- Non è vero che i danni alla salute sono lievi. E legalizzarle non fa diminuire i consumi né mette fuori gioco la criminalità.
- Il responsabile del centro di accoglienza Ets: «Gli adolescenti cercano un sostituto dei legami sociali che hanno perso. Le sostanze disponibili (anche online) sono centinaia, alcune durano una sola stagione».
- San Francisco, la città simbolo degli esperimenti sociali progressisti, è spaccata in due: «zombie» vittime del fentanyl in strada, ricchi politicamente corretti rinchiusi nei quartieri chic.
Non è vero che i danni alla salute sono lievi. E legalizzarle non fa diminuire i consumi né mette fuori gioco la criminalità.Il responsabile del centro di accoglienza Ets: «Gli adolescenti cercano un sostituto dei legami sociali che hanno perso. Le sostanze disponibili (anche online) sono centinaia, alcune durano una sola stagione».San Francisco, la città simbolo degli esperimenti sociali progressisti, è spaccata in due: «zombie» vittime del fentanyl in strada, ricchi politicamente corretti rinchiusi nei quartieri chic.Lo speciale contiene tre articoli.«Abbiamo un abbassamento dell’età del primo approccio della popolazione giovanile alla droga, con quasi 960.000 giovani tra i 15 e i 19 anni, ossia il 39% della popolazione studentesca, in pratica quattro studenti su dieci, che hanno assunto nella loro vita almeno una volta una sostanza psicoattiva illegale». Così, giorni fa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano aveva sintetizzato le 112 pagine della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. Un documento pubblicato in tempi in cui, a livello nazionale e internazionale, le spinte per la legalizzazione delle cosiddette «droghe leggere» sono sempre più pressantiIl 25 giugno scorso, davanti al ministero dell’Istruzione e del Merito, i Radicali Italiani hanno piantato una piantina di cannabis e Filippo Blengino, tesoriere del partito, ha espresso la necessità di una sua legalizzazione. Il giorno dopo la Corte suprema del Brasile, con otto voti a favore e tre contrari, ha deciso di depenalizzare il possesso di cannabis per uso personale. Sempre il 26 giugno – che è la Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga – l’Onu ha pubblicato il World Drug Report 2024, sostenendo che, a livello internazionale, la legalizzazione della marijuana «potrebbe» aver contribuito a ridurre le dimensioni dei mercati illeciti e il suo stesso consumo. Notizia che avrà fatto felice la Germania che, da aprile, è il più grande Paese Ue ad aver legalizzato la cannabis a scopo ricreativo, dando il là alla segretaria del Pd, Elly Schlein, per rilanciare il tema anche in Italia. La connotazione ideologica dei supporter della legalizzazione della cannabis - e la stessa prudenza con cui l’Onu parla dei presunti successi di questa strategia -, suggerisce di dare uno sguardo alle evidenze più sicure, che in realtà vanno nella direzione opposta alle tesi antiproibizioniste; a partire dall’idea che staremmo parlando di una sostanza «leggera». Così «leggera» che a marzo, su Scientific American, Jesse Greenspan ha scritto un articolo dove segnala che «oltre agli effetti collaterali minori su cui molti consumatori scherzano, come la perdita di memoria a breve termine, studi recenti hanno collegato la marijuana a effetti negativi sulla salute che coinvolgono polmoni, cuore, cervello e gonadi», senza dimenticare «la schizofrenia, la psicosi e la depressione, che influisce sul comportamento e sul rendimento scolastico». Proprio una sostanza «leggera», non c’è che dire. Un’altra classica tesi narcofila è quella per cui legalizzare una sostanza contribuirebbe, anche se non è chiaro perché (per la fine del fascino del proibito?), a ridurne l’uso. Peccato che un’indagine uscita nel 2021 sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, basata sui dati raccolti tra 300.000 studenti in 15 anni e in 20 distinti Paesi, abbia rilevato il contrario, e cioè che, se da un lato «forme di intervento restrittivo riducono la prevalenza generale del consumo», dall’altro, «riforme più liberali paiono legate ad un aumento della percentuale di studenti che iniziano ad usare cannabis». Chiaramente, a più consumo di droga corrispondono più conseguenze negative. Lo scorso anno su Substance Use: Research and Treatment è uscita una ricerca che, a partire da 61 studi pubblicati tra il 2016 al 2022, ha verificato l’impatto della legalizzazione della cannabis «a scopo ricreativo»; ebbene, per quanto la letteratura dia «risultati contrastanti», non si è avuta difficoltà a rintracciare le «conseguenze negative della legalizzazione, come aumento dell’uso da parte di giovani adulti, delle visite mediche correlate alla cannabis e delle guida in stato di ebbrezza». A proposito di guida in stato di ebbrezza, in uno studio dell’Università della British Columbia pubblicato sul New England Journal of Medicine - tra le massime riviste scientifiche al mondo - cura di Jeffrey Brubacher si sono esaminati i campioni di sangue di oltre 4.339 conducenti rimasti «feriti moderatamente» e che, tra il 2013 e il 2020, hanno ricevuto successive cure presso quattro centri traumatologici. Ebbene, a partire da tale campione, si è visto come, se prima della legalizzazione della cannabis il 3,8% dei conducenti feriti aveva concentrazioni di Thc superiori al limite di guida legale canadese (due nanogrammi/ml), tale percentuale, dopo la legalizzazione, è schizzata all’8,6%. Un’impennata clamorosa in soli due anni: un dato che deve far riflettere.Altre due tesi antiproibizoniste sono quelle secondo cui la droga legale toglierebbe terreno a mafie e mercato nero. Iniziando con le mafie, una risposta alla vulgata è stata già data nel 2019 sul Corriere della Sera, testata non certo conservatrice, da Massimo Gaggi, a partire dall’esperienza di ben 11 Stati Usa e del Canada. «Ci si aspettava di spazzare via un intero settore dell’economia criminale creando al tempo stesso un nuovo settore economico legale che produce lavoro ed entrate fiscali», spiegava Gaggi, aggiungendo: «Non è andata così: tanto in Canada quanto negli Usa la marijuana illegale continua a prevalere su quella che transita per i canali regolari. In sostanza il racket della droga si è dimostrato abile e reattivo nell’abbassare i costi del suo prodotto importato illegalmente». Anche l’idea di chissà quali introiti fiscali vacilla. Nel 2022 Robin Goldstein e Daniel Sumner hanno dato alle stampe il libro Can Legal Weed Win? The Blunt Realities of Cannabis Economics (University of California Press) in cui raccontano come, a 10 anni dall’esperimento americano della legalizzazione della marijuana, molte aziende di marijuana restino in rosso e le entrate fiscali siano irrisorie, col mercato legale che cresce pianissimo. Per dire, a tre anni dalla legalizzazione, Goldstein e Sumner stimavano che appena un quarto dell’erba fosse importata in California da venditori autorizzati. Da qualunque angolazione la si guardi, insomma, la legalizzazione delle «droghe leggere» è un danno o un flop: in ogni caso, una fregatura.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/liberalizzazione-droghe-leggere-2668699801.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="leta-di-chi-inizia-e-scesa-ancora-e-ogni-fascia-sociale-e-coinvolta" data-post-id="2668699801" data-published-at="1720431419" data-use-pagination="False"> «L’età di chi inizia è scesa ancora. E ogni fascia sociale è coinvolta» Sociologo e dirigente del Centro Trentino di Solidarietà Ets - associazione che gestisce una comunità terapeutica per la prevenzione, cura e riabilitazione di persone con dipendenze patologiche sia chimiche che comportamentali e una casa per la cura di persone con Hiv-Aids e patologie correlate alle dipendenze, - Antonio Simula, 52 anni, ha un osservatorio privilegiato sul fenomeno della tossicodipendenza. La Verità lo ha contattato per un commento sulla situazione, alla luce anche dell’ultima Relazione annuale. Simula, che giudizio dà del quadro emergente dall’ultima Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia? «Di emergenza droga se ne parla da anni. Dalla prima Relazione al Parlamento, il fenomeno delle tossicodipendenze rappresenta una drammatica realtà che colpisce “democraticamente” l’Italia intera. Non ci sono più fasce di età o classi sociali più coinvolte. Dopo ogni presentazione si discute sulle strategie da adottare per ridurre la crescita di questo fenomeno che ogni giorno pone fine alla vita di decine di giovani. Il consumo di alcol e sostanze stupefacenti tra gli adolescenti non ha registrato diminuzioni rispetto al passato ma è cambiato l’atteggiamento sociale: si è trasformato in una silenziosa tolleranza dell’ormai “ne fanno uso tutti”». C’è chi, alla pubblicazione della Relazione, ha colto la palla al balzo – dato che la cannabis rimane la sostanza più usata dai giovani – per rilanciare la richiesta della legalizzazione di questa sostanza. Che ne pensa? «La cannabis è la sostanza più usata sia come sostanza primaria che come sostanza secondaria, seguita dalla cocaina usata associata all’uso problematico di alcol. L’attenzione verso la cannabis è sacrosanta, certo. Ma sono state segnalate più di 800 droghe sul mercato, molte delle quali disponibili su Internet. Nel mercato dello sballo è sempre più florida la produzione di nuove sostanze psicoattive. Sono sostanze che vanno fortissime per una stagione, poi vengono abbandonate. I ragazzi portano con sé una sofferenza psichica profonda che cercano di attenuare sia con l’alcol e le droghe, ma anche con l’autolesionismo e con un rapporto alterato con il cibo. Ma secondo lei il problema fondamentale è la legalizzazione della cannabis? Ma piuttosto che pensare alla legalizzazione, sarebbe l’ora di riconsegnare l’adolescenza ai nostri figli, con nuovi e solidi riferimenti valoriali». A spingere i giovani verso le droghe, oggi, è ancora una certa cultura dello sballo oppure prevale il disagio? «L’età della prima assunzione è sempre più precoce. Oggi le droghe come i comportamenti additivi sono sostitutive dei legami sociali. Abbiamo un’adolescenza abbandonata. In Italia, ogni anno sono circa quattro milioni i ragazzi e le ragazze che decidono di togliersi la vita o tentano di farlo. Il cambiamento della tipologia di sostanze e della modalità della loro assunzione si inserisce in una cornice di grandi mutamenti sociali e culturali; come veri e propri prodotti di mercato, le sostanze rispondono a tutti i molteplici bisogni del consumatore. A seconda dell’esigenza si consumano droghe stimolanti come i derivanti delle anfetamine o la cocaina, o rilassanti come la cannabis e l’hashish. Si aggiungono poi le new addiction, che vanno a complicare la situazione. Il fenomeno della dipendenza è figlio di una società che ha delegato la formazione e la trasmissione dei valori ad una cultura che vuole “tutto e subito” e anche che sia facile ottenerlo». Cosa possono fare la politica e le istituzioni per una maggiore prevenzione del fenomeno? «La droga in Italia ha un giro d’affari di oltre 15 miliardi di euro ed il consumo di sostanze è percepito dai giovani come un marker di successo e identitario pericolosissimo. Bisogna investire su un sistema di prevenzione che non gravi solo ed esclusivamente sulla famiglia ma che avvenga attraverso il supporto ed il coinvolgimento della comunità di appartenenza. Il risultato di un lavoro di rete tra le amministrazioni locali e le principali agenzie educative. Le amministrazioni, la prefettura, i consultori, le scuole, le agenzie educative tutte - oratori, centri sportivi ed allenatori, centri di aggregazione giovanile, altre realtà di volontariato -, devono proporre un’azione formativa sinergica e permanente ed essere quindi in grado di sostenere la famiglia, sempre più sola, nel suo ruolo educativo. È responsabilità del mondo adulto offrire ai giovani occasioni di vita, occasioni in cui si sentano protagonisti e attori principali della propria vita. E non dobbiamo aver paura di proporre loro occasioni forti perché altrimenti se le vanno a cercare altrove». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/liberalizzazione-droghe-leggere-2668699801.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-distopia-liberal-di-san-francisco" data-post-id="2668699801" data-published-at="1720431419" data-use-pagination="False"> La distopia liberal di San Francisco Solo nello scorso mese di maggio sono morte 66 persone, più di due al giorno. È il tragico, parziale e in continua evoluzione bilancio dei morti di overdose di San Francisco, la metropoli americana da anni stretta nella morsa della tossicodipendenza. Per ricordare qualche numero, nel 2022 i reclami relativi all’uso di aghi in luoghi pubblici sono stati quasi 6.300. Lo scorso anno i morti per overdose sono stati 806: il dato peggiore di sempre per la ricca città della west coast, e soprattutto è un dato che segna un’impennata devastante. Nel 2017, infatti, lo stesso comunque tragico conteggio era di 222 vittime: significa che in sei anni l’aumento delle morti per droga è stato di oltre il 260%. Se lo scorso anno è stato terrificante, come ha scritto Yoohyun Jung sul San Francisco Chronicle, il 2024 è già «sulla buona strada per raggiungere quasi i numeri del 2023». Il protagonista di questa impennata è il fentalyl, la «droga degli zombie» che sei anni fa mieteva il 10% delle vittime di overdose mentre oggi è di gran lunga il killer più prolifico. Benché la città sia dalla storica fama progressista – è qui che Kamala Harris, la vice di Joe Biden, ha fatto la procuratrice distrettuale -, per arginare la situazione il sindaco London Breed è da poco ricorsa a misure drastiche, da un lato rendendo obbligatorio lo screening antidroga per i beneficiari dell’assistenza sociale, dall’altra allentando le restrizioni per gli agenti di polizia; misure che Politico non ha esitato a definire «di destra». Resta da capire se questo basterà a mettere sotto controllo la situazione in una città che il degrado lo attira anche da fuori. Dei 718 fermati per abuso di sostanze tra il 30 marzo 2023 e il 2 febbraio 2024, quasi la metà – il 47% – non ha dichiarato di vivere a San Francisco. Numeri, ha detto il sindaco Breed, «che sono la prova che dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per chiudere i nostri mercati della droga che stanno attirando gente qui». Il dato che colpisce è che molte di queste drammatiche criticità sono concentrate in alcuni quartieri, come Tenderloin, dove il degrado è totale, con vie dove è normale imbattersi in feci umane; viceversa, in altre zone della città i ricchi continuano a vivere quasi indisturbati. Soprattutto, continua indisturbata la propaganda progressista, che ha in questa metropoli una sua Mecca. Basti ricordare che a San Francisco, visto che bianchi e neri non avevano gli stessi risultati, dei funzionari avevano abolito l’algebra per i bambini delle nostre medie al fine di favorire l’«equità»: è stata reintrodotta ad aprile dopo 10 anni. C’è perfino un programma di reddito garantito per i trans, si chiama Guaranteed income for trans people. Se cambi sesso, in pratica, puoi vivere di sussidi. Naturalmente, tornando alla droga, San Francisco è anche un laboratorio dov’è stata testata la legalizzazione di quelle «leggere». Che si sta rivelando un fallimento, come ha confermato a un imprenditore del settore, Nate Haas, che gestisce il Moe Greens Dispensary & lounge a San Francisco: «Facciamo pagare troppo ai nostri clienti, è dura competere con il mercato illecito». Da buon politico, il governatore Gavin Newsom pubblicizza la California come il più fiorente mercato legale di cannabis al mondo, ma chi su quel mercato deve camparci lotta ogni giorno con coltivazioni, distribuzione e rivendite illegali che – evadendo il fisco – possono offrire prezzi molto più bassi. La marijuana legale è dunque solo un regalo al degrado, in realtà. L’ennesimo, in questo caso, di una metropoli allo sbando.
Fabio Giulianelli (Getty Images)
L’ad del gruppo Lube Fabio Giulianelli: «Se si riaprisse il mercato russo saremmo felici. Abbiamo puntato sulla pallavolo 35 anni fa: nonostante i successi della Nazionale, nel Paese mancano gli impianti. Eppure il pubblico c’è».
2025-10-13
Dimmi La Verità | gen. Giuseppe Santomartino: «La pace di Gaza è ancora piena di incognite»
Ecco #DimmiLaVerità del 13 ottobre 2025. Ospite il generale Santomartino. L'argomento del giorno è: "La pace di Gaza e le sue innumerevoli incognite".
A Dimmi La Verità il generale Giuseppe Santomartino commenta la pace di Gaza e tutte le incognite che ancora nessuno ha sciolto.
Ansa
Dopo due settimane di proteste, tre morti e centinaia di arresti, re Mohammed VI rompe il silenzio promettendo riforme e lavoro. Ma i giovani chiedono cambiamento vero. Intanto in Madagascar cresce la tensione tra piazza ed esercito.