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2024-05-13
L’islam si prende le piazze d’Europa
Ansa
Sabato 27 aprile circa 1.100 manifestanti hanno manifestato per le strade del quartiere St. Georg di Amburgo in una chiara dimostrazione di potere islamista: hanno chiesto l’istituzione di un Califfato in Germania. Secondo le autorità tedesche l’evento è stato organizzato dal ventiseienne convertito all’islam Joe Adade Boateng, di padre ghanese e madre tedesca, che si fa chiamare Raheem Boateng e anima il gruppo estremista Muslim Interaktiv. Nelle immagini e nei video che sono diventati virali si può vedere una folla di manifestanti islamisti riunirsi lungo la trafficata Steindamm Street, nel cuore della città. I partecipanti tengono in mano cartelli e manifesti con scritte come «Germania = dittatura dei valori», «Kalifat ist die Lösung (Il Califfato è la soluzione)» e «La Palestina ha vinto la guerra dell’informazione». Secondo quanto riportato dai media tedeschi durante la manifestazione la folla ha anche intonato in coro «Allahu Akbar», mentre gli oratori hanno esortato alla creazione di un califfato islamico in Germania.
In uno dei video che è diventato virale si può udire un oratore descrivere il califfato come «un sistema che garantisce sicurezza ma che è odiato e demonizzato in Germania», suscitando l’acclamazione della folla con i cori «Allahu Akbar». Gli islamisti presenti alla manifestazione hanno dichiarato che il motto dell’evento era «Non obbedire ai bugiardi» e gli organizzatori hanno affermato che «l’obiettivo della protesta era contestare le politiche islamofobiche del governo tedesco e le campagne mediatiche che avrebbero diffuso disinformazione sui musulmani in Germania, specialmente durante la copertura della guerra tra Israele e Hamas». Si tratta ovviamente di menzogne veicolate dai circoli islamisti che vengono diffuse non solo in Germania ma anche in Francia e in Inghilterra, solo per citare alcune nazioni. I manifestanti hanno esposto manifesti criticando i media tedeschi come Bild, Welt, Spiegel, Focus e Tagesschau, tutti accusati «di essere sordi, muti e ciechi rispetto alla nostra causa». Un rappresentante di Muslim Interaktiv aveva precedentemente invitato su Instagram a una «manifestazione contro l’incitamento all’odio dell’islam da parte dei media». Non è un fenomeno nuovo in Germania perché queste cose avvengono dal 2012 solo che prima non facevano notizia.
Chi è Raheem Boateng? È un cittadino tedesco convertitosi all’islam nel 2015 e oggi sedicente imam. Secondo quanto riportato da Hamburger Abendblatt, l’uomo sta studiando per diventare insegnante all’Università di Amburgo, ma su Instagram, YouTube, Facebook e TikTok è attivo come una sorta di influencer islamico. Come detto, Boateng è anche membro di Muslim Interaktiv, un’organizzazione ufficialmente designata dal Servizio di sicurezza nazionale (BfV) come «gruppo estremista affermato», ma nonostante questo status il gruppo non è bandito in Germania. Tuttavia, le autorità di sicurezza possono prendere misure contro i membri del gruppo utilizzando tutti gli strumenti di intelligence disponibili, compresa la sorveglianza e le intercettazioni telefoniche. Inoltre, secondo l’Ufficio per la Protezione della Costituzione di Amburgo, Muslim Interaktiv è considerato un’ala ideologica dell’islamista Hizb ut-Tahrir (HuT), che mira a stabilire un califfato e che è stato vietato dal 2003. Secondo i media tedeschi, Muslim Interaktiv mira a radicalizzare in particolare i giovani musulmani in Germania, affrontando i loro problemi percepiti come discriminazione e per farlo presentano una soluzione apparentemente semplice, spingendo i giovani a scegliere o dare la propria priorità tra due identità: quella musulmana e quella tedesca.
Ma cos’è Hizb ut-Tahrir (HuT)? Lo chiediamo all’analista Giovanni Giacalone: «Si tratta di un’organizzazione islamista radicale con sede centrale a Beirut, nata nel 1953 a Gerusalemme Est, che punta a creare un califfato panislamico globale fondato sulla Sharia, dunque con espansione anche nei Paesi non-musulmani. Oggi è presente in oltre 50 Paesi e in Europa la sua roccaforte è in Gran Bretagna, anche se dallo scorso gennaio HuT è stata messa al bando anche lì con le accuse di incitamento al terrorismo e antisemitismo. Hizb ut-Tahrir ha una visione di aperto contrasto all’Occidente fondata sullo scontro tra musulmani e “miscredenti”. Rifiutano il concetto di democrazia, considerata un affronto all’islam e vedono il jihad come aspetto fondamentale della lotta alla miscredenza. È tra l’altro stata messa al bando in molti Paesi musulmani e tutti i Paesi arabi tranne Libano e Yemen, e già questo ne indica il livello di pericolosità. In Europa è infiltrata in maniera capillare, soprattutto in Gran Bretagna e Germania ed è estremamente abile nel conquistare cuori e menti dei giovani musulmani».
A proposito dell’Inghilterra, sono continui i raduni all’aperto delle organizzazioni islamiche con annesse preghiere alle quali partecipano, insieme a migliaia di persone, imam estremisti come il quarantacinquenne Anayetullah Abbasi, cittadino del Bangladesh che parla dei talebani come di «leoni coraggiosi» e che promette: «Lotteremo contro i non musulmani fino al nostro ultimo respiro, finché non raggiungeremo Dio». Lo scorso 8 aprile il governo britannico ha bandito tre importanti gruppi islamici nell’ambito di una campagna anti-estremista annunciata in Parlamento nel marzo scorso. Si tratta dell’Associazione musulmana della Gran Bretagna, definita «l’affiliata britannica dei Fratelli Musulmani», Cage International, e Mend (Muslim Engagement and Development).
Drammatica la situazione anche in Francia, dove il governo prova a contenere il fenomeno espellendo di continuo gli imam estremisti come Mahjoub Mahjoub, imam della moschea Attawba a Bagnols-sur-Cèze, nel Sud del Paese. In un video ampiamente diffuso sui social media, Mahjoubi ha descritto i «tricolori» (termine spesso usato per riferirsi alla bandiera francese) come «satanici e di nessun valore presso Allah».
Le immagini di donne velate e uomini barbuti che chiedono la fine della democrazia e l’adozione del Califfato a casa nostra non può che spaventare, perché oggi sono mille ma domani quanti saranno? Tutto questo tenuto conto del numero di musulmani presenti in Europa e dei continui arrivi da Paesi islamici.
«Slogan che ispirano i lupi solitari»
Sara Kelany, deputata, è responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia
Sabato 27 aprile circa 1.100 manifestanti hanno preso d’assalto le strade di Amburgo in una dimostrazione di potere islamista nella quale hanno chiesto l’istituzione di un Califfato in Germania.
«La pericolosità di organizzazioni di questo tipo è di chiara evidenza, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui le recrudescenze del conflitto in Israele muovono anche in Europa pulsioni antisemite, travestite da antisionismo di facciata. Pertanto, lasciare campo libero a estremisti islamici che inneggiano al jihad è non solo inaccettabile perché contro i valori e i principi fondamentali dell’occidente, ma rappresenta un oggettivo problema di sicurezza nazionale. Questi predicatori di odio, infatti, possono smuovere gli istinti dei cosiddetti lupi solitari, che per spirito emulativo sono portati a commettere gesti folli e sanguinari anche senza l’appoggio strutturato di organizzazioni terroristiche. Dobbiamo dunque tenere alta la guardia. Sotto il profilo della sicurezza interna il nostro governo ha alzato l’allerta, soprattutto a protezione delle sinagoghe e dei luoghi sensibili, ed è sicuramente pronto per rispondere ad ogni eventuale minaccia. Sotto il profilo culturale dobbiamo affermare con nettezza che è inaccettabile dare spazio ad ogni manifestazione in cui si inneggi all’odio e che sponsorizzi il fondamentalismo islamico. L’identità europea sembra essere sotto attacco da parte di chi vorrebbe esportare il modello oscurantista fondamentalista, ma abbiamo gli anticorpi per resistere e non consentiremo che questa deriva possa travolgerci».
Nella recente tornata elettorale almeno 40 candidati musulmani sono stati eletti in Inghilterra dopo aver usato il conflitto israelo-palestinese per la loro campagna. Alla loro proclamazione qualcuno ha gridato: «Alzeremo la voce della Palestina. Allahu Akbar!». La preoccupa tutto questo e pensa che possa accadere un giorno in Italia?
«Non mi preoccupa tanto la fede religiosa degli eletti, quanto il fatto che l’Europa, intesa in senso geografico, troppo spesso in nome di un’ideologia mondialista, cavalcata dalla sinistra, abbia perso consapevolezza di sé, delle proprie radici giudaico cristiane e della propria cultura. Queste radici ci permetto di declinare in maniera naturale il concetto di laicità dello Stato, che è quello che rifiutano i i professionisti del terrore islamista. Essere eletto e gridare “Dio è grande” ne è la dimostrazione. In Italia al momento non è verosimile che si rinunci al nostro complesso di valori, anche perché noi conservatori lo tuteliamo. Ad esempio, non ci facciamo specie se ci tacciano di islamofobia o di razzismo se prendiamo provvedimenti contro le moschee abusive, o contro le violenze commesse su donne musulmane costrette al velo o a matrimoni combinati».
L’antisemitismo sta registrando un boom globale, con l’Italia che non fa eccezione con gli atti antisemiti che sono passati da 241 nel 2022 a 454 nel 2023. Questo emerge dal rapporto del 2023 dell’Anti Defamation League. Come si può fermare questo fenomeno e cosa può fare il governo italiano?
«Gli episodi di antisemitismo sono spesso mascherati all’origine da antisionismo, quando invece Israele è l’unica vera democrazia in Medio Oriente. Dobbiamo insistere su un punto: noi come custodi dei valori occidentali non possiamo non riconoscere che chi brucia le bandiere di Israele per strada sta attaccando al cuore ogni ebreo che lì ha trovato casa. Indipendentemente da ogni altra posizione politica. La sinistra non rende un buon servizio alla causa, perché strumentalizza ogni cosa a fini politici, per tacciare la destra di islamofobia, quando invece il tema oggi è solo proteggere i più fragili. Cosa possiamo fare? Proteggere le comunità ebraiche sul territorio, così come stiamo facendo, e non tentennare di fronte a sparute minoranze del multiforme universo della sinistra che pensano di potersi imporre con la violenza nelle università, nei luoghi della cultura e nella società. La lotta all’antisemitismo è una battaglia innanzitutto di tipo culturale».
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Ad Amburgo oltre 1.000 giovani hanno chiesto l’instaurazione del Califfato. È solo l’ultimo caso: da Londra a Parigi, sempre più cortei contestano la democrazia.La responsabile migranti di Fdi: «Gli estremisti possono spingere ad atti terroristici La difesa della laicità è legata alle radici giudaico cristiane, la sinistra non lo capisce»Lo speciale contiene due articoliSabato 27 aprile circa 1.100 manifestanti hanno manifestato per le strade del quartiere St. Georg di Amburgo in una chiara dimostrazione di potere islamista: hanno chiesto l’istituzione di un Califfato in Germania. Secondo le autorità tedesche l’evento è stato organizzato dal ventiseienne convertito all’islam Joe Adade Boateng, di padre ghanese e madre tedesca, che si fa chiamare Raheem Boateng e anima il gruppo estremista Muslim Interaktiv. Nelle immagini e nei video che sono diventati virali si può vedere una folla di manifestanti islamisti riunirsi lungo la trafficata Steindamm Street, nel cuore della città. I partecipanti tengono in mano cartelli e manifesti con scritte come «Germania = dittatura dei valori», «Kalifat ist die Lösung (Il Califfato è la soluzione)» e «La Palestina ha vinto la guerra dell’informazione». Secondo quanto riportato dai media tedeschi durante la manifestazione la folla ha anche intonato in coro «Allahu Akbar», mentre gli oratori hanno esortato alla creazione di un califfato islamico in Germania. In uno dei video che è diventato virale si può udire un oratore descrivere il califfato come «un sistema che garantisce sicurezza ma che è odiato e demonizzato in Germania», suscitando l’acclamazione della folla con i cori «Allahu Akbar». Gli islamisti presenti alla manifestazione hanno dichiarato che il motto dell’evento era «Non obbedire ai bugiardi» e gli organizzatori hanno affermato che «l’obiettivo della protesta era contestare le politiche islamofobiche del governo tedesco e le campagne mediatiche che avrebbero diffuso disinformazione sui musulmani in Germania, specialmente durante la copertura della guerra tra Israele e Hamas». Si tratta ovviamente di menzogne veicolate dai circoli islamisti che vengono diffuse non solo in Germania ma anche in Francia e in Inghilterra, solo per citare alcune nazioni. I manifestanti hanno esposto manifesti criticando i media tedeschi come Bild, Welt, Spiegel, Focus e Tagesschau, tutti accusati «di essere sordi, muti e ciechi rispetto alla nostra causa». Un rappresentante di Muslim Interaktiv aveva precedentemente invitato su Instagram a una «manifestazione contro l’incitamento all’odio dell’islam da parte dei media». Non è un fenomeno nuovo in Germania perché queste cose avvengono dal 2012 solo che prima non facevano notizia. Chi è Raheem Boateng? È un cittadino tedesco convertitosi all’islam nel 2015 e oggi sedicente imam. Secondo quanto riportato da Hamburger Abendblatt, l’uomo sta studiando per diventare insegnante all’Università di Amburgo, ma su Instagram, YouTube, Facebook e TikTok è attivo come una sorta di influencer islamico. Come detto, Boateng è anche membro di Muslim Interaktiv, un’organizzazione ufficialmente designata dal Servizio di sicurezza nazionale (BfV) come «gruppo estremista affermato», ma nonostante questo status il gruppo non è bandito in Germania. Tuttavia, le autorità di sicurezza possono prendere misure contro i membri del gruppo utilizzando tutti gli strumenti di intelligence disponibili, compresa la sorveglianza e le intercettazioni telefoniche. Inoltre, secondo l’Ufficio per la Protezione della Costituzione di Amburgo, Muslim Interaktiv è considerato un’ala ideologica dell’islamista Hizb ut-Tahrir (HuT), che mira a stabilire un califfato e che è stato vietato dal 2003. Secondo i media tedeschi, Muslim Interaktiv mira a radicalizzare in particolare i giovani musulmani in Germania, affrontando i loro problemi percepiti come discriminazione e per farlo presentano una soluzione apparentemente semplice, spingendo i giovani a scegliere o dare la propria priorità tra due identità: quella musulmana e quella tedesca. Ma cos’è Hizb ut-Tahrir (HuT)? Lo chiediamo all’analista Giovanni Giacalone: «Si tratta di un’organizzazione islamista radicale con sede centrale a Beirut, nata nel 1953 a Gerusalemme Est, che punta a creare un califfato panislamico globale fondato sulla Sharia, dunque con espansione anche nei Paesi non-musulmani. Oggi è presente in oltre 50 Paesi e in Europa la sua roccaforte è in Gran Bretagna, anche se dallo scorso gennaio HuT è stata messa al bando anche lì con le accuse di incitamento al terrorismo e antisemitismo. Hizb ut-Tahrir ha una visione di aperto contrasto all’Occidente fondata sullo scontro tra musulmani e “miscredenti”. Rifiutano il concetto di democrazia, considerata un affronto all’islam e vedono il jihad come aspetto fondamentale della lotta alla miscredenza. È tra l’altro stata messa al bando in molti Paesi musulmani e tutti i Paesi arabi tranne Libano e Yemen, e già questo ne indica il livello di pericolosità. In Europa è infiltrata in maniera capillare, soprattutto in Gran Bretagna e Germania ed è estremamente abile nel conquistare cuori e menti dei giovani musulmani». A proposito dell’Inghilterra, sono continui i raduni all’aperto delle organizzazioni islamiche con annesse preghiere alle quali partecipano, insieme a migliaia di persone, imam estremisti come il quarantacinquenne Anayetullah Abbasi, cittadino del Bangladesh che parla dei talebani come di «leoni coraggiosi» e che promette: «Lotteremo contro i non musulmani fino al nostro ultimo respiro, finché non raggiungeremo Dio». Lo scorso 8 aprile il governo britannico ha bandito tre importanti gruppi islamici nell’ambito di una campagna anti-estremista annunciata in Parlamento nel marzo scorso. Si tratta dell’Associazione musulmana della Gran Bretagna, definita «l’affiliata britannica dei Fratelli Musulmani», Cage International, e Mend (Muslim Engagement and Development). Drammatica la situazione anche in Francia, dove il governo prova a contenere il fenomeno espellendo di continuo gli imam estremisti come Mahjoub Mahjoub, imam della moschea Attawba a Bagnols-sur-Cèze, nel Sud del Paese. In un video ampiamente diffuso sui social media, Mahjoubi ha descritto i «tricolori» (termine spesso usato per riferirsi alla bandiera francese) come «satanici e di nessun valore presso Allah». Le immagini di donne velate e uomini barbuti che chiedono la fine della democrazia e l’adozione del Califfato a casa nostra non può che spaventare, perché oggi sono mille ma domani quanti saranno? Tutto questo tenuto conto del numero di musulmani presenti in Europa e dei continui arrivi da Paesi islamici.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lislam-si-prende-le-piazze-deuropa-2668239853.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="slogan-che-ispirano-i-lupi-solitari" data-post-id="2668239853" data-published-at="1715510858" data-use-pagination="False"> «Slogan che ispirano i lupi solitari» Sara Kelany, deputata, è responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia Sabato 27 aprile circa 1.100 manifestanti hanno preso d’assalto le strade di Amburgo in una dimostrazione di potere islamista nella quale hanno chiesto l’istituzione di un Califfato in Germania. «La pericolosità di organizzazioni di questo tipo è di chiara evidenza, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui le recrudescenze del conflitto in Israele muovono anche in Europa pulsioni antisemite, travestite da antisionismo di facciata. Pertanto, lasciare campo libero a estremisti islamici che inneggiano al jihad è non solo inaccettabile perché contro i valori e i principi fondamentali dell’occidente, ma rappresenta un oggettivo problema di sicurezza nazionale. Questi predicatori di odio, infatti, possono smuovere gli istinti dei cosiddetti lupi solitari, che per spirito emulativo sono portati a commettere gesti folli e sanguinari anche senza l’appoggio strutturato di organizzazioni terroristiche. Dobbiamo dunque tenere alta la guardia. Sotto il profilo della sicurezza interna il nostro governo ha alzato l’allerta, soprattutto a protezione delle sinagoghe e dei luoghi sensibili, ed è sicuramente pronto per rispondere ad ogni eventuale minaccia. Sotto il profilo culturale dobbiamo affermare con nettezza che è inaccettabile dare spazio ad ogni manifestazione in cui si inneggi all’odio e che sponsorizzi il fondamentalismo islamico. L’identità europea sembra essere sotto attacco da parte di chi vorrebbe esportare il modello oscurantista fondamentalista, ma abbiamo gli anticorpi per resistere e non consentiremo che questa deriva possa travolgerci». Nella recente tornata elettorale almeno 40 candidati musulmani sono stati eletti in Inghilterra dopo aver usato il conflitto israelo-palestinese per la loro campagna. Alla loro proclamazione qualcuno ha gridato: «Alzeremo la voce della Palestina. Allahu Akbar!». La preoccupa tutto questo e pensa che possa accadere un giorno in Italia? «Non mi preoccupa tanto la fede religiosa degli eletti, quanto il fatto che l’Europa, intesa in senso geografico, troppo spesso in nome di un’ideologia mondialista, cavalcata dalla sinistra, abbia perso consapevolezza di sé, delle proprie radici giudaico cristiane e della propria cultura. Queste radici ci permetto di declinare in maniera naturale il concetto di laicità dello Stato, che è quello che rifiutano i i professionisti del terrore islamista. Essere eletto e gridare “Dio è grande” ne è la dimostrazione. In Italia al momento non è verosimile che si rinunci al nostro complesso di valori, anche perché noi conservatori lo tuteliamo. Ad esempio, non ci facciamo specie se ci tacciano di islamofobia o di razzismo se prendiamo provvedimenti contro le moschee abusive, o contro le violenze commesse su donne musulmane costrette al velo o a matrimoni combinati». L’antisemitismo sta registrando un boom globale, con l’Italia che non fa eccezione con gli atti antisemiti che sono passati da 241 nel 2022 a 454 nel 2023. Questo emerge dal rapporto del 2023 dell’Anti Defamation League. Come si può fermare questo fenomeno e cosa può fare il governo italiano? «Gli episodi di antisemitismo sono spesso mascherati all’origine da antisionismo, quando invece Israele è l’unica vera democrazia in Medio Oriente. Dobbiamo insistere su un punto: noi come custodi dei valori occidentali non possiamo non riconoscere che chi brucia le bandiere di Israele per strada sta attaccando al cuore ogni ebreo che lì ha trovato casa. Indipendentemente da ogni altra posizione politica. La sinistra non rende un buon servizio alla causa, perché strumentalizza ogni cosa a fini politici, per tacciare la destra di islamofobia, quando invece il tema oggi è solo proteggere i più fragili. Cosa possiamo fare? Proteggere le comunità ebraiche sul territorio, così come stiamo facendo, e non tentennare di fronte a sparute minoranze del multiforme universo della sinistra che pensano di potersi imporre con la violenza nelle università, nei luoghi della cultura e nella società. La lotta all’antisemitismo è una battaglia innanzitutto di tipo culturale».
Negli anni Venti la radioattività diventò una moda. Sulla scia delle scoperte di Röntgen e dei coniugi Pierre e Marie Curie alla fine dell’Ottocento, l’utilizzo di elementi come il radio e il torio superò i confini della fisica e della radiodiagnostica per approdare nel mondo del commercio. Le sostanze radioattive furono esaltate per le presunte (e molto pubblicizzate) proprietà benefiche. I produttori di beni di consumo di tutto il mondo cavalcarono l’onda, utilizzandole liberamente per la realizzazione di cosmetici, integratori, oggetti di arredo e abbigliamento. La spinta verso la diffusione di prodotti a base di elementi radioattivi fu suggerita dalla scienza, ancora inconsapevole delle gravi conseguenze sulla salute riguardo al contatto di quelle sostanze sull’organismo umano. Iniziata soprattutto negli Stati Uniti, la moda investì presto anche l’Europa. Il caso più famoso è quello di un integratore venduto liberamente, il Radithor. Brevettato nel 1925 da William Bailey, consisteva in una bevanda integratore in boccetta la cui formula prevedeva acqua distillata con aggiunta di un microcurie di radio 226 e di radio 228. A seguito di un grande battage pubblicitario, la bevanda curativa ebbe larga diffusione. Per 5 anni fu disponibile sul mercato, fino allo scandalo nato dalla morte per avvelenamento da radio del famoso golfista Eben Byers, che in seguito ad un infortunio assunse tre boccette al giorno di Radithor che inizialmente sembravano rinvigorirlo. Grande scalpore fece poi il caso delle «Radium girls», le operaie del New Jersey che dipingevano a mano i quadranti di orologi e strumenti con vernice radioluminescente. Istruite ad inumidire i pennelli con la bocca, subirono grave avvelenamento da radio che generò tumori ossei incurabili. Prima di soccombere alla malattia le donne furono protagoniste di una class action molto seguita dai media, che aprì gli occhi all'opinione pubblica sui danni della radioattività sul corpo umano. A partire dalla metà degli anni ’30 la Fda vietò definitivamente la commercializzazione delle bevande radioattive. Nel frattempo però, la mania della radioattività benefica si era diffusa ovunque. Radio e torio erano presenti in creme di bellezza, dentifrici, dolciumi. Addirittura nell’abbigliamento, come pubblicizzava un marchio francese, che presentò in catalogo sottovesti invernali con tessuti radioattivati. Anche l’Italia mise in commercio prodotti con elementi radioattivi. La ditta torinese di saponi e creme Fratelli De Bernardi presentò nel 1923 la saponetta «Radia», arricchita con particelle di radio. Nello stesso periodo fu messa in commercio la «Fiala Pagliani», simile al Radithor, brevettata dal medico torinese Luigi Pagliani. Arricchita con Radon-222, la fiala detta «radioemanogena» era usata come una vera e propria panacea.
Fu la guerra, più che altri fattori, a generare il declino definitivo dei prodotti radioattivati. Le bombe atomiche del 1945 con le loro drammatiche conseguenze a lungo termine e la continua minaccia di guerra nucleare dei decenni seguenti, fecero comprendere ai consumatori la pericolosità delle radiazioni non controllate, escludendo quelle per scopi clinici. A partire dagli anni Sessanta sparirono praticamente tutti i prodotti a base di elementi radioattivi, vietati nello stesso periodo dalle leggi. Non si è a conoscenza del numero esatto di vittime dovuto all’uso di alimenti o oggetti, in quanto durante gli anni della loro massima diffusione non furono da subito identificati quali causa dei decessi.
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