2019-11-17
La Coca Cola attacca il governo
ma nasconde la mano
La sugar tax colpisce le multinazionali delle bevande, che si proclamano «italiane». Come i lettori sanno, non ci piacciono le tasse, o per lo meno non ci piace che il governo ogni giorno se ne inventi di nuove per tartassare gli italiani. Dunque, fin dal varo della manovra finanziaria abbiamo criticato sia la plastic che la sugar tax, per non dire poi dell'imposta sulle auto aziendali. Ma se non ci piace chi mette le mani in tasca degli italiani, non apprezziamo neppure coloro che li prendono in giro.In questi giorni sulle pagine di alcuni quotidiani è per esempio apparsa una pagina di pubblicità contro il governo. O meglio: contro la decisione dell'esecutivo di tassare le bibite. «Ci sono storie che non vanno cancellate» esordiva la réclame antigovernativa. Corredata da alcuni vecchi manifestini promozionali dell'aranciata San Pellegrino, della Tassoni soda, della Spuma Paoletti e dell'aranciata Tomarchio di Acireale. A seguire l'agenzia creativa incaricata dall'Assobibe, ossia dalla Confindustria delle bibite, riportava questo messaggio a caratteri maiuscoli: «Uno schiaffo a 100 anni di tradizione italiana. Il piacere di bere un chinotto, una cedrata, una gazzosa o un'aranciata sarà tassato dal 2020».In pratica, direttamente un cazzotto in faccia al governo, con tanto di spiegazione che il provvedimento fiscale varato dal Conte bis colpirà 100 stabilimenti italiani e 80.000 lavoratori che, con le loro famiglie, vogliono semplicemente continuare a fare il loro lavoro. «Per questo chiediamo con forza al governo, al Parlamento, a tutte le forze politiche di ritirare questa nuova tassa». L'agenzia di advertising ha anche studiato lo slogan per rendere ancora più efficace il messaggio: «Una tassa sulla dolcezza per un futuro amaro». In conclusione, una sfilata di bottigliette, tutte rigorosamente di vetro, per non ricordare la tanto odiata plastica, pure quella messa nel mirino del governo con apposita imposta. Fin qui niente da dire: la tassa sulle bevande zuccherate, con la scusa che fanno alzare la glicemia, è pura ipocrisia, perché di prodotti che fanno peggio alla salute rispetto a una cedrata o a un chinotto ce ne sono in quantità e nessuno ha mai pensato di imporvi una tassa. La mortadella mi piace, ma non penso che ingurgitarla faccia benissimo e pure altre quotidiane prelibatezze che mettiamo in bocca. Come dicevo, l'ipocrisia della tassa etica che fa bene alla salute, ma non al portafogli non mi piace, anzi mi sembra una presa per i fondelli degli italiani. Che però mi pare subiscano lo stesso trattamento da chi si nasconde dietro una bottiglietta di spuma o di aranciata Tomarchio, rivendicando una tradizione datata oltre 100 anni. La sugar tax certo colpisce il chinotto, la cedrata, la gazzosa e anche l'aranciata, ma soprattutto colpisce i giganti del beverage, ossia quelli che stanno dietro Assobibe. Non a caso il presidente dell'associazione imprenditoriale di categoria è un signore di nome Vittorio Cino, che della Coca Cola è uno dei direttori. Anche metà del consiglio di Assobibe in qualche modo ha a che fare con Coca Cola, perché o sono distributori o sono imbottigliatori della celebre bevanda, che non è italiana, ma come tutti sanno americana. E in Assobibe, a parte alcune piccole aziende familiari, proprio quelle citate nella réclame e presentate come imprese danneggiate dalla nuova tassa, la parte del leone, oltre alla Coca Cola, la fanno la Pepsico, la Red Bull e la Schweppes, cioè le multinazionali delle bibite, che non appartengono propriamente alla «tradizione italiana», nonostante diano lavoro a tante aziende italiane.Ribadiamo: siamo contrari alla sugar tax, perché ci pare il solito modo di fare cassa facendo pagare ai consumatori dopo aver detto che ai consumatori le tasse non sarebbero aumentate di un euro. Ma se non ci piace l'ipocrisia del governo, non ci piace neppure quella delle aziende che usano la storia di tante piccole imprese familiari per non dire la verità e cioè che a essere i più colpiti dalla nuova tassa saranno i colossi esteri del settore. Noi restiamo contrari anche se lo svantaggio principale è a carico delle multinazionali, però non prendeteci in giro. Che di italiano in quel che beviamo c'è davvero poco.
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