2019-05-24
L’intoccabile che vuole cambiare l’Europa
Viktor Orban ha teorizzato la «democrazia illiberale», che si regge sul voto popolare e il filo diretto tra gente e leader. In Ungheria ha stravinto tre elezioni, ha risanato l'economia e perfino la Chiesa locale lo spalleggia sull'immigrazione. Ma è antipatico alle élite di Bruxelles.L'antipatia che l'illiberale premier ungherese, Viktor Orban, suscita nei benpensanti Ue è palpabile. Anche con l'Italia, Paese bonaccione, mai uno scambio di visite ufficiali. Sergio Mattarella non lo vuole, papa Francesco lo ignora. L'unico a cui Orban piaccia è il sovranista Matteo Salvini. Ma pure loro si incontrano alla chetichella. Nel 2018 fu l'ungherese a venire a Milano, quest'anno è stato l'altro ad affacciarsi a Budapest. Tra le tante cose, Orban è accusato di imbavagliare la stampa. Sulla libertà d'informazione, l'Ungheria è al penultimo posto nell'Ue. All'ultimo c'è la Bulgaria che, se fosse per questo, dovrebbe essere strabandita. Invece, tra Roma e Sofia c'è un disinvolto viavai. Mattarella ci andò in pompa magna 3 anni fa, il Papa ci ha fatto una capatina settimane orsono. Perciò, è proprio la persona di Orban che dà l'orticaria. Vediamo. Fidesz, il partito che fondò 30 anni fa, è nel Ppe. Ma le compagini sono ai ferri corti da tempo. Nel 2015, ci fu a Riga la solita passerella che l'Ue fa a turno in un Paese o l'altro dei 28. La presiedeva Jean-Claude Juncker, che del Ppe è magna pars. Appena vide Orban col suo passo pesante da militare si confermò nell'idea che fosse un guerrafondaio e bevve un goccetto. Quando furono di fronte, Juncker lo apostrofò faceto: «Buongiorno, Dittatore». L'altro replicò imperturbabile: «Buongiorno, Granduca», alludendo al natio Lussemburgo di Jean-Claude. Poi, si scambiarono dei buffetti che erano piuttosto dei cazzotti mancati. La cosa finì lì ma si erano detti simbolicamente ciò che pensavano l'uno dell'altro «Sei un fascistello anaintellettuale», era l'opinione di Juncker su Orban. «E tu un fighetto senza base popolare», quella di Orban su Juncker. La scena fotografa il rapporto tra l'Europa delle cancellerie e quella dei sovranisti.la strada nazionale Orban è ininterrottamente premier dal 2010 e ha stravinto 3 elezioni. Il premier controlla i due terzi del Parlamento e può farsi, se serve, tutte le leggi da solo. Nei 9 anni, il padrone politico dell'Ungheria ha percorso una sua strada nazionale, in barba all'unionismo brussellese. Nel 2011, fu approvata una nuova costituzione, votata solo da Orban e i suoi. Poggia su 3 caposaldi che hanno gettato nell'angoscia l'Ue per la primitività: le «radici cristiane» dell'Ungheria, il matrimonio tra donna e uomo, la protezione della vita fin dal feto. Uno scandalo per Bruxelles. campagna contro soros Negli anni successivi, Orban ha continuato imperterrito. Ha esteso la nazionalità alle popolazioni ungheresi di Slovacchia e Romania, seminando zizzania. Ha tirato le briglie alla Corte costituzionale, cassando la sua giurisprudenza di manica larga. A fare clamore, la durezza verso i senza tetto che la Corte aveva difeso vietandone l'espulsione dai parchi pubblici. Oggi, in Ungheria, se il derelitto, dopo 3 avvertimenti, si ostina a dormire all'aperto, va in galera. Fin qui, l'Ue ha storto il naso ma sperando in un ravvedimento. Nel 2015, con l'intensificarsi delle immigrazioni, ha perso ogni illusione. Dopo le aperture di frau Merkel, molti musulmani in rotta per Berlino si riversarono in Ungheria, dal confine serbo. Tra gennaio e luglio, ne giunsero 100.000. Il sanguigno Viktor, rischiò il colpo apoplettico. Poi, reagì con un muro tra Ungheria e Serbia. Subito dopo, scatenò una campagna contro il miliardario, George Soros, americano di ceppo ungherese, che al motto «salvare i rifugiati per salvare la sterile Europa» finanziava gli spostamenti con palate di dollari. A questo punto, Orban è stato messo all'indice. «Rinnega i nostri principi fondamentali», dicono gli eurosdilinquiti dal Mediterraneo al Mar Baltico. Viktor fa spallucce e non ha intenzione di uscire dall'Unione. Vuole cambiarla a suo modo, con Salvini e gli altri sovranisti. Non con Marine Le Pen, che considera estremista. In Ungheria, Viktor è un intoccabile. Ha il colmo dei voti, ha risanato l'economia (il Pil cresce del 3,8 da 5 anni, la flat tax al 15 per cento funziona, un imprenditore italiano al giorno si trasferisce da lui). Perfino la Chiesa locale lo spalleggia sull'immigrazione, infischiandosene del Vaticano. «Non sono rifugiati, è un'invasione», dicono i vescovi magiari, approvando il muro.il mito donald trumpRingalluzzito dal successo, Orban ha teorizzato la «democrazia illiberale». L'espressione è sua e significa che il Paese si regge sul voto popolare e il filo diretto tra gente e leader. Il resto, sono orpelli liberali. Dalla stampa e i suoi capricci, ai sindacati inaffidabili, ai corpi intermedi. L'importante è fare il bene del proprio Paese e salvaguardare le radici nazionali. Viktor non ha modelli ma il turco, Recep Erdogan, e il russo, Vladimir Putin, non gli dispiacciono come punti di riferimento e li frequenta entrambi. Donald Trump, poi, è un mito.Il cinquantacinquenne Orban, nato in una famiglia e sotto un regime comunista, è diventato oppositore appena ha potuto. Il padre era un ingegnere agronomo, piuttosto manesco, la madre una logopedista, entrambi di religione calvinista. Viktor è il maggiore di 3 maschi. Mentre giocava a calcio in seconda divisione, si laureò in Legge, con una tesi su Solidarnosc, il movimento anticomunista polacco. Prima ancora, si era sposato con Anikò, una compagna di studi cattolica, dalla quale avrà 4 femmine e un maschio. Mai stato tipo da perdere tempo.La fondazione di FideszUn giorno, gli venne l'uzzolo di approfondire la filosofia politica liberale e ottenne dalla fondazione di mister Soros, la sua futura bestia nera, una borsa di studio per l'Inghilterra. Prima di partire, divenne famoso per un discorso. Il regime già barcollava e l'opposizione voleva riabilitare Imre Nagy, il primo ministro riformatore che l'Urss accusò della sollevazione di Budapest del 1956 e condannò a morte. Il 16 giugno 1989, il venticinquenne Orban, magro e col codino alla nuca, parlò sulla Piazza degli eroi di Budapest a 200.000 persone, ripreso pure dalle tv. Chiese con fermezza, tra gli urrah, il ritiro delle truppe sovietiche dall'Ungheria, Molti tennero a mente il suo nome. Poi, partì per Oxford. Un anno dopo, senza avere assimilato nulla di John Locke e gli altri liberisti, si riprecipitò a Budapest per partecipare alle prime elezioni post comuniste. Fu eletto nelle fila del partitino che aveva appena fondato, Alleanza dei giovani democratici (Fidesz). Sempre rieletto e aspettando di diventare premier, cosa che dava per scontata, fu vice presidente dell'Internazionale liberale. All'epoca, era infatti centrista, Come tale, divenne per la prima volta capo del governo (1998-2002). Fu poi battuto dalle sinistre che infilarono l'Ungheria nella Ue (2004) e le imposero ricette e principi della maison. Orban, impressionato da quello che gli parve uno snaturamento, decise, quando tornò al potere, di voltare le spalle a Bruxelles. Di qui, la metamorfosi che sappiamo.il figlio pastore evangelicoIntanto, l'unico figlio maschio, Gaspar, oggi di 28 anni, gli ha fatto una sorpresa. Di ritorno da un viaggio umanitario in Uganda, ha lasciato il mestiere di calciatore professionista, ed è diventato pastore evangelico fondando una sua chiesa pentecostale. Al padre, sia pure con le dovute maniere, ha subito fatto sapere a proposito di immigrati, che «non è buona cosa detestare gruppi umani». Che ci sia lo zampino di Soros?