2022-02-07
Carlo Cottarelli: «L’Italia crescerà meno del previsto»
L’economista: «Le stime del governo per il 2022 sono difficili da raggiungere. Per il Recovery quest’anno dobbiamo soddisfare 100 condizioni. Scartare il nucleare? Un errore. Il Patto di stabilità va cambiato». Carlo, Cottarelli la sento affaticato. Ma sta correndo!«No, sono in montagna a dieci metri dalla cima e fra poco inizio a scendere. Non mi chieda dove sono, non glielo direi ché poi lei lo scrive (ride, ndr)».Nel 2021 siamo cresciuti del 6,5%. Nel 2020 -8,9%. Vera gloria o rimbalzo del gatto morto?«Gatto morto no. Forte rimbalzo si. Sapremo quanto solo quando saremo tornati allo stesso livello di Pil del 2019. Dovremmo arrivarci nel primo trimestre senon ci sono sorprese. Da lì in poi sapremo se qualcosa è cambiato. E se avremo effettivamente tassi di crescita dello 0,8% a trimestre come prevede il governo».Mettiamo tre elementi di preoccupazione nel frullatore. Partiamo dal lockdown mascherato.«Qualche effetto lo abbiamo visto. Nell’ultimo trimestre la crescita è scesa allo 0,6%. Meno di quanto potessimo aspettarci. Ma non mi preoccupo, vista la rapidità con cui sta scendendo il numero dei contagiati».Preoccupazione numero due. Il blocco del bonus 110%.«Non mi preoccupa neppure questo. Il settore era più che trainato. Ponteggi ovunque e liste di attesa lunghe. I prezzi sono saliti anche per questo». Molti operatori lamentano il cambio delle regole in corsa.«Un po’ come dire che ho vinto 10 milioni alla lotteria e poi ne riscuoto solo 7».Preoccupazione numero tre. L’aumento del prezzo dell’energia.«Qui la cosa è seria. L’equivalente di una tassa pagata all’estero. Vanno su i prezzi di tutte le materie prime. I minerali ferrosi hanno avuto un calo recente. Il resto è aumentato tutto. Dal caffè al frumento. Può esserci un “effetto rallentamento”. Detto ciò, veniamo da momenti di forte crescita. Il rimbalzo è stato più forte del previsto».Nel 2022 l’economia che farà?«Secondo la Nadef il Pil crescerà del 4,7%. Il ministro Franco ha parlato del 4%. Secondo me faremo un po’ meno. Sarà fondamentale osservare la crescita trimestrale. Lo 0,2-0,3 cui eravamo abituati o lo 0,8-0,9? Obiettivi impegnativi perché le riforme impostate hanno tempi lunghi di realizzazione». Lei ha ultimamente criticato alcune misure del governo nella gestione della pandemia, dal sistema dei colori alle mascherine all’aperto. Non è il momento di finirla con le restrizioni a partire dal green pass?«Il green pass non l’ho mai criticato. Eliminare le restrizioni in un colpo solo è esagerato. Certo portare la mascherina qui in montagna da solo è un po’ strano. È diventato tutto una burocrazia e se le regole sono complicate è difficile farle rispettare».Col suo osservatorio lei ha contato tutte le condizioni da soddisfare per arrivare a incassare i miliardi del Recovery. Sono 528. «527».Ah beh, allora cambia tutto.«E 100 per il solo 2022: 45 nel primo semestre e 55 nel secondo».L’intervento si spalma su sei anni. L’impatto macroeconomico non è stato sopravvalutato?«Se parliamo di impatto macroeconomico distinguerei tre componenti. La prima dal lato della domanda. Se fai investimenti - buoni o cattivi - che siano si alza il livello della domanda. Poi ci sono gli effetti sull’offerta. Dipendono dalla qualità degli investimenti. E lì rimane un punto di domanda. Penso che la maggior parte siano “giusti” ma non metterei la mano sul fuoco. Poi c’è la terza componente. La più importante. Le riforme; giustizia, semplificazione burocratica, riforma del fisco. Qui la domanda è cosa si farà. Ci sono leggi delega che richiederanno decreti legislativi. Prendiamo il fisco. L’attuale legge delega è ampia. Cosa farà poi però l’esecutivo? Nel merito molto nelle riforme è ancora da vedere».Ad esempio la revisione del catasto. Favorevole o contrario?«Favorevole. Appartamenti in centro storico pagano meno che in periferia. Ci sono disparità rispetto ai valori di mercato. Non è questione di gettito. Il governo dice che non le prenderà in considerazione a fini fiscali. (Ride, ndr). Mi sembra un po’ strano. Almeno per sei anni. Allora perché fa questa riforma?».Parliamo ancora di energia. Come non immaginare uno scostamento di bilancio? Si rischia un’ecatombe per famiglie e imprese. «Questione complicata. Ogni Paese ha un interesse individuale a sussidiare imprese e famiglie con uno scostamento di bilancio. Ma se tutti lo fanno, l’effetto è quello di mantenere elevati - se non addirittura far aumentare - i prezzi dell’energia. È il meccanismo della domanda e dell’offerta. La ripresa è stata rapida e c’è domanda di energia. È allora essenziale proteggere i deboli e le imprese più colpite. Sussidi generalizzati secondo me sono sbagliati. Per le famiglie l’aiuto deve basarsi sul reddito. Sussidi e rateizzazioni per le imprese nei settori più a rischio. Gli energivori per intendersi. Paghiamo il prezzo della ripresa. Da luglio 2020 a luglio 2021 il Fmi ha rivisto al rialzo le previsioni del Pil mondiale. Ben sei punti e mezzo. Ripresa più forte del previsto grazie a misure espansive. In quel momento sembravano appropriate ma forse sono state esagerate. Pensi al cashback. Contribuenti agiati si sono visti accreditare 1.000-1.500 euro. Se non è spreco questo».Cosa serve al Paese?«Le rinnovabili sono una conditio sine qua non. Credo sia stato un errore per l’Italia interrompere le ricerche sul nucleare. Eravamo all’avanguardia negli anni Sessanta-Settanta. Perderò popolarità ma scartare il nucleare è stato un errore. Ora c’è quello di nuova generazione».Parliamo di inflazione. Quella americana e quella europea. Fenomeni analoghi o diversi?«Analoga la sorpresa. La Bce prevedeva l’1% e siamo al 5%. La Fed prevedeva l’1,8% ed è finita al 7%. Di diverso c’è che negli Usa l’inflazione è più estesa; broad-based dicono loro. Non è solo il prezzo dell’energia a essere alto. C’è stata una forte crescita salariale che in Europa non c’è. La flessibilità del mercato del lavoro in momenti di crescita aiuta il lavoratore a mantenere intatto il potere d’acquisto. Negozia stipendi all’ingresso più alti. Da noi gli aumenti previsti con gli accordi triennali - penso ai metalmeccanici - prevedono aumenti salariali già “mangiati dall’inflazione”».Dopo l’ultima conferenza stampa della Lagarde la volatilità sui titoli di stato è aumentata. Errore di comunicazione della Bce o era tutto inevitabile?«Inevitabile. Se si devono aumentare i tassi è addirittura peggio farlo senza preparare gli investitori. La risposta dello spread non è stata enorme. Parliamo di tassi di interesse estremamente bassi rispetto all’inflazione. Situazione mai vissuta. Avevamo solitamente avuto tassi reali al netto dell’inflazione positivi. Il pericolo è se la Bce cambiasse la politica di acquisto dei titoli di Stato». Ma la Bce la modificherà concludendo il Pepp.«Prendo l’Italia. Dopo i circa 350 miliardi arrivati dalla Bce nel 2020 e 2021, quest’anno ne dovrebbero arrivare una sessantina. Con un deficit di poco più di 100 miliardi e i soldi del Recovery il fabbisogno finanziario di quest’anno sarebbe coperto. Senza cambi di rotta nella politica monetaria e con questi tassi di interesse e di inflazione non vedo rischi di volatilità ulteriore».L’aumento dei tassi di interesse farà bene ai bilanci delle banche italiane?«Nel lungo termine è neutrale ma nell’immediato fa bene. I tassi sui depositi non possono essere negativi anche se fino a oggi i rendimenti sui titoli in portafoglio lo erano». Vede un problema di sofferenze nei bilanci delle banche italiane?«Se non si torna in recessione no. Ma ora vedo solo il rischio di tornare a crescere meno del previsto: tornando allo 0,2% trimestrale». Parliamo di regole europee. C’è una proposta. Trasferire i titoli del debito pubblico sottoscritti dalle varie banche centrali a un ente europeo indipendente, come il Mes. Proposta firmata da Giavazzi. Che ne pensa?«Che ci debba essere un trattamento “speciale” per il debito pandemico, concordo. Con Giampaolo Galli abbiamo prospettato alla Commissione Ue una soluzione diversa. Se la Bce rinnova l’investimento nei titoli quando scadono è come se quel debito non ci fosse. Può essere escluso da qualsiasi regola dei conti pubblici europei. Ma siamo sicuri che la Bce continuerà a rinnovarli?». Perché non dovrebbe?«Potrebbe essere indotta a non farlo per riassorbire la liquidità in eccesso nel sistema, dopo aver stampato molto denaro. Anche in questo caso noi proponiamo una soluzione. Francoforte - per drenare liquidità - aumenterebbe le riserve obbligatorie depositate dalle banche presso la Bce che continua a reinvestire in titoli di stato i proventi a scadenza. Con questa proposta non tiriamo in ballo nessuna nuova istituzione. Se pure lei si finanziasse in Bce saremmo punto e a capo. Se lo facesse sul mercato si rischia uno “spiazzamento”. Farebbe concorrenza agli Stati considerati meno affidabili che devono pagare sul resto del debito interessi più alti».Cambierà il Patto di stabilità?«Credo di si. Verrà superata la regola di ridurre il debito di un ventesimo l’anno per la quota che eccede il 60% del Pil e pure i meccanismi di calcolo del Pil potenziale. Che si riflettono sugli aggiustamenti di bilancio. Proponiamo che i Paesi al di sotto di una certa soglia di debito (80-90%, non 60%) non abbiano regole particolari. Per gli altri - a meno che non si vada in recessione - devono esserci programmi quadriennali di riduzione del debito di 2-3 punti. Intorno a questi programmi si lascerebbe operare l’effetto del ciclo economico». Si potrebbero congelare ancora le regole?«Se l’economia torna ai livelli prepandemici non si giustifica».Si è chiusa l’esperienza di consigliere del ministro Brunetta. Non vi siete lasciati benissimo. Avete fatto pace?«Non abbiamo mai litigato. Ho fatto il consigliere per due mesi ed era previsto che poi lasciasi. Non potevo lavorare nella pubblica amministrazione e con il mio osservatorio commentarne l’operato».
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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