2022-07-18
Vittorio Sgarbi: «Col bis, Draghi cadrebbe nel baratro»
Vittorio Sgarbi (Imagoeconomica)
Il critico d’arte: «Conte ha dato al premier l’assist per mollare finché è stimato: lui teme di finire come Monti. Il vero 5 stelle è Di Maio: nell’ex banchiere ha trovato San Giuseppe e da scugnizzo è diventato uomo di Stato».Sono le 2 e otto minuti della notte tra sabato e domenica. Squilla il telefono. È Vittorio Sgarbi.«Senta, è rincoglionito? Eravamo d’accordo, mi doveva chiamare otto minuti fa!».Ma... Onorevole... Davvero vuol farsi intervistare a quest’ora?«Gliel’avevo detto: non vado mai a dormire prima delle 6».Qui, intanto, siamo arrivati al quarto gin tonic. Siamo più ubriachi noi, o Giuseppe Conte?«Il suo discorso, in effetti, era delirante: dice che tocca a Mario Draghi decidere se nel perimetro della maggioranza ci sia spazio per i 5 stelle. Ma dopo quello che hanno fatto sul termovalorizzatore a Roma, tirando fuori temi pretestuosi, il protocollo che Conte ha proposto a Draghi non verrà in alcun modo accolto».Viene giù tutto?«Be’, da questo punto di vista, avrebbe ragione Draghi nel dire che la maggioranza non è più la stessa, perché mancano i 5 stelle».Lei è d’accordo?«La maggioranza resta molto solida, la fiducia nel governo c’è ed è il motivo per cui io avevo la certezza granitica che si sarebbe aggiustato tutto. Ma le dimissioni rispondono a un aspetto personale, quello relativo al destino di Draghi».Che destino?«Lui sa che se esce adesso resta nella storia».Sarà...«Chiude il suo percorso con un trauma, ma con la prospettiva di quello che avrebbe potuto fare, se non glielo avessero impedito. Se, invece, va avanti per altri 6-8 mesi, si logora».In autunno scoppierà il bubbone della crisi energetica. Se ne va prima che il gioco si faccia troppo duro?«Sì, però, appunto, lasciando il dubbio a proposito di quello che di buono avrebbe potuto fare, ma che gli è stato impedito di portare a termine. Continuando a governare, si troverebbe davanti difficoltà forse insuperabili e ne uscirebbe a marzo, o a maggio prossimi, come Mario Monti, che è stato completamente dimenticato».Crollerebbe il mito di Supermario?«Ecco: dal punto di vista individuale, a Draghi converrebbe andarsene ora. Quella che, all’inizio, mi era sembrata una melina, invece è una mossa importante rispetto al suo destino personale».Dunque, si torna alle urne?«Aspetti, perché poi c’è la valutazione politica».Si spieghi.«La realtà del Paese non corrisponde più alla rappresentanza parlamentare. I 5 stelle sono una nebulosa che, dopo aver raggiunto il 33%, è praticamente evaporata. Quello che ne resta è diviso in cinque blocchi».Quali?«Uno è Alternativa c’è, la parte più vicina ad Alessandro Di Battista, quella più fedele all’originale. Poi c’è la componente di Gianluigi Paragone, che è di una insolente diffidenza ma non ha voti reali. Poi c’è chi se n’è andato, accasandosi in altri partiti per tentare di salvare il culo».Ecco.«Poi c’è il gruppo di Conte, che si chiama 5 stelle, la cui posizione assomiglia a quella di Alternativa, ma che è fatto di fantasmi».Perché fantasmi?«Il paradosso di Beppe Grillo è che ha consegnato la sua eredità a un piccolo borghese conformista, senza un voto e senza sapienza politica. E adesso sembra che sia Conte il custode dell’ortodossia. Ma il vero Conte è Luigi Di Maio».Che dice? Di Maio?«È stato capace di portarsi dietro una settantina di onorevoli. Ormai indossa la stessa pochette bianca di Conte - l’unica cosa buona di quell’uomo, perché secondo il galateo, il fazzolettino può essere solo bianco. Quindi, il vero Conte è lui».Di Maio s’è rimangiato tutto quello in cui credeva.«Da scugnizzo napoletano, ragazzotto inutile, fanatico grillino senz’arte né parte, ha avuto una conversione sulla via di Damasco: da Saulo è diventato Paolo. Si è sentito come San Matteo quand’è stato chiamato da Gesù. Ha incontrato un leader vero».Draghi?«Quando è arrivato lui, ha avuto un’illuminazione. È andato al governo come ministro degli Esteri e, da quel momento, ha cambiato vita. È diventato un altro uomo».Eh, per interesse personale…«Ha trovato un padre che non è il finto padre Grillo. Grillo è - o era - per lui come Dio, ma Draghi è come San Giuseppe: è colui che l’ha preso sotto la sua ala e l’ha nominato ministro degli Esteri». Il padre putativo.«Draghi mi chiese perché non gli avessi votato la fiducia. Gli risposi: “Non ti ho votato perché hai messo Di Maio”. Lui fece un gesto col braccio, come a voler dire: “Ma cosa vuoi che conti…”».Ah.«Era vero. Ma era anche vero che, in quel momento, nasceva un nuovo Di Maio». Il Di Maio «ripulito»?«Un uomo di Stato, atlantista, ministro degli Esteri di un vero statista e non più uno scugnizzo di Grillo. La sua scissione dai 5 stelle è la rinuncia di una persona che dichiara: “Io esco, perché sono il soldato di Draghi e creo una guardia d’onore di Draghi”». E cosa significa tutto ciò?«Che non è Di Maio a essere fuori dai 5 stelle, ma sono i 5 stelle a essere fuori da Di Maio».Dove vuole arrivare?«Il vero Movimento 5 stelle è Insieme per il futuro. Quindi, la maggioranza è sempre la stessa, comunque enorme, anche se con qualche decina di fantasmi contiani di meno. Non è cambiato niente: il 5 stelle è Di Maio, quelli che sono fuori sono i coglioni di Conte».Vabbe’, è un ragionamento un po’ ardito.«Ma lei lo sa che, nel bipolarismo futuro, Di Maio si alleerà con il centrodestra?».Cooosa?«Sì. Perché il centro non esiste. Draghi sarebbe pazzo a fare un partito come Monti: magari prenderebbe il 14% ma resterebbe schiacciato. E Di Maio non può pensare di aggregarsi a Matteo Renzi e Carlo Calenda, che lo odiano».Quindi?«Per resistere, non potrà fare altro che portare il suo 2, 3, 4% nel centrodestra, diventando magari, da ministro degli Esteri, ministro del Turismo».Lei si filmava mentre insultava Di Maio: «Verrai sommerso da una pioggia di merda». Adesso sembra che le piaccia.«Non posso dire che mi piaccia, ma è l’unica figura politica di un qualche interesse degli ultimi tempi. Una figura anche comica, eh, ma è quella che ha mostrato di possedere più dimensione politica. Adesso può essere il figlio che dice al papà: “Caro Mario, rimani, fallo per me…”».Basterà a commuoverlo?«Mario è un tartarugone e può sbattersene i coglioni. Se pensa di dover salvare il Paese, magari resta; se pensa a salvare il suo culo, lascia gli altri nella merda, approfittando della stupidità di Conte. Conte gli ha offerto inconsapevolmente un assist, perché è un cretino».Piano con le parole... Dopodomani, in Aula, che succederà?«Non so se prevarranno le ragioni personali o quelle politiche. Credo che, alla fine, Draghi si lascerà ricattare psicologicamente dalle segreterie straniere, dalle pressioni di Ursula von der Leyen, di Joe Biden, del Vaticano, di Sergio Mattarella…».C’è chi sostiene che l’impuntatura di Draghi derivi dal risentimento verso il capo dello Stato, che gli avrebbe soffiato la poltrona al Quirinale.«Non credo. Draghi ha capito che quell’occasione perduta non è stata colpa di Mattarella. Semmai, della distrazione di Silvio Berlusconi nel non proporlo subito come candidato, per intestarselo. Qui conta solo l’orgoglio: se esco adesso, resto Draghi; se esco tra sei mesi, divento come Monti, dimenticato e ignorato».Non si può andare a votare? «Si può votare, ma urge una valutazione meteorologica».Che intende?«Non puoi fare la campagna elettorale adesso. Non puoi fare i comizi in spiaggia a Ferragosto. Bisognerebbe inventarsi un traccheggiamento per sciogliere le Camere i primi di settembre, così da votare in novembre».A lei mica sarà piaciuto, questo governo?«No, mi piace Draghi come persona, ma il governo è passato dal 75 al 50% di consensi. Che calano sempre di più».Draghi s’è tenuto Roberto Speranza.«Speranza fa pena, ma questo è nato come un governo elettorale: tengo insieme tutti, per essere eletto presidente della Repubblica».Il premier ne ha dette di cotte e di crude nelle conferenze stampa: le balle sul vaccino, sul green pass, sui condizionatori... Sicuro non si sia già abbastanza screditato?«Certamente: ha perso molto consenso, appunto. Ma è arrivato sull’orlo del baratro, senza cadere. Il baratro sarebbe il Draghi 2».La verità è che non vuole che l’azionista di maggioranza del governo diventi Matteo Salvini.«No, di questo non gli frega niente. Della politica gli importa poco».Il centrodestra come sta? Perso nelle liti?«Le liti sono diventate marginali, perché hanno capito tutti che la vittoria è sicura. Sì, Giorgia Meloni è uno spauracchio, Berlusconi non la vuole. Io gli ho detto: “Mattarella la nominerà presidente del Consiglio come Oscar Luigi Scalfaro nominò te”. Non riuscirebbe a entrare a Palazzo Chigi solo se gli altri partiti della coalizione prendessero un punto di più di Fratelli d’Italia».Vede, allora, che la coalizione è divisa?«Ripeto: il centrodestra ha compreso che deve correre unito, proprio perché la vittoria è a portata di mano».E il giorno dopo la vittoria?«Si vedrà…».
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