2022-06-12
Lo sconto Fastweb sgambetta il cloud di Colao
Il gruppo guidato da Alberto Calcagno avrebbe messo sul piatto una riduzione del 20%: circa 600 milioni. Dunque ben più ghiotta (10%) della cordata Cdp, Tim e Leonardo. Ci sono 15 giorni per la controfferta. E la «nuvola» promessa per fine 2021 avrà ancora ritardi.Fastweb fa lo sgambetto al ministro per l’Innovazione, Vittorio Colao, e offre uno sconto di circa 600 milioni per il cloud di Stato. Ieri è stata fatta la graduatoria delle proposte ricevute nella gara per realizzare e gestire l’infrastruttura tecnologica - la «nuvola» - su cui migreranno i dati e i servizi critici e strategici di tutte le 200 amministrazioni centrali nonché quelli delle aziende sanitarie locali e delle principali amministrazioni locali (Regioni, città metropolitane, Comuni con più di 250.000 abitanti). Ebbene, secondo quanto risulta a La Verità, il gruppo guidato da Alberto Calcagno, in tandem con Aruba, avrebbe messo sul piatto uno sconto del 20% dunque più ghiotto del 10% offerto dalla cordata concorrente composta da Cdp, Tim e Leonardo.Parliamo di una gara composta da tre capitolati che tutti insieme valgono complessivamente circa 3 miliardi. Fastweb avrebbe dunque fatto uno sconto del 20%, che varia per capitolati ma si aggira comunque tra i 500 e i 700 milioni. Gli altri, invece, solo del 10%, quindi pari a circa 300 milioni. Anche se con lo sconto lo Stato ci guadagna, viene messo in crisi lo schema tracciato dal ministro. L’offerta di Fastweb-Aruba è stata ritenuta valida, quindi ora Cdp-Tim-Leonardo hanno quindici giorni per esercitare il cosiddetto «right to match»: il raggruppamento delle tre imprese, infatti, è stato già selezionato dal dipartimento per la Trasformazione digitale per il Polo strategico nazionale e si è aggiudicato il diritto di fare una controfferta che tenga conto di quella dei concorrenti. Quello che non è ancora chiaro nel bando è se il «match» del prezzo andrà fatto per singoli capitolati o per tutti e tre insieme ma sicuramente si tratta di un costo in più per il consorzio. La prossima settimana si dovrebbe tenere una riunione per fare il punto. Di certo, però, si andrà ad agosto con il rischio che l’intera procedura di avvio concreto della gara vada per le lunghe rispetto ai tempi preventivati dallo stesso ministero. A fine gennaio, in audizione alla Camera, Colao aveva assicurato che il collaudo era atteso per fine 2022 e il completamento della migrazione delle pubbliche amministrazioni sul Cloud nazionale tra il 2023 fino al 2025, mentre nel frattempo Sogei manterrà il suo ruolo e continuerà ad erogare i servizi alle Pa. E anche secondo il sito del ministero dell’Innovazione, l’aggiudicazione della gara per il Polo strategico nazionale (Psn) dovrà avvenire «al più tardi entro la fine del 2022» e «a partire dalla fine del 2022 dovrà iniziare la migrazione della Pa verso il Psn, da concludersi entro la fine del 2025». La road map insomma è serrata, forse troppo. Considerando anche i ritardi rispetto agli annunci di avvio del bando: il cloud digitale, innovazione portentosa promossa grazie ai soldi del Pnrr è già in ritardo di almeno sei mesi. Senza dimenticare che sulla partita della «nuvola» di Stato il governo può esercitare il golden power, dettaglio rilevante considerando la parte di tecnologia cinese usata da Fastweb. Che in caso di aggiudicazione, prevede la costituzione di una newco a cui farà capo la realizzazione e gestione del Psn secondo un modello di partenariato pubblico-privato. La partita è anche politicamente molto delicata, perché si tradurrà nel trasferimento sia dei riferimenti dei cittadini sia di molti dati sensibili dell’intera macchina statale. Non a caso nelle scorse settimane, la Lega e il Movimento 5 stelle hanno presentato alla Camera due ordini del giorno, accolti dal governo in aula, con i quali viene chiesto di presentare alle Commissioni parlamentari competenti, entro 30 giorni dall’aggiudicazione della gara, una relazione sull’espletamento delle procedure della gara stessa, nonché di garantire che il ministro Colao riferisca alle Camere ogni sei mesi sullo stato di avanzamento dei lavori relativi alla realizzazione del Polo strategico nazionale e sul livello di adesione della Pubblica amministrazione all’infrastruttura. L’approvazione dei due ordini del giorno fa seguito a quella, lo scorso gennaio, della mozione che sottolineava la necessità di rafforzare il coinvolgimento del Parlamento attraverso l’opportuna informazione delle competenti Commissioni sull’espletamento della gara.Era l’inizio di aprile del 2021 quando il ministro Colao lanciava l’allarme sulla Pa. «Il 95% dei sistemi digitali della pubblica amministrazione è facile preda degli assalti hacker», spiegava l’ex capo di Vodafone confermando la volontà di chiudere al più presto la partita del cloud nazionale. È passato più di un anno. Fatto sta che a muoversi nell’ambito cloud per ora c’è solo la maxi gara di Consip, datata 2019, e vinta di recente da Almaviva. O meglio, dal consorzio del gruppo fondato da Alberto Tripi con Engineering e Amazon Web services. Si tratta di una gara parallela rispetto al cloud di Colao. Solo che questa marcia veloce e potrebbe anche diventare un benchmark per i passi futuri.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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