2024-07-30
Sos libertà di stampa: barzelletta che non fa ridere
L’ultimo report che lancia l’allarme per il nostro Paese è basato su gruppi dem. Pronti a censurare, però, chi non è nel loro coro.Per esperienza, so che gli allarmi sulla libertà di stampa in Italia sono lanciati da organismi internazionali, ma quasi sempre dietro ci sono interessi molto nazionali. È il solito circo dell’informazione di sinistra che tira le fila e fa muovere appelli in difesa del pluralismo dei media, che a intermittenza sarebbe a rischio. Ovviamente, le preoccupazioni aumentano o diminuiscono a seconda di chi sta al governo. Se a Palazzo Chigi c’è una compagine che piace ai compagni, la libertà di stampa è massima, se invece l’esecutivo è di centrodestra l’informazione è in pericolo. Va avanti così da almeno trent’anni, cioè da quando Silvio Berlusconi è sceso in campo, con la sola differenza che allora a mettere in allarme i giornalisti di sinistra era il Cavaliere e ora è Giorgia Meloni.Del resto, basta leggere i ringraziamenti che Media freedom rapid response (Mfrr), organismo che monitora le violazioni della libertà di stampa e dei media negli Stati membri dell’Unione europea, rivolge ai partner che l’hanno aiutato a redigere il recente rapporto sull’Italia per capire che dietro ci sono i soliti allarmati speciali, ovvero il Sistema che da anni detta legge nelle redazioni. Infatti, i partner locali che hanno indotto Mfrr a sentenziare che nel nostro Paese «c’è un continuo deterioramento della libertà di stampa» sono Amnesty international, Articolo 21, l’Ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della Stampa e l’Usigrai, ovvero associazioni fortemente politicizzate che si sono impadronite del sindacato e della televisione pubblica, arrogandosi il diritto di decidere come si debba fare informazione e quale sia la dose giusta di libertà di stampa che si debba fornire all’opinione pubblica. Per costoro, il diritto ad avere accesso alle notizie deve essere garantito solo quando i fatti siano funzionali a una narrazione «progressista» e autorizzata. Mentre, nel caso l’informazione cozzi contro l’ufficialità, può essere nascosta o minimizzata.Basti dire che nessuna delle associazioni sopra citate e utilizzate da Mfrr per redigere il severo rapporto sull’indipendenza dei media italiani ha mai sentito la necessità di denunciare, durante il periodo del Covid, la demonizzazione di chiunque esprimesse un’opinione contraria a quella approvata dal governo giallorosso. Anzi, di fronte a ex presidenti del Consiglio (Mario Monti) che invocano la censura in nome del bene comune o a un premier in carica che forniva informazioni chiaramente fuorvianti («Vaccinarsi significa essere sicuri di non contagiarsi e contagiare»), nessuna delle suddette «autorità» dell’informazione ha sentito il bisogno di far sentire la propria voce. Allora a Mfrr non furono segnalati casi di violazione della libertà di stampa e neppure adesso che il nostro giornale viene fatto sparire dalle trasmissioni televisive e che alcuni social network addirittura censurano chi mostra le nostre prime pagine: né l’Ordine dei giornalisti, né l’Usigrai, né men che meno Amnesty international alzano il ditino per obiettare.Nel rapporto di Mfrr si parla molto dei sit-in dell’Usigrai, quasi che il sindacato che da anni tiene in ostaggio l’informazione pubblica non sia un’organizzazione corporativa che pende a sinistra, ma un ente super partes, garante dell’indipendenza delle redazioni. E allo stesso tempo si citano le critiche verso conduttori che da tempo hanno abbandonato il ruolo di imparzialità che si addice a chi deve consentire l’espressione di pensieri diversi per scendere direttamente nell’arena dello scontro politico. I martiri della libertà di stampa, secondo Mfrr, sarebbero Lili Gruber, Corrado Formigli, Fabio Fazio ed Enrico Mentana. Ma il rapporto scritto dietro suggerimento del solito circo di sinistra cita anche Antonio Scurati e Roberto Saviano, scrittori che sul loro essere contro hanno costruito una carriera e una fortuna. Atteggiandosi a vittime della censura (non si sa quale, visto che stanno sempre in primo piano, ospiti di trasmissioni e convegni), sono stati trasformati in icone a prescindere, con il risultato di essere intoccabili, nuovi potenti di un establishment culturale tutto di sinistra.Nel rapporto si denuncia anche l’aumento delle cause contro i giornalisti, quasi che il fenomeno sia cresciuto in questi anni, con il governo di centrodestra. Sono decenni che i cronisti, quasi sempre quelli che non fanno parte né dell’Usigrai né della Fnsi, cioè i colleghi che non appartengono al sindacato di sinistra, sono vittime di citazioni in giudizio. Ma fino a ieri nessun Mfrr si è preso la briga di difenderli, né di denunciare il fatto che gran parte di quelle querele era spesso presentata da magistrati a cui altri colleghi magistrati riconoscevano indennizzi al di sopra della media.Sono stato il primo giornalista italiano che è ricorso alla Cedu, ovvero alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il primo a ottenere una pronuncia contro lo Stato italiano per un’ingiusta condanna a opera della magistratura su richiesta di un magistrato. Ma ricordo che né prima né dopo Usigrai, Fnsi, Amnesty international o il Media freedom rapid response abbiano detto una sola parola non dico in mia difesa, ma in difesa della libertà di informare. Faccio questo mestiere da quasi mezzo secolo e sono stato licenziato più volte per non avere piegato il capo. Tuttavia, non ho mai visto un sindacalista o un auto nominato difensore della libertà di stampa che si sia detto preoccupato della qualità dell’informazione. Anzi: quando raccontai che il portavoce di Romano Prodi era stato fotografato in macchina davanti a un viado, l’Ordine dei compagni giornalisti minacciò di aprire un provvedimento contro di me per violazione della privacy.Sapete che c’è? Gli appelli in difesa dell’informazione mossi dagli stessi che quando sfiora i loro amici vorrebbero censurarla fanno ridere. Dunque, vadano al diavolo Fnsi, Usigrai e Amnesty. La libertà di stampa la difendo da me.
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