2023-05-01
«Lo Stato ora studi i danni da vaccino»
iStock. Nel riquadro, Maurizio Federico
L’esperto Maurizio Federico: «Ho lanciato una petizione, il governo deve garantire cure mirate e capire la natura di tutti gli effetti collaterali: è urgente anche in vista dell’arrivo di altri farmaci a mRna. In Germania qualcosa si sta muovendo».Passata la bufera, Anthony Fauci si sveglia e chiede trasparenza su Big Pharma. Anche il virologo americano prova a riciclarsi come voce critica. Ma ormai è tardi. Lo speciale comprende due articoli.«È ora necessario dare la possibilità a ricercatori e scienziati indipendenti di indagare se la campagna vaccinale anti Covid-19 possa aver causato danni inaspettati. Lo Stato è chiamato a farsi carico di lanciare uno studio nazionale con la finalità di capire le cause degli effetti avversi, e proporre possibili rimedi». Queste parole sono del dottor Maurizio Federico, e sono scritte come prospetto di una petizione che in pochi giorni ha già superato le 1.500 firme. Il dottor Federico è dirigente di ricerca dell’Istituto superiore di sanità e direttore del Centro nazionale per la salute globale. In questa intervista ci tiene a precisare che parla a titolo personale, e che quindi non rappresenta in nessun modo la posizione dell’Istituto per cui lavora, ma proprio per questo può essere libero di esporre le proprie considerazioni su tutto quello che è successo e che, purtroppo, ancora accade. Dottor Federico troviamo la sua firma sul prospetto di una petizione, come mai?«Un cittadino siciliano, Stefano Cardella, ha avuto l’idea di creare questa petizione e mi ha chiesto di scriverne la descrizione, visto il mio impegno sul tema. Ho voluto metterci del mio per sottolineare l’importanza dell’iniziativa. Nel prospetto ho sottolineato che quando, come in Italia, si somministra un farmaco a quasi 50 milioni di persone, se anche ci fosse stata una piccolissima minoranza ad aver riscontrato reazioni avverse, in numeri assoluti si tratta comunque di diverse migliaia di persone. E anche una sola persona avrebbe diritto ad una risposta e ad una cura da parte dello Stato». Qual è l’obiettivo?«Ritengo sia indispensabile sensibilizzare sia l’opinione pubblica che i decisori ministeriali, ad avviare sforzi congiunti insieme ad istituti di ricerca, sia pubblici che indipendenti, per approfondire il tema degli effetti non desiderati della somministrazione dei vaccini contro l’infezione da Sars-CoV-2. Gli obiettivi sono molteplici ed ambiziosi: lo Stato in quanto tale si dovrebbe impegnare a dare una risposta a chi attualmente si trova in stato di sofferenza e riuscire così ad arrivare a una chiara distinzione dei veri effetti collaterali, in modo da dare avvio a cure mirate. Tutto questo per mettere un freno a certe cure empiriche, cioè non basate su evidenze scientifiche pregresse, che possono solo peggiorare la situazione».Come si potrebbe realizzare tutto questo?«Penso sia importante, vista anche la pubblicità che si sta facendo recentemente sullo sviluppo di nuove terapie basate sull’utilizzo di mRna, acquisire notizie importanti su diversi aspetti circa la reale efficacia/sicurezza di questa tecnica. Anche perché in verità la ritengo allo stato attuale ancora lontanissima da un possibile utilizzo in clinica, soprattutto perché i pazienti testati sono pochissimi, veramente scarsi, e poi ci sono gli enormi costi dei procedimenti, totalmente fuori dalla portata di qualsiasi struttura ospedaliera».Nella petizione fa riferimento alla Germania, come mai?«Il ministero della Salute tedesco si è già mosso per attivare uno studio nazionale sugli effetti avversi, per scovare le cause e proporre rimedi. E le conseguenze, nel bene e nel male, della campagna vaccinale in Germania devono essere considerate identiche a quelle generate in Italia». Pensa che in Germania ci sia maggiore consapevolezza degli effetti avversi?«Ho ascoltato di recente dichiarazioni da parte del ministro della Salute tedesco molto responsabili, consapevoli e, a suo modo, colme di umiltà. Si è ben reso conto che esiste un problema a riguardo degli effetti collaterali e, tra le altre doverose iniziative in tema sociale, ha già fatto avviare ricerche scientifiche in proposito. Quello che dovremmo fare anche noi da domani mattina».Intende dire che non c’è tempo da perdere?«Certo. E il vero problema è che i danni da vaccino continuano ad essere, senza alcun motivo, un tabù, sia per buona fetta dei media nazionali, e purtroppo, anche in una ancora troppo grande fetta del mondo scientifico e soprattutto medico. Ed il concetto di tabù non va per nulla d’accordo con quello di scienza, che deve essere necessariamente fatta di tesi ed antitesi che si devono confrontare. Deve essere basata sul contradittorio. Altrimenti non è scienza, è politica». Pensa che decisioni politiche abbiano influenzato la scienza?«Quanto meno lo sospetto… Quando il mondo scientifico si trova a dover affrontare temi sociali ed anche politici, il cortocircuito è dietro l’angolo. Per come la penso, la verità dovrebbe essere sempre al primo posto. D’altra parte va anche detto che la gestione della popolazione e delle sue paure non è materia semplice. Certamente omissioni e manipolazioni, ove dimostrate, vanno combattute. Ad ogni modo, lo Stato dovrebbe sempre dimostrare di aver fatto e fare tutto il possibile in termini di cure, assistenza, farmacosorveglianza, autopsie. E non mi sembra che sia stato il caso nostro».A cosa si riferisce?«Non vi è dubbio che il nostro modello di farmacosorveglianza passiva non ha funzionato e non funziona. Oltre alle sottostime intrinseche a questo modello, so anche per certo che tantissime persone hanno dovuto rinunciare anche solo alla segnalazione all’Aifa di effetti collaterali anche importanti. Il limite poi dei 15 giorni dopo l’inoculo riguardo gli effetti avversi è per me incommentabile. Perché, per esempio, la Spike, la proteina contenuta sia nel virus che nel vaccino, può innescare meccanismi cellulari ed immunologici visibili solo a distanza di tempo».Secondo lei si sarebbe potuto agire diversamente?«Premetto che da fuori sono un po’ tutti bravi a parlare, avrei dovuto starci dentro per rispondere a questa domanda. Vista da fuori, ma da persona che studia la materia, avrei evitato di caricare troppo sul tema della paura, i bollettini quotidiani, la caccia ai runner, e poi la tachipirina. Era necessario aumentare al contempo la presenza e la vicinanza dello Stato verso i cittadini, per esempio attraverso una medicina del territorio anche solo appena decente, cosa che invece è mancata del tutto».E nella gestione delle segnalazioni degli effetti avversi, cosa è mancato?«Trasformare la farmacosorveglianza da passiva in attiva. Impegnarsi al massimo sulle autopsie. Avviare studi scientifici in proposito, quegli studi che quasi 2.000 persone, che a partire dalle 18 di tre giorni fa, hanno già chiesto a gran voce firmando la petizione su change.org. Per questo la ritengo importante, perché tutto quello che è accaduto e che non è ancora finito, non può e non deve più essere ignorato».Ha parlato di autopsie: quanto è importante lo studio dei referti per definire i nessi di causalità? Senza si può arrivare comunque a delle conclusioni esatte?«Sono indispensabili, andrebbero impostati con protocolli e materiali all’avanguardia e, se pur di per sé potrebbero non essere sufficienti nella valutazione del nesso di causalità, sono comunque necessari per arrivare a delle conclusioni. Ovviamente il tutto dovrebbe essere supportato anche da altri approcci multidisciplinari come quelli virologici, immunologici e basati sulla biologia molecolare».E adesso cosa andrebbe fatto? Secondo lei può essere utile una commissione di inchiesta su come è stata gestita la campagna vaccinale? «Penso sia molto utile che prenda il via la commissione di inchiesta sulla gestione della campagna vaccinale. Non per perseguire nessuno, perché alcuni errori sono stati fatti, spero, per la situazione straordinaria che abbiamo vissuto, ma credo che sia fondamentale per fare chiarezza ed imparare dagli errori. Quello che è successo non deve più ripetersi».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-stato-ora-studi-i-danni-da-vaccino-2659932527.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="passata-la-bufera-fauci-si-sveglia-e-chiede-trasparenza-su-big-pharma" data-post-id="2659932527" data-published-at="1682884427" data-use-pagination="False"> Passata la bufera, Fauci si sveglia e chiede trasparenza su Big Pharma Fuori tempo massimo. Il mea culpa di Anthony Fauci arriva troppo tardi, l’immunologo non può far parte dello sparuto numero dei medici che hanno provato a spiegare la pandemia secondo scienza. Forse, la dichiarazione più clamorosa (e irritante) dell’ex virologo della Casa Bianca, pubblicata ieri dalla Stampa, è in queste poche righe sul futuro della ricerca e della relativa informazione: «È indispensabile che l’intero iter che coinvolge il contributo scientifico e quello della comunità sia trasparente dall’inizio alla fine». L’esatto opposto di quello che si è fatto, da parte delle agenzie regolatorie e delle autorità sanitarie, quando è comparso Sars-CoV-2 e mantenendo una narrazione opaca e falsata per tutta la pandemia. A breve dovrebbe essere chiusa l’emergenza sanitaria, questa settimana è prevista la decisione dell’Oms, ma già da tempo i principali responsabili di politiche e misure scellerate anti Covid stanno defilandosi. «Adesso sappiamo che è indispensabile sapere subito quello che sta accadendo», ha detto Fauci. Sapere, ma anche informare correttamente è doveroso, invece si è continuato a cambiare idea sull’utilità delle mascherine, del fare tamponi a tappeto, del vaccinare i guariti dal Covid, del monitorare gli asintomatici. «All’inizio ignoravamo che il 50-60% dei contagi sarebbe stato asintomatico. Scoprirlo è stato stupefacente», ha raccontato l’immunologo, ex direttore del National institute of allergy and infectious diseases (Niaid). «Quando ho visto quei dati, mi sono detto: “È completamente diverso. Siamo alle prese con una malattia che non abbiamo mai visto prima”». Nell’intervista, Fauci alterna passaggi in cui sembra ammettere errori, con dichiarazioni in cui traspare la consueta arroganza da presunto luminare della scienza. «Non c’è ragione per cui un Paese ricco come il nostro (gli Stati Uniti, ndr) debba avere 1, 1 milioni di morti. È inaccettabile», abbozza, benché tenti di attribuirli a controversie sulle vaccinazioni o «su come seguire fondamentali principi di sanità pubblica». Poi lo scatto d’orgoglio: «Fatemi vedere qualcuno che si è vaccinato, è stato contagiato, ha assunto il farmaco antivirale Paxlovid ed è morto. Non se ne trova nemmeno uno», sostiene l’ex virologo della Casa Bianca. Omette di dire che lui stesso e il presidente Joe Biden apparentemente si erano ripresi dal Covid dopo aver preso il cocktail antivirale, prima di risultare nuovamente positivi. E che la Food and drug administration (Fda) ha ricevuto 271 segnalazioni di eventi avversi gravi potenzialmente correlati a interazioni farmacologiche con Paxlovid, 147 segnalazioni di ricoveri e sei decessi. Però l’immunologo non perde occasione per raccomandare l’antivirale della Pfizer, forse per incoraggiarne le vendite considerato che l’azienda prevede nel 2023 un -58% delle entrate derivanti dal Paxlovid. «Non mi piace vedere soffrire le persone e non vorrei vederle morire», piagnucola a fine intervista. Sugli effetti avversi da vaccino Covid, non una parola. Non c’erano domande a Fauci, per una questione così drammatica e silenziata.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)