2023-08-14
L’Italia affonda e Mancini scappa (Verso i soldi dei reali sauditi?)
Via con una mail di notte: sullo sfondo l’offerta araba e il fastidio per le pressioni di Gabriele Gravina su Gianluigi Buffon e Leonardo Bonucci nello staff. Brevissimo aneddoto medievale: tra i condottieri della prima crociata vi era un certo conte Ugo I di Vermandois, valoroso e rispettato dai suoi, che dopo aver conseguito vittorie sul campo in battaglie insidiose, constatata la difficoltà nel proseguire il cammino e qualche dissapore con i nobili suoi pari grado, decise di tornarsene in Francia, lasciando ai compagni l’onere di continuare la pugna. Si dice che fu la moglie Adelaide a rispedirlo indietro per evitargli cattive figure e la nomea di condottiero che se la squaglia. Non c’è parallelismo diretto con la vicenda di Roberto Mancini, però, dopo tante vittorie culminate con gli Europei nel 2021, diverse sconfitte da lacrime agli occhi come la mancata qualificazione agli ultimi Mondiali, le sue dimissioni da Ct della Nazionale risuonano nel solleone d’agosto come le gesta d’un capitano che abbandona la nave. Lasciando i sodali in balia delle onde, e facendo avverare la profezia di Maurizio Pistocchi: il giornalista sportivo, sabato in un’intervista alla Verità, aveva ventilato l’ipotesi di una rinuncia imminente del Mancio, blandito, pare, da redditizie sirene arabe. Meno grane, più grano nel portafogli. Il tecnico starebbe valutando un’offerta finanziariamente mostruosa per il ruolo di Ct dell’Arabia, eldorado del nuovo calcio. «Le motivazioni sono personali, ringrazio la Figc», dice il diretto interessato. Nel frattempo in Italia è scoppiato il putiferio, pure nei palazzi della politica. Il fulmine a ciel sereno del suo abbandono coglie tutti impreparati. A cominciare da Gabriele Gravina, gran capo della Figc, con cui in diverse occasioni Mancini ha velatamente polemizzato. Soprattutto nell’ultimo periodo, quando, dopo aver subito la batosta della mancata qualificazione in Qatar, ha deciso di convocare calciatori oriundi pressoché sconosciuti al nostro campionato - Retegui, tanto per citarne uno -, sconsolato dalla penuria tecnica che attanaglia il pallone nostrano. Su questo punto nulla da ridire, l’ormai ex Ct aveva ragione da vendere. Ma sono le tempistiche della sua decisione a lasciare perplessi. C’è chi ipotizza che la nomina nello staff azzurro di Gianluigi Buffon non sia stata da lui particolarmente gradita. Ma la bomba potrebbe essere un’altra: da più parti risuona la voce che Gravina fosse intenzionato a inserire Leonardo Bonucci con qualche ruolo specifico nella compagine tecnica dell’Italia, togliendo le castagne dal fuoco alla Juve. Bonucci è separato in casa con i bianconeri, ha mobilitato avvocati per chiedere il reintegro in rosa, da Torino non ne vorrebbero sapere, Allegri è inamovibile, il difensore trentaseienne deve andarsene. Da lì l’intuizione della Figc: offrire al calciatore juventino una posizione nella Nazionale. Con gran costernazione di Mancini, che avrebbe visto nella mossa una goccia destinata a far traboccare un vaso. Il vaso di Pandora. Ci pensa il ministro dello Sport, Andrea Abodi, a calare il carico: «Ho appreso anch’io la notizia dai media, sono dispiaciuto e perplesso, è una decisione che arriva a sorpresa a Ferragosto, tutto è molto strano. Mi viene da pensare: le nomine dello staff tecnico azzurro annunciate recentemente erano state concordate con Mancini o no?». Il caso diventa politico-istituzionale. Mancini abbandona la nave, ma c’è chi avrebbe contribuito ad alimentare i dubbi sul suo futuro con decisioni non concordate e una strategia poco lungimirante. A inizio mese aveva già levato le tende Chicco Evani, che del Mancio era braccio destro, rimpiazzato da Alberto Bollini. Sebbene da Evani sia arrivata una smentita, c’è chi insiste sullo stesso punto: nemmeno al vice di Mancini sarebbe piaciuta l’ipotesi Bonucci. Poi ci sarebbero le confidenze raccolte da persone vicine all’allenatore: dopo aver condotto l’Italia alla conquista dell’Europeo, avrebbe declinato un’offerta per sedere sulla panchina del Tottenham, in Premier League, pentendosene qualche mese dopo. Nel bullicame di supposizioni e polemiche assortite, si scatena la corsa al successore. Il tempo stringe: a settembre bisogna affrontare Macedonia del Nord e Ucraina nelle qualificazioni per Euro 2024. I nomi accreditati sono quelli di Luciano Spalletti e Antonio Conte. Il primo, dalla battuta sferzante, recente vincitore dello scudetto col Napoli, non sarebbe immune al fascino di un’avventura inedita. Il secondo, grintoso fino all’esasperazione e maniaco del lavoro, ha già compiuto miracoli nel 2016 permettendo a un’Italia tecnicamente miseranda (in attacco c’era Pellè, non certo Bobo Vieri) di fare un figurone agli Europei. Poi ci sarebbero gli outsider: si parla di Daniele De Rossi, Rino Gattuso, Fabio Cannavaro, poco esperti per un compito così gravoso. Non scordando il rischio di qualche furbata di palazzo, come quando venne nominato Gianpiero Ventura con il nefasto effetto domino che ne conseguì. Intanto tutti fremono per ascoltare la verità del fuggitivo Mancini in queste notti di mezza estate. Per lui, cinque anni e tre mesi da Ct, terzo tecnico più longevo dopo Pozzo e Bearzot, 37 vittorie, 15 pareggi e 9 sconfitte, una striscia di 37 vittorie consecutive, un Europeo in carniere, una mancata qualificazione ai Mondiali. E dimissioni repentine come triste commiato.