2021-04-25
L’ex colosso dei bus è a rischio crac. Un fiasco targato 5 stelle e Arcuri
Commesse romane e soldi turchi non bastano: tornano in Cig 200 dipendenti dell’ex Iribus di Avellino. Il Mise dei grillini non ha trovato partner industriali per sostituire Invitalia. E ora Giorgetti ha un compito complicatoUn altro pezzo del sistema produttivo italiano volteggia, pericolosamente, nel vuoto. E le imbracature e le reti di protezione stese da Invitalia, per evitare rovinosi capitomboli, non solo non servono, ma sembrano offrire il perfetto alibi all’epilogo tragico di una storia che «così doveva finire».A Flumeri, nella verde provincia irpina, c’è lo stabilimento della Iia (Industria italiana autobus). Sigla nata nel 2015 dal raggruppamento dell’ex Bredamenarini di Bologna e dell’Iribus di Avellino, che progetta, costruisce e commercializza pullman.Da una decina di giorni, circa 200 dipendenti su 400 sono di nuovo in cassa integrazione perché le commesse scarseggiano, causa Covid ma non solo, e i circa 150 mezzi in portafoglio non riescono ad assicurare turni e lavoro a tutti. Fino ad oggi, l’azienda è riuscita a mantenersi sulla linea di galleggiamento grazie a un po’ di ordinazioni provenienti soprattutto dall’Amministrazione comunale di Roma, guidata dalla sindaca Virginia Raggi. Una specificazione utile, questa, perché i grillini hanno un ruolo ben definito nella vicenda. E nelle sue recenti evoluzioni.La Iia, infatti, per implicita volontà del Movimento, opera come un’azienda di Stato, pur non essendolo. Sopravvive facendo leva sugli incarichi che provengono dal pubblico e dal pubblico è anche controllata in maggioranza. Il capitale sociale è composto da Invitalia (29,95%) e da Leonardo-Finmeccanica (20,07), cui si è aggiunta la Karsan, un costruttore turco di autoveicoli con sede a Bursa (20,03%). Unico privato della compagine che, ironia della sorte, si è trovato a fabbricare in patria 500 mezzi per le nostre municipalizzate mentre nella sede centrale campana si assemblava quel po’ che resta della componentistica interna.Ai tavoli per il salvataggio dell’impresa e nelle riunioni al ministero dello Sviluppo economico - Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli regnanti - era stato però deciso che, per rilanciare l’attività della Iia, sarebbe stato necessario trovare un partner industriale di caratura internazionale per allargare la linea di produzione e puntare all’estero. I sempre fumosi protocolli d’intesa ministeriali prevedevano l’impegno, da parte di Invitalia, di ricercare un socio che, per 9 milioni di euro, sottoscrivesse il 30% delle quote non ancora opzionate per definire così l’assetto completo della proprietà. Da cui, nel tempo, sarebbe uscita la stessa Agenzia per gli investimenti, guidata da Domenico Arcuri, per fare posto ad altri imprenditori. È stato fatto questo? No.Del partner industriale si sono perse le tracce. Non viene nemmeno più citato nei documenti del ministero dello Sviluppo, come se la Industria italiana autobus avesse trovato un suo instabile equilibrio nel pubblico e col pubblico. Roba da Cuba castrista, insomma. Con un pizzico di sano clientelismo da prima Repubblica se è vero che, negli ultimi mesi, sono stati assunti, malgrado le critiche condizioni finanziarie della società, oltre 60 giovani provenienti da una provincia campana dove a spadroneggiare è un deputato grillino con mire da sottosegretario.C’è da dire anche che i tavoli di crisi nel 2018-2019 al ministero dello Sviluppo economico erano più o meno 130, e li coordinava - meglio sarebbe dire aveva la presunzione di coordinarli - un solo uomo. Giorgio Girgis Sorial, ex deputato grillino nel 2013 ma non rieletto nella tornata successiva, passato alla storia del Movimento per aver dato del «boia» a Giorgio Napolitano. Vero uomo ombra di Di Maio, oggi Sorial si trova alla guida della società mista del Traforo del Monte Bianco, fondata nel 1957 per gestire la parte italiana del tunnel alpino con la Francia e controllata, per il 51%, dai Benetton. Gli stessi che Giggino da Pomigliano d’Arco voleva cacciare, nel 2018, dopo il crollo del ponte Morandi da tutte le concessioni autostradali.In quest’intreccio di interessi, poltrone e promesse mancate, è stato naturale che la preoccupazione per le sorti di Industria italiana autobus precipitasse. Tant’è che proprio in questi giorni l’azienda ha fatto nuovamente richiesta per l’accesso alla cassa integrazione con conseguente riapertura del tavolo di crisi al ministero. E la situazione è talmente disperata che, solo nelle ultime ore, il nuovo ministro del Mise, Giancarlo Giorgetti, ha deciso di seguire personalmente il dossier, per la forte sollecitazione del territorio grazie all’iniziativa del senatore leghista Ugo Grassi.«L’impresa costruttrice di autobus della Valle dell’Ufita sembra condannata sempre allo stesso circolo vizioso, vittima di una politica che non resiste a reiterare sempre lo stesso modello», spiega il parlamentare alla Verità. «I 5 stelle, dopo che l’azienda era stata liberata della presenza dell’inutile Stefano Del Rosso (ex amministratore, ndr), si erano cullati nella loro visione statalista, convinti che lasciare l’impresa nelle mani dello Stato tramite Invitalia e Leonardo, potesse bastare a salvarla». Invece, è successo il contrario. Per questo, conclude Grassi, è «auspicabile che adesso il nuovo tavolo di crisi abbia come obiettivo principale la ricerca di un partner degno di questo nome, capace di rendere l’azienda competitiva per vincere le gare d’appalto con prodotti innovativi a basso impatto ambientale, idonei a risolvere i problemi del traffico urbano».Un pullman chiamato desiderio. O almeno speranza.
Jose Mourinho (Getty Images)