2019-04-18
Il Bullo usa il rogo di Parigi per il suo spot elettorale contro i partiti sovranisti
Nicola Renzi, l'ex prodiano Sandro Gozi, San Marino, la Bce e la Russia. L'indagine che coinvolge il candidato macroniano diventa un giallo dai confini inquietanti.Intanto sul «Foglio», l'ex premier si lancia in un'accorata difesa dell'identità cristiana e dell'umanesimo. Ma la retorica serve solo ad abbellire la propaganda pro Ue.Lo speciale contiene due articoliIl governo di Renzi ha deciso di scaricare l'ex sottosegretario Sandro Gozi. Peccato che il Renzi in questione non sia Matteo, ma il Segretario agli Esteri e alla Giustizia del congresso (in pratica il governo) di San Marino. Ad accendere la miccia di quello che è diventato ormai un caso internazionale è stata La Verità con un pezzo dedicato alla difesa di Catia Tomasetti (presidente della Banca Centrale di San Marino), indagata con Gozi per «amministrazione infedele», avendo stipulato con lui una consulenza da 220.000 euro (compresi eventuali premi) considerata dal commissario della legge Alberto Buriani «fittizia» oltre che viziata da un presunto rapporto di amicizia tra i due.Questo è quanto abbiamo riportato: «Nei mesi scorsi il segretario agli Esteri Nicola Renzi avrebbe chiesto un aiuto all'ambasciatrice di Malta in Italia, Vanessa Frazier, per individuare il negoziatore giusto per trattare con l'Ue, e la Frazier gli avrebbe consigliato il nome di Gozi, a suo dire perfetto per il ruolo, soprattutto dopo la mancata rielezione in Parlamento».Interpellato dalla Verità, Renzi aveva glissato: «Non confermo e non smentisco». Salvo ripensarci, alla lettura del nostro articolo di ieri, e rilasciare una mitragliata di comunicati che hanno scatenato reazioni a catena da parte degli altri protagonisti in una guerra di tutti contro tutti. Con l'unico risultato di essere travolto dalle smentite. «La consulenza che Sandro Gozi ha avuto dalla Repubblica di San Marino è stata data da Bcsm», ha spiegato Renzi, «tant'è che c'erano stati dei contatti per una collaborazione diretta tra Gozi e il Governo di San Marino» che però - giura - «non si sono concretizzati». Dopo qualche ora, sul sito del Giornale di San Marino, Renzi ha rincarato la dose. E, nella fretta di smentire collegamenti con gli indagati, ha sconfessato pure sé stesso arrivando a sbagliare addirittura il nome della sua ambasciatrice, diventata Freiser in luogo di Frazier.«In merito all'articolo della Verità su Gozi, che voi avete ripreso, le dichiaro, dopo un confronto sia con l'ambasciatore Freiser (sic, ndr) che con l'ambasciatore Albertini, che le cose non stanno così (…) non sono stato io a cercare il dott. Gozi». «Io non c'entro nulla con la consulenza datagli da Banca Centrale». Annunciando, comunque, di voler essere «sentito in tribunale dal Commissario della Legge Buriani», titolare del fascicolo.Puntuale, però, è arrivata la smentita dell'ambasciatore Frazier, che ha spiegato di aver proposto Gozi «senza interessi personali» e di aver procurato il contatto «perché me lo hanno chiesto loro». Ovvero, Renzi. Addirittura, «l'anno prima avevo suggerito altri due nomi» non presi in considerazione. A sentir lei, l'interessamento di Renzi per il politico italiano c'era tutto. «Gozi nel negoziato stava aiutando tutto il sistema Paese». Qualcuno vuole affossarlo? «Così ho letto su Dagospia. Ho avuto l'impressione che c'è chi è abituato a togliere di mezzo chi non è conveniente». Il riferimento è a uno scenario pubblicato dal sito di Roberto D'Agostino in cui si collega la recente visita del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov a San Marino alle manovre di chi, nel piccolo Stato del Titano, pur di non sottostare alla tagliola dell'Ue sui paradisi fiscali e l'antiriciclaggio, vorrebbe proseguire con la libertà finanziaria sotto la la protezione di Mosca.E Gozi? Conferma di aver incontrato Renzi e di aver trattato con lui i termini del possibile incarico di Governo. All'arrivo della Tomasetti al vertice dell'istituto, però, la sua consulenza fu spostata «direttamente su Banca Centrale» in quando «credo che il Governo non volesse sobbarcarsi i costi di un negoziatore su materie tipiche» di Bcsm. E aggiunge: «Con il segretario Renzi ho fatto diverse riunioni sia a San Marino che missioni a Bruxelles».Partito inseguitore e diventato lepre, Renzi, contraddetto due volte, l'ha buttata sul patriottismo: «Sono preoccupato da alcune letture su questa vicenda che cercano di mettere in contrasto lo Stato contro Bcsm. Credo che in una fase come questa dobbiamo difendere innanzitutto lo stato di San Marino. Quando sento attacchi sulla mancata trasparenza, o contro il Tribunale e/o Bcsm credo che tutti quanti dovremmo fare squadra per rispondere a questi dipinti caricaturali che dall'esterno fanno del nostro paese. I piccoli litigi nel nostro paese se amplificati fanno male soprattutto al nostro Paese». Un intreccio di dichiarazioni che assomiglia a un gioco di specchi, e che però non affronta il tema centrale dell'inchiesta: Gozi è stato pagato per aver realmente lavorato? Di questo, chissà perché, nessuno vuol parlare.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lintrigo-internazionale-del-titano-2634907587.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-ex-premier-fa-il-ratzingeriano-e-tira-fuori-persino-la-questione-delle-radici-culturali-dell-europa" data-post-id="2634907587" data-published-at="1760751143" data-use-pagination="False"> L'ex premier fa il ratzingeriano e tira fuori persino la questione delle radici culturali dell'Europa Dopo la «Waterloo dei nazionalismi» di Repubblica e la miriade di omelie giornalistiche su Notre Dame come trionfo dell'europeismo, non poteva mancare l'intervento di Matteo Renzi. Ieri, sul Foglio, il senatore semplice ha mescolato un po' di Joseph Ratzinger, un po' di Enrico Letta e un po' di retorica da redattore unico. Servendosi di un accorato appello a «ricostruire il cristianesimo in Francia», per arrivare al punto che davvero gli interessava: tenere in piedi l'Unione degli eurocrati. Un edificio più recente delle cattedrali medievali, ma già pericolante. E che, anziché essere divorato da un incendio, rischia di rovinare per autocombustione. Nel suo fondo, in verità, l'ex premier sfoggia alcune intuizioni interessanti. Parla della costruzione delle cattedrali, vestigia di un tempo che ha plasmato la nostra civiltà, come del «momento in cui un insieme sgangherato di donne e uomini diventa popolo». L'ex Rottamatore ora veste i panni del costruttore. Di edilizia, come testimoniano i suoi ottimi affari immobiliari, ormai un po' se ne intende. Peccato si perda nell'inutile predica sulla minaccia dei sovranismi. Lì si capisce che la tirata sulla «gente» che si trasforma in «comunità» serviva a infiocchettare l'apologia di un'altra «comunità»: quella europea. Peraltro, nella disquisizione sulla costruzione delle cattedrali, Renzi riprende alla lettera un libro di dieci anni fa del suo arcinemico Letta, Costruire una cattedrale. Perché l'Italia deve tornare a pensare in grande. Si vede che il povero Enrico non può mai stare sereno: dopo avergli soffiato la poltrona, Renzi gli soffia pure le trovate letterarie. L'ex premier fa il ratzingeriano e tira fuori persino la questione delle radici culturali dell'Europa. Ci ricorda che «noi siamo i valori che difendiamo, la cultura che esprimiamo, la bellezza che ammiriamo». Ha sostenuto il partito dei tecnocrati, però ci spiega che «noi cittadini del XXI secolo» non siamo solo «cibo per algoritmi». E cita Giovanna d'Arco, Jacques Maritain, il curato d'Ars, Charles Péguy, il cantiere di Santa Maria del Fiore a Firenze e i boy scout. Curiosa, certo, l'ambizione del senatore semplice di restaurare il cristianesimo. Lui tifa per Emmanuel Macron, il campione di un nichilismo che, il cristianesimo, l'ha lasciato in balia di laicisti e musulmani radicali. Notre Dame, difatti, non è la prima chiesa francese che va in cenere: poche settimane fa c'era stato il rogo doloso di Saint Sulpice. Nel solo 2018, si sono contati quasi mille atti di vandalismo a danno degli edifici di culto cattolici. E poi, proprio Renzi viene a farci la catechesi sulla difesa del cristianesimo, dopo che ha sponsorizzato le leggi sulle unioni civili e sul biotestamento? Dopo quell'infelice sparata, «ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo»? Proprio lui confeziona l'encomio del Medioevo, dopo che il Pd, prima, durante e dopo il Congresso delle famiglie di Verona, ha usato «medievale» come un insulto? A leggere il commento del senatore semplice si viene colti dal sospetto che tutta la magniloquenza, tutto l'ardore identitario che non stonerebbe in un discorso di Benedetto XVI, siano la premessa di un sillogismo sgangherato. Ovvero, che Notre Dame sia la prova che i sovranisti si sbagliano e gli europeisti hanno ragione. In scia con la linea editoriale dei giornaloni. Per Renzi, addirittura, la ricostruzione di Notre Dame deve diventare il «simbolo di un popolo europeo che non si accontenti di essere solo gente, che non si faccia terrorizzare dagli estremisti e dai sovranisti». In sostanza: alle europee, non votate Lega. Ve lo chiedono il Gobbo, i gargoyle e forse anche la corona di spine di Cristo. Eppure, se il rogo di Notre Dame dimostra qualcosa, è che il «popolo europeo» può esistere solo se rimane sovrano. Solo se conserva le specificità di ogni comunità nazionale, perché sono quelle singolarità a essere permeate di spirito europeo. È questa l'Europa per cui stiamo piangendo: l'Europa, appunto, delle Giovanna d'Arco, dei San Tommaso, delle Notre Dame e delle Santa Maria del Fiore. Quell'Europa si fonda su guglie, cupole e navate. Quella che ci stanno vendendo sulla scia della commozione, invece, si fonda sul vincolo esterno, sui rimbrotti di Pierre Moscovici, sulle sciatiche alcoliche di Jean Claude Juncker, sul bail in a Cipro, sugli sbancati in Italia e sulla Grecia ridotta al supermarket di Germania e Cina. Questa Europa qua, di Notre Dame, come del Colosseo o di Pompei o del Partenone, tendenzialmente se ne frega. Il suo leader per eccellenza, Macron, è uno che soffia sul fuoco in Medio Oriente e poi chiude le frontiere. È uno che s'inventa la tassa sui carburanti per far pagare il cambiamento climatico alla Francia rurale, ma poi va con il cerino in mano a chiedere i soldi per il restauro di Notre Dame con la «sottoscrizione internazionale». In questa Europa è andato distrutto un monumento che era sopravvissuto alla furia dei giacobini. E allora, caro Rottamatore, quali cattedrali potremo mai costruire? Alessandro Rico
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.