2025-01-09
Aiuti Covid, l’Inps continua a inviare lettere
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
L’ente sta chiedendo a pensionati di tutta Italia di restituire i sussidi ricevuti durante la pandemia, a causa del pasticcio fatto dal governo e dall’Agenzia delle entrate di Ruffini. Invece nessuno ridarà indietro i soldi buttati per i banchi a rotelle. Della pioggia di milioni che sono piovuti durante il Covid, molti dei quali autentici sprechi che ancora pesano sul bilancio pubblico, qualche goccia è andata a finire anche ai pensionati. Ma con una differenza. Che mentre per i banchi con le rotelle e le mascherine, nessuno è stato chiamato a rendere conto dello sperpero, nel caso dei poveri pensionati, improvvisamente, dopo tre anni, il fisco chiede indietro le somme poiché da una serie di verifiche risulta che non ci sono le condizioni reddituali per aver diritto al bonus. Niente di nuovo sotto il sole, qualcuno potrebbe dire (l’Agenzia delle entrate fa spesso verifiche a posteriori e chiama i contribuenti a restituire l’incasso non dovuto), ma il difetto semmai sta all’origine, nel non aver previsto subito che una situazione del genere avrebbe potuto emergere dalle verifiche e che semmai sarebbe stato più appropriato, vista l’eccezionalità dell’una tantum legata alla pandemia, predisporre una norma interpretativa che avrebbe esonerato i pensionati percettori dalla pratica del recupero delle somme.Così non è stato ed ecco che dopo tre anni stanno arrivando, in tutta Italia, le raccomandate con le quali l’Inps rende noto agli anziani interessati dal bonus Covid che a partire da giugno la loro pensione sarà decurtata di 50 euro al mese fino al raggiungimento di quelle 150-200 euro una tantum ricevute nel 2022 in modo poi risultato indebito.Per capire meglio facciamo un passo indietro. È il 2022, il Paese si lecca le ferite del Covid e il governo Draghi si sente particolarmente munifico. Nel periodo della pandemia non c’era categoria che non ricevesse un bonus, un aiuto in varie forme. Sono entrati nella storia i banchi con le rotelle, presto finiti in discarica e le mascherine pagate come abiti griffati della legislazione Conte. A maggio 2022 entra in vigore un decreto legge che dispone per i pensionati un’una tantum legata al reddito: 200 euro per i redditi fino a 35.000 euro e 150 euro per redditi fino a 20.000 euro. Questa una tantum è stata elargita dall’Inps in via provvisoria sulla base dell’ammontare dell’assegno pensionistico, ma poi è scattata la verifica se, in base alla dichiarazione dei redditi, i contribuenti anziani avevano superato le soglie e quindi non avevano più diritto al bonus. Come precisato dall’Agenzia delle entrate, questa ha messo a disposizione dell’istituto le dichiarazioni dei redditi del 2021 e l’Inps ha potuto fare le verifiche, facendo partire i recuperi delle somme. I tetti potevano essere saliti per svariate cause come l’affitto di un immobile o le rendite finanziarie da investimenti in titoli.Per l’una tantum di 200 euro gli oneri pubblici per il 2022 ammontavano a 2.740 milioni mentre per il bonus da 150 euro la spesa prevista era di 1.245 milioni di euro, come risulta dal testo in Gazzetta Ufficiale.Quanto è grande la platea e quanti soldi dovranno esser recuperati non è dato sapere. In una circolare esplicativa interna all’Inps che La Verità ha visionato, c’è scritto che «le indennità una tantum in parola sono state erogate in via provvisoria sulla base dei dati reddituali disponibili dall’Istituto al momento del pagamento (ex art. 32, comma 4 D.L. n. 50/2022 ed art. 19, comma 4 del D.L. n. 144/2022). È stata successivamente effettuata la verifica in via definitiva delle indennità erogate nel 2022, anche attraverso le informazioni rilevanti fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall’Amministrazione finanziaria e da ogni altra amministrazione pubblica che detiene dati utili». Dal computo del suddetto reddito personale sono stati esclusi i trattamenti di fine rapporto, il reddito della casa di abitazione, le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Inoltre per entrambi i bonus, sono state escluse dall’elaborazione le rendite Inail, le pensioni erogate dall’ente 9920 (Ministero del Tesoro - pensioni di guerra e le rendite erogate dall’ente 0280 (I.P.SE.MA.).L’Inps ha quindi inviato le comunicazioni ai pensionati per il recupero delle somme tramite la «Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione - Send - Servizio Notifiche Digitali» o tramite raccomandata. Sottrarre 50 euro per 3 o 4 mesi (in base alle due fasce di reddito) non è una gran cifra in senso assoluto ma bisogna considerare che stiamo parlando di pensioni che al massimo raggiungono 35.000 euro. Inoltre è probabile che questa somma, anche se piccola, sia stata già spesa. Insomma per il pensionato è una doccia gelata soprattutto perché c’è la sensazione di essere stato beffato e che alla fine era tutto un gioco delle tre carte. Senza contare che anche per l’Inps è un grattacapo del quale avrebbe fatto a meno. A Ferrara, dove sono stati resi noti i primi casi di recupero del bonus (come ha scritto il quotidiano La Nuova Ferrara due giorni fa), gli sportelli sono già impegnati a smaltire le richieste di chiarimento e a far fronte alle proteste. Era tutto previsto, è vero, le verifiche sarebbero arrivate, era altrettanto noto; resta il fatto che una categoria debole prima è stata blandita e poi bastonata. Dei soldi spesi però per gli sprechi durante il Covid, nessuno chiede o può chiedere conto.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci