2019-12-10
L’Iran lascia andare Stramaccioni. Ma i suoi assistenti restano ostaggi
L'allenatore dell'Esteghlal rescinde il contratto, parte con un jet e i tifosi protestano in piazza. Requisiti i documenti ai suoi vice.Viale Mazzini aveva cestinato il servizio. In serata è stato reso disponibile solo sul Web.Lo speciale contiene due articoli Represse, e non sappiamo con quanti morti e feriti, le proteste scoppiate a novembre contro l'aumento del costo del carburante, il regime iraniano ieri ha dovuto fare i conti con nuove contestazioni. Questa volta oggetto del contendere tra cittadini e Stato sono le dimissioni dell'ex allenatore dell'Inter Andrea Stramaccioni dall'Esteghlal, squadra in vetta alla classifica della massima serie calcistica dell'Iran che ieri, alla prima senza «Strama» in panchina, ha pareggiato 2-2 in casa del Paykan (mantenendo tuttavia la vetta). Il caso va ben oltre il piano sportivo. Come si sa, l'Iran è un regime - teocratico - ove pubblico e privato spesso coincidono: il calcio non fa eccezione, tanto che la questione è diventata diplomatica. Al centro c'è il ministro dello Sport, Masoud Soltanifar, titolare del dicastero proprietario del club allenato da Stramaccioni il quale, dopo un avvio di stagione difficile (e insoddisfazione per il deludente calciomercato, fatta trapelare in Italia), è riuscito con 9 vittorie nelle ultime 10 partite a portare la squadra al vertice. Sotto la sede del ministero dello Sport ieri si sono ritrovati i tifosi della capolista, tutti schierati con l'ex tecnico dell'Inter, per manifestare contro le dimissioni del mister. Stramaccioni, infatti, aveva deciso domenica di risolvere unilateralmente il contratto accusando la società di non pagare lo stipendio a lui e ai membri del suo staff da alcuni mesi.Qui entrano in campo il ministro Soltanifar e il Persepolis, altra società calcistica di cui il dicastero dello Sport è proprietario. Secondo i contestatori in piazza, il ministro è tifoso del Persepolis, club più scudettato del Paese - una sorta di Juve iraniana - nonché arcirivale dell'Esteghlal. Dopo che centinaia di fan di «Strama» sono scesi in strada a Teheran protestando davanti alla sede del ministero dello Sport e facendo irruzione nella sede del club, Soltanifar ha chiesto al viceministro degli Esteri, Abbas Araqchi, di parlare con l'ambasciatore italiano in Iran, Giuseppe Perrone, per perorare la causa del ritorno in panchina di Stramaccioni, il quale ieri è giunto a Roma (prima con un volo privato Teheran-Istanbul, poi su uno di linea fino a Roma). Assieme a lui, il suo collaboratore Sebastian Leto. Il resto dello staff di Stramaccioni rimane in Iran e non è stato ancora autorizzato a lasciare il Paese. Si tratta di due cittadini italiani - Marco Caser e Omar Danesi - su cui si rischia di giocare una complessa partita diplomatica tra Roma e Teheran.Le difficoltà iraniane dell'ex allenatore interista sono state molteplici: dalla mancanza di un interprete in panchina (sottolineata in una conferenza stampa rabbiosa, simile nei toni a quelle di Giovanni Trapattoni al Bayern Monaco e Alberto Malesani al Panathinaikos, ma tenuta in un contesto ben differente), fino all'impossibilità di tornare in patria a fine agosto per il mancato rinnovo di un visto scaduto da tempo. Ma a Sky Sport l'allenatore ha dichiarato che, nonostante le complicazioni, considera quella iraniana «un'esperienza comunque positiva, un'avventura diversa nella mia carriera. Dispiace», ha aggiunto, che in seguito a questa decisione ci siano state ripercussioni che hanno avuto anche un risvolto politico». E ancora: «Giocare in stadi con 100.000 persone e fare la Champions League asiatica anche per un allenatore italiano è un grande onore».A seguito dei tumulti il presidente del club, Amir Hossein Fathi, e tutto il suo staff sono stati costretti a dimettersi. Però hanno lasciato una porta aperta al mister, dichiarando in una nota che il mancato pagamento degli stipendi è dovuto a problemi di natura burocratica. Per questo il club conta di incontrare Stramaccioni nella speranza di arrivare a un accordo. È lo stesso tecnico ex Inter a dirsi disponibile. Ieri a Sky Sport - durante lo scalo in Turchia - ha spiegato che «se la situazione si sanasse dal punto di vista legale», sarebbe «pronto a tornare anche domani alla guida dell'Esteghlal».Il mister e il suo staff, come detto, hanno spiegato di aver optato per la risoluzione del contratto a causa dei mancati pagamenti. Tuttavia, nell'intervista l'allenatore ha citato le sanzioni internazionali sul regime degli ayatollah, spigando che il primato in classifica è «arrivato dopo una partenza difficile in cui incide anche la situazione dell'Iran con le sanzioni che non permettono alla nazione di esprimersi al 100%». Pare difatti che il club - a partecipazione come detto statale - avrebbe aggirato alcune sanzioni internazionali contro lo Stato iraniano. Perfino l'agenzia di stampa semiufficiale Mehr ha ricordato le difficoltà a effettuare transazioni bancarie tra l'Iran e l'estero a causa di tali restrizioni. Il comportamento della società ha attirato l'attenzione dell'Afc (l'equivalente asiatico della Uefa). E poiché, secondo il regolamento del massimo organismo calcistico continentale, i dipendenti non possono lavorare se il pagamento degli stipendi è irregolare, il ritorno di Stramaccioni sulla panchina dell'Esteghlal appare sempre più lontano. Con buona pace dei tifosi scesi in piazza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/liran-lascia-andare-stramaccioni-ma-i-suoi-assistenti-restano-ostaggi-2641556271.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-siria-umilia-la-rai-e-manda-in-onda-lintervista-censurata-ad-assad" data-post-id="2641556271" data-published-at="1757879299" data-use-pagination="False"> La Siria umilia la Rai e manda in onda l’intervista censurata ad Assad Ansa Accuse a Barack Obama, alla Francia e all'Europa in genere per la guerra in Siria, ferma negazione dell'uso di gas nei bombardamenti nel suo Paese e annuncio di ingenti disponibilità finanziarie da parte di tanti siriani «in giro per il mondo» pronti a «investire nella ricostruzione». Questi i passaggi dell'intervista al presidente siriano Bashar al Assad realizzata dall'ex presidente della Rai, Monica Maggioni, andata in onda ieri sera alle 21 - ora di Damasco, le 20 italiane - sui canali governativi locali in versione completa. Già nei giorni scorsi sull'account Twitter della presidenza della Siria era passato il trailer (34.500 visualizzazioni) oltre alla foto della Maggioni seduta davanti ad Assad. La didascalia era un ultimatum in risposta alla mancata messa in onda del servizio da parte della nostra tv di Stato: basta rinvii «per motivi incomprensibili». Nessuna testata Rai, infatti, ha trasmesso l'intervista realizzata lo scorso 26 novembre a Damasco al capo di Stato alawita. La trasmissione era prevista e concordata - almeno secondo il governo siriano - il 2 dicembre. Ma è rimasta nel cassetto perché - apparentemente - la Maggioni l'avrebbe realizzata senza che nessuno l'avesse commissionata. A chiudere il dialogo tra il dittatore e l'ex inviata di punta del Tg1 ci sarebbe anche un messaggio all'Europa. Alla domanda: «Chi ricostruirà la Siria? Ci vorranno tanti soldi», Assad risponde: «I soldi ci sono, sia nel Paese che in giro per il mondo grazie ai tanti siriani disposti ad investire per la ricostruzione». E, forse riferendosi alle misure restrittive dell'Ue nei confronti del regime, aggiunge che se si risolvesse il problema dei blocchi burocratici, la Siria potrebbe aprire le frontiere. Un chiaro messaggio, visto che la messa in onda era concordata con la presidenza siriana per il 2 dicembre, vigilia dell'apertura della conferenza «Rome Med 2019-Mediterranean Dialogues», in programma il 6 e 7 dicembre. Per la verità sembrerebbe che, seppur non concordata con nessuna rete, l'intervista sia finita non solo sul tavolo di Antonio Di Bella - direttore di Rai News 24 - ma anche del Tg1 di Carboni e di Rai3 (con l'interessamento di Lucia Annunziata per la trasmissione Mezz'ora in più). Di Bella però aveva deciso di usarla per uno speciale da mandare lunedì scorso nel corso di Checkpoint, poi cancellato. C'era stata infatti la presa di posizione del sindacato Usigrai, secondo cui è «inaccettabile mandare in onda un'intervista non concordata preventivamente con alcuna testata, e realizzata dall'amministratore delegato di Rai Com (attuale incarico della Maggioni in azienda, ndr) che non ha alcun ruolo all'interno delle redazioni della tv di Stato». L'ad della Rai, Fabrizio Salini, ha preferito bloccare tutto perché «l'intervista non è stata effettuata su commissione di alcuna testata Rai. Pertanto non poteva venire concordata a priori una data di messa in onda». Solo in serata, tardivamente, il documento è stato inserito sulla piattaforma online Rai Play, dove può essere visionato in streaming. Quello che sembrava un caso sindacale si è trasformato in caso diplomatico: la Siria ha avuto campo aperto per parlare di «ulteriore esempio dei tentativi occidentali di nascondere la verità sulla situazione». Particolarmente irritato è Marcello Foa, presidente della Rai con delega alle relazioni internazionali, per non essere stato informato dell'intervista né dei successivi sviluppi né delle decisioni assunte in azienda a riguardo: «Salini ci spiegherà cosa è successo». Le spiegazioni arriveranno oggi sin consiglio d'amministrazione. È una grana anche per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi aveva annunciato: «Per l'Italia è tempo di dialogare con Damasco».
Jose Mourinho (Getty Images)