale, erano Fanpage (testata che aveva pubblicato lo scoop con un giornalista infiltrato) e la trasmissione di Corrado Formigli su La7, da sempre custode dell’ortodossia a sinistra di Paperino. Ieri è uscita la notizia che la gip di Milano Alessandra Di Fazio a fine gennaio ha archiviato l’intero malloppo sulla presunta «lobby nera» accogliendo la richiesta che le era stata inoltrata dal pm Giovanni Polizzi, anch’egli convinto «dell’assenza di elementi per sostenere le accuse di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio». Di conseguenza sono finite in archivio (tecnicamente si tratta di reato impossibile) le posizioni dell’eurodeputato di Fdi Carlo Fidanza, oggi capo delegazione a Strasburgo, dell’esponente della destra radicale milanese Roberto Jonghi Lavarini detto «il barone nero», della consigliera comunale di Fdi Chiara Valcepina, dell’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca, del consigliere regionale (ex Lega) Massimiliano Bastoni e dell’esponente di Lealtà Azione Riccardo Colato.La vicenda, uscita nei giorni precedenti il voto a Milano, ruotava attorno alla documentazione video di un cronista di Fanpage infiltrato con una valigetta misteriosa, che avrebbe dovuto provare un passaggio di presunti fondi irregolari per la campagna elettorale di Fratelli d’Italia. Il caso fu cavalcato mediaticamente con grande risalto e numerosi editorialisti si esibirono in coloriti allarmi democratici per «l’influenza dell’estrema destra extraparlamentare» nei gangli di quello che oggi è il partito di maggioranza. Le modalità dell’operazione destavano sospetti fin da subito, ma la Guardia di finanza per fare chiarezza ha voluto andare a fondo della storia, che di fatto ha avuto un epilogo da Bufala connection.Nella richiesta di archiviazione il pm Polizzi ha sottolineato che, pur essendo emersi elementi che inducono al sospetto di ipotetici finanziamenti illeciti, «le risultanze dell’inchiesta non hanno restituito riscontri convergenti e concludenti per sostenere l’accusa in giudizio. Quindi bisogna concludere nel senso dell’insussistenza delle ipotesi di reato formulate perché dalle indagini svolte non sono emersi elementi in grado di confermare quanto detto nei video». Una struttura investigativa fatta propria dalla gip Di Fazio perché le affermazioni di Fidanza e Jonghi Lavarini nei video girati di nascosto «non hanno trovato riscontro nelle indagini svolte sul commercialista Mauro Rotunno», pure lui indagato e archiviato. Tutto questo anche perché la valigetta che il cronista aveva consegnato alla fantomatica lobby nera sarebbe «un reato impossibile»; non conteneva denaro ma copie di libri sull’Olocausto e copie della Costituzione. Commento finale: «Era tutta una messa in scena».Bob Woodward e Carl Bernstein possono dormire tranquilli. Un po’ meno chi acriticamente aveva sposato la tesi colpevolista dal primo minuto cavalcando la faccenda in chiave politica. Allora il Pd milanese si sbilanciò nel definire quei video usciti col contagocce «immagini disgustose». La segretaria Silvia Roggiani scrisse su Facebook che era emerso «un quadro inquietante e pericoloso su cosa sia il partito della Meloni e sulla galassia nera che gli gravita attorno». Europa Verde, allora in auge perché sdoganata dal sindaco Beppe Sala (che anche grazie a quello scandalo di cartapesta rivinse le elezioni), presentò un esposto in Procura per sollecitare l’inchiesta.Il presunto scoop sulla lobby nera aveva eccitato gli animi e tre reporter di Fanpage erano stati premiati come cronisti dell’anno 2021. La trasmissione Piazzapulita aveva supportato con entusiasmo ogni passaggio dell’inchiesta mettendo alle strette Giorgia Meloni, in quelle settimane sottoposta a un processo mediatico in piena regola perché «non allontanava dal partito i reprobi in camicia nera».La segretaria di Fdi allora chiese di poter visionare le 100 ore di girato dal giornalista infiltrato per verificare l’esistenza di finanziamenti illeciti. Dopo l’indignato rifiuto scaturì una polemica televisiva che indusse Meloni a rifiutare ogni altro invito da parte de La7, diffidenza ancora in vigore. «Assenza di elementi», «insussistenza delle ipotesi di reato». In attesa del prossimo circo democratico, stanotte Milano dorme più tranquilla.