2020-12-08
Litigio sulla task force di Giuseppi. Poi il Covid manda in tilt il cdm
Luciana Lamorgese positiva, Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede in isolamento. Tutti i ministri faranno il test.Concedeteci il black humor: ieri, a confondere «provvidenzialmente» le acque del già agitatissimo cdm, ci ha pensato il Covid. Le premesse erano disastrose: dopo le liti con Italia viva sulla task force per il Recovery fund, sembrava che la decisione definitiva sul piano, che pure Giuseppe Conte aveva presentato, giorni fa, come bell'e pronto, dovesse slittare a mercoledì sera. Quando il governo potrebbe essere già saltato. Poi, verso le 17, è arrivata la notizia: il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, è positiva al Covid. Vertice interrotto, ministri Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede messi in isolamento. L'intera squadra di governo dovrà sottoporsi al tampone. Un time out per motivi spiacevoli (auguri di cuore alla Lamorgese!), ma che ha certo contribuito a camuffare il tintinnar di sciabole tra fratelli coltelli giallorossi.La pietra dello scandalo è stata, appunto, l'ennesima task force sui soldi Ue. La quale, più che all'Italia, serve a Conte: così, l'inquilino di Palazzo Chigi potrà decidere da solo, scaricando gli errori su top manager e tecnici. Il Pd - per ora - finge di non averlo capito. Il M5s ha da pelare la gatta del salva Stati. Italia viva, piccola ma famelica, ha invece deciso di passare all'attacco. Su Repubblica, Matteo Renzi ha lamentato di aver ricevuto, in cambio della richiesta di un dibattito parlamentare, «solo silenzio e task force. Poi, all'improvviso, dopo tante dirette Facebook, in un'intervista al direttore di Repubblica il premier comunica agli italiani che è tutto già pronto. E che ci saranno dei tecnici a gestire il tutto». Traduzione: la torta è troppo ghiotta, per appaltarla a Conte e ai suoi paraventi. Il senatore semplice ha dunque lanciato una staffilata: «Il futuro dell'Italia dei prossimi 20 anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi». Toni distesi, da alleati in un governo coeso ed efficiente. Proprio quello che ci vuole ora. Sul Messaggero, il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, ha rincarato la dose: «Chiedo di poter valutare carte alla mano da una settimana». E invece: «Ho ricevuto alle 2 di stanotte (domenica notte, ndr) un testo, senza avere il tempo di un approfondimento puntuale. […] Equivale a chiedere di votare al buio. Italia viva non lo ritiene possibile». La rivelazione ha sconvolto l'onorevole Michele Anzaldi, pure lui di Iv, che ha parlato di «manovra incostituzionale da parte del presidente del Consiglio». D'altronde, ha tuonato la Bellanova, se «c'è una maggioranza informata e una parte che informata non è, questo significherebbe la dissoluzione anche di una coalizione».A chiudere il fuoco di fila è arrivata Elena Bonetti, il ministro della Famiglia, che ha puntato il dito contro l'idea di costituire «una sorta di struttura parallela al governo di cui il Parlamento non sa nulla». È la premessa di una crisi dell'esecutivo? È la solita manfrina per scucire concessioni a Conte? Vedremo. Finora, alla truppa renziana s'è sempre ben attagliato il celebre detto: can che abbia, non morde.Tra i grillini, intanto, prosegue lo psicodramma sul Mes. Domenica abbiamo registrato le arrampicate sugli specchi di Vito Crimi, per giustificare il sì alla riforma, e le minacce di Di Maio ai dissidenti. Alcuni senatori, tra cui l'ex ministro Barbara Lezzi, insistono per un rinvio, ma la risoluzione di maggioranza pro Mes è pronta. E ieri, Roberta Lombardi ha liquidato come «caciara» gli strali dei parlamentari che non vorrebbero rimangiarsi anche questa battaglia. Bisogna dare a Conte «gli strumenti in Europa e trattare su tutto il pacchetto». Cioè, le immancabili braghe calate.
Il valico di Rafah (Getty Images)
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