2019-05-06
Simona Ventura: «Vado forte, ma potrei smettere domani»
La conduttrice: «Ho un piano B perché so che cosa succede quando si spegne la luce. Mi spiace vedere in crisi tanti colleghi bravi, da Sandra Milo a Alvaro Vitali. La fede? Ora prego anche quando non sono in difficoltà».«Ha visto? Le cose più desiderate e attese sono quelle che riescono meglio», attacca Simona Ventura. «Se si concretizzano, sì», replico.Lo sa che l'attendono 300 domande?«Perciò devo rispondere in modo sintetico?». Vedo che ha colto. «Bene. Tanto, io sono una palla pazza che strumpallazza». Prego? «Era la pubblicità di una palla per giocare. In questo periodo mi sento un po' così». Allora cerchiamo di fermare lo strumpallazzamento... Come sta suo figlio Niccolò? (nel luglio 2018 fu accoltellato davanti alla discoteca milanese Old Fashion, ndr)«Molto bene e non solo di salute. Gli sono più chiari i suoi obiettivi. Ma tutti e tre i miei figli li vedo focalizzati sui loro sogni, e già il fatto di averli significa che sia io che Stefano (Bettarini, l'ex marito, ndr) abbiamo lavorato bene».Che riflessione ha causato la nottata all'Old Fashion? «È stata una prova che l'ha fatto crescere come, credo, succede a tutti quelli che vanno così vicini alla morte. Per me è un miracolo: quando vedo altre mamme che i figli non li hanno più, provo imbarazzo e affetto per loro anche se non le conosco, come nel caso della madre di Marco Vannini (il giovane ucciso nel 2015 a casa della fidanzata, a Ladispoli, ndr)». Rispetto al passato ai ragazzi di oggi mancano punti di riferimento? «Mi faccio spesso un bell'esame di coscienza. I figli sono la mia priorità e come madre ho cercato di dare il meglio, trasferendo loro quello che mi hanno insegnato i miei genitori. Però, forse, per compensare il senso di colpa di essere assorbiti dal lavoro, abbiamo dato ancor prima che loro desiderassero. Se si spiana la strada dai dossi, poi, il primo che si incontra, sembra una montagna».Argomento frequentato: mi dice qualcosa di nuovo sul suo ritorno in Rai?«Giorni fa sono stata alla Domenica sportiva e mi ha colpito l'affetto delle maestranze. Ritrovare dopo tanto tempo l'affetto delle sarte, dei cameramen, delle persone della vigilanza mi rende felice».Conduce The Voice of Italy su Rai 2. È partito bene: ce la farà a imporre un nuovo talento musicale?«Ce la faremo. Penso che insieme alla rete e alla società di produzione abbiamo scelto le persone giuste. Gli inediti stanno già entrando in tendenza. The Voice è un piccolo gioiello che fa musica in modo ironico e giocoso».Ha scelto una giuria politicamente scorretta.«Il fighettismo non fa per me. A volte ho avuto incomprensioni con i radical chic, io sono pop. La mia televisione vuole essere includente, per tutti e senza orpelli».Differenze da X Factor?«Molteplici. Quando X Factor cominciò, in Rai il mercato era fermo. Io e Morgan, che eravamo giudici, dicevamo: ok, cantano le cover e poi? Così, abbiamo inventato l'inedito che tutti i talent hanno adottato. Giusi Ferreri diventò la regina dell'estate. Dopo anche ad Amici sono arrivati i cantanti. A The Voice devi dire un sì o un no alla voce, il look non conta. In tutto il mondo ha grande successo, tranne che in Italia perché non si è riusciti a dare un seguito. La qualità di un talent si vede da quello che accade dopo».Quando starà già facendo Pechino Express e Quelli che il calcio?«Glielo giuro, non lo so. Non riesco a pensare più cose contemporaneamente. Voglio portare bene a casa questo lavoro. Per me è una scommessa all in. Quando mi ha chiamato Carlo Freccero ho pensato che volevo venire in Rai. Raramente, seguendo il mio istinto sbaglio. Ma a volte capita».E quando Freccero non ci sarà più?«Piangerò come Marco Materazzi quando Mourinho lasciò l'Inter. Da aziendalista ho un ottimo rapporto anche con l'ad Fabrizio Salini, mio direttore a Fox quando facevo Il contadino cerca moglie».Ha lavorato in Rai, Sky e Mediaset: differenze?«Anche a La7, per Miss Italia, da dove sono uscite Giulia Salemi, Clarissa Marchese, Sara Affi Fella, Soleil Sorge».Chi sono?«Come, chi sono? Non vede Uomini e donne?».Torniamo agli editori.«La Rai è culturalmente elevata e includente. In Mediaset, dal 1994 al 2001 c'era una forza creativa straordinaria. Mi sono sentita in famiglia nel gruppo di lavoro di Maria De Filippi (Fascino, ndr). In Sky sono entrata pensando che fosse molto innovativa, e tecnicamente lo è. Ma forse una multinazionale non può avere il sentimento che hanno Rai e Mediaset. È rimasta un'esperienza di cui ho fatto tesoro».Quanto incide il politicamente corretto in televisione?«Sono un po' bastian contraria: quelli di sinistra pensano che io sia di destra e quelli di destra mi etichettano di sinistra. Mi sta bene così. Mi piace arrivare a tutti. A volte chi non è politicamente corretto è considerato pericoloso». C'è un'overdose di reality show? «Io non ne faccio in diretta da una vita. Temptation Island vip è stato registrato in 21 giorni ed è ancora il più visto della stagione di Mediaset. La Rai non ha reality e secondo me se n'è liberata un po' presto. Se li declini verso il basso non li recuperi più, se verso l'alto possono dire ancora qualcosa». All'Isola dei famosi del 2004 Aida Yespica e Antonella Elia che si tiravano i capelli nel fango erano il record del trash: poi?«Quel record è stato ampiamente battuto e… fortuna che il pubblico può scegliere. Comunque, L'Isola era anche altre cose, partiva dalla sopravvivenza, una situazione in cui ognuno tira fuori la sua vera natura. Il gossip era secondario». Lory Del Santo va al Grande fratello vip per elaborare il lutto della morte del figlio, Fabrizio Corona annuncia a Riccardo Fogli il tradimento della moglie: tutto ok?«Non so come funzioni a Mediaset, in Rai impongono delle regole. Poi può sfuggire qualcosa. Ci sono tante variabili in queste cose...». Anche la tenuta delle coronarie di Fogli... «Esatto. Se gli viene un colpo? So che c'è un medico bravo però». Ah be', allora… Manderebbe i suoi figli in un reality condotto da Barbara D'Urso? «Non credo vogliano andare, né di Barbara D'Urso né di altri. Non vogliono fare tv come “figli di". Barbara è una stakanovista, io non ho la sua energia. Da quello che capisco i miei figli cercano una strada fuori dalla tv. Avranno tempo, Caterina ha 13 anni e, a parte The Voice, guarda solo youtube». Che cosa pensa dell'industria del gossip, il gioco di specchi di tv e rotocalchi che si alimentano a vicenda?«Ho accettato di fare The Voice perché è fuori da questo meccanismo. No gossip e casi umani. Si parla di musica e i giovani si riavvicinano alla televisione. Il pubblico è molto più preparato di qualche anno fa».Che cosa guarda la telespettatrice Simona Ventura?«Sono onnivora, anche grazie a Raiplay e Mediaset on demand. Al mattino salto da Agorà a Storie italiane a Mattino 5 a Skytg24. La sera Quarto grado, Franca Leosini, Gomorra su Sky, le serie di Netflix».Il suo programma di culto?«Forum al pomeriggio e Uomini e donne di cui sono addicted, Maria lo sa».Che idea si è fatta del momento difficile di persone come Sandra Milo, Alvaro Vitali, Gianfranco D'Angelo?«Sandra è una persona fantastica e mi spiace moltissimo. Un tempo si guadagnava tanto e si pensava che quell'eldorado durasse per sempre. Si era generosi con i figli, oppure si facevano investimenti avventati. Oggi sta cambiando la mentalità e questo comporta morti e feriti. Bisogna essere disposti a cambiare lavoro e a ricominciare, in questo Internet può aiutare».Quanto è difficile preservare la vita da una professione che è molto più che una professione?«Io potrei smettere anche domani. Mi piace molto questo momento, ma sono temprata a ogni situazione. So cosa succede se si spegne la luce, ho sempre avuto un piano B. Altre colleghe non lo so».Vivete dentro un grande Truman show, come una volta disse Maria De Filippi?«Un po' mi sento così, ma me lo sono scelto. La famiglia è fondamentale. Certo, quando lavoro m'impegno a testuggine, i miei figli lo sanno. Quando non lavoro sono tutta per loro. Un po' corre il cane, un po' corre la lepre».Segue la politica?«La seguo, ma faccio finta di no».C'è qualcuno che le piace di più?«Mi piacciono le persone più dei partiti. Alle europee voterò per una persona».Ma non mi dice chi è. «No. Vorrei che in questo Paese ognuno potesse esprimere la propria opinione essendo rispettato».Anche se non è mainstream?«Soprattutto. Vorrei che potesse dirla anche se non la condivido». Alla Voltaire. «Esattamente». Se dovesse condurre un talent di politici, chi chiamerebbe in giuria? «Chiunque può fare la giuria. Penso che i politici dovrebbero solo essere aiutati a decidere. Con Internet dovrebbe essere tutto più rapido ed elastico, invece per fare una legge ci vogliono anni. Siamo il Paese del non cambiamento, ingessato dalla burocrazia e dagli apparati. Vorrei che ripartissero i cantieri e che le tasse fossero al 20%».Giovanni Terzi (il suo nuovo partner, ndr) è l'uomo giusto?«Lo spero con tutta me stessa. Posso dire che è una persona eccezionale».Qualche anno fa la vedevo a messa la domenica sera dopo che aveva condotto Quelli che il calcio: ha cambiato abitudini?«Quella della messa domenicale sì, è un po' cambiata: più facile che entri in chiesa in momenti meno tradizionali. Ho imparato a pregare il Signore anche quando non sono in difficoltà».Se il Torino andasse in Champions League?«Spererei che ci rimanesse, così come se andasse in Europa League. Grazie a un presidente che ha una strategia, il Toro è una bella favola. Tra le poche del calcio italiano».
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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