
In un’intervista per La7 mai andata in onda, l’ex titolare dell’urbanistica Giancarlo Tancredi diceva che «si fa così da 10 anni». Ovvero, con le giunte di sinistra al potere. E il Comune «non deve guadagnare» da tutti i maxi interventi. Non so che cosa deciderà il gip di Milano a proposito della richiesta di arresto per costruttori, progettisti e amministratori. Non voglio spingermi a fare pronostici, ma sono propenso a credere che, alla fine, non firmerà le ordinanze di custodia cautelare. E non perché non ci siano aspetti che lascino intravedere gravi reati, ma perché, come ha fatto notare qualche avvocato difensore degli indagati, sono venute meno le esigenze che hanno spinto la Procura a chiedere gli arresti. Il presidente della commissione Paesaggio, centro di potere in cui si sarebbero verificate gran parte delle condotte illegali censurate dai magistrati, si è dimesso e ora non ha più alcuna possibilità di reiterare possibili condotte criminali, tipo inquinare le prove o altro. Dunque, perché sbatterlo dietro le sbarre? Stesso discorso per l’assessore all’urbanistica, che ha mollato la poltrona con effetto immediato e perciò non può far danni, ammesso e non concesso che li abbia fatti. Quanto ai costruttori, Manfredi Catella, l’uomo a cui in gran parte si devono i grattacieli di City Life e Porta nuova (anche se è indagato, non se ne possono disconoscere i meriti), ha rimesso le deleghe aziendali: in Coima non sarà più lui ad occuparsi dei rapporti con la pubblica amministrazione.Insomma, se l’esigenza dei pm è di impedire la commissione di altri reati o l’inquinamento delle prove, direi che, con il passo indietro, i pericoli sono scongiurati. Da sempre ritengo che gli arresti preventivi dovrebbero essere l’eccezione e non la regola. In carcere ci si dovrebbe finire solo dopo una sentenza definitiva e anche nel caso di Milano resto di questa opinione.Qualora il gip decidesse di respingere la richiesta della Procura, però, non si tratterebbe di una sconfessione dell’inchiesta, perché resterebbe in piedi il tema centrale dell’indagine: nel capoluogo lombardo si sono commessi abusi che hanno rilevanza penale? E qui mi ha molto colpito un’intervista che l’ex assessore Giancarlo Tancredi ha concesso a una giornalista di La7 cinque mesi fa ma che, curiosamente, non è mai andata in onda. Rispondendo alle domande di Giovanna Boursier, l’ex capo dell’urbanistica ha reso quella che ai miei occhi è una piena confessione e una conferma delle accuse. La prima affermazione che mi ha fatto saltare sulla sedia è che a Milano «si fa così da dieci anni», ovvero si consentiva di costruire grattacieli con una semplice comunicazione di inizio lavori e non con una concessione edilizia. Questo permette di datare l’inizio del cosiddetto «Rito ambrosiano» all’avvento delle giunte di sinistra. Ma poi l’ex assessore ha spiegato che si faceva così perché le leggi sono vecchie e non più in grado di rispondere alle necessità di una città che va veloce. Riporto testualmente: «Quella legge (che impone la concessione edilizia e i piani attuativi, ndr) è disapplicata perché è del 1942». Insomma, siccome è vecchia, secondo Tancredi, si può ignorare. Peccato che proprio l’altro ieri la Cassazione abbia sentenziato il contrario. Su ricorso di un’impresa che a Milano si era vista sequestrare un cantiere perché privo di concessione edilizia, i giudici della Suprema corte hanno ribadito l’attualità della norma che il Rito ambrosiano ritiene sorpassata, ribadendo che nei Comuni con piano regolatore «non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori ai limiti (3 metri cubi per metro quadrato e 25 metri fuori terra) se non previa approvazione di un apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi all’intera zona». Per i giudici, la norma è inequivoca, molto chiara e priva di deroghe nell’imporre un piano dettagliato. Proprio ciò che a Milano non si è fatto.Ma tra le perle dell’ex assessore ci sono anche altre considerazioni, come quella che i piani attuativi previsti dalla normativa urbanistica hanno un iter troppo lungo e complesso e dunque, per semplificare e fare in fretta, «per evitare danni agli operatori e all’amministrazione», non si sono fatti perché, se anche li avessimo fatti, avremmo comunque deciso le stesse cose. L’ex assessore rivendica le scelte del Comune fuori dalla legge, dice che ad autorizzare l’uso della Scia è una determina della giunta Sala e insiste a dire che le leggi urbanistiche sono superate, perché risalgono agli anni Quaranta e Sessanta e, dunque, per questo è necessario disapplicarle. Un po’ come dire che siccome la Costituzione è del 1948 la si può mandare in pensione e farsene una propria. E quando la giornalista chiede che cosa guadagna il Comune ad autorizzare i palazzi con queste procedure, la replica è surreale: «Il Comune non deve guadagnare ma solo rispondere ai bisogni della comunità». Una risposta che certo farà felici i milanesi che con gli oneri di urbanizzazione «non guadagnati» dal Comune forse avrebbero potuto pagare meno tasse e avere più servizi.Di più: alla richiesta di spiegare perché, al posto di un laboratorio, si siano lasciate costruire tre torri spacciandole per ristrutturazioni (è il caso su cui si è pronunciata la Cassazione), l’ex capo dell’urbanistica milanese ribatte che un edificio residenziale non può restare di tre piani e per non consumare suolo può diventare di sei e anche di dodici. Perché a un comune cittadino sia vietato chiudere una veranda e a un’impresa sia consentito fare una «ristrutturazione» alta nove piani in più, il fu assessore di Sala non lo spiega. Però fa capire perché, pur insediando centinaia di appartamenti in più, nelle zone interessate il suo assessorato non abbia richiesto di aumentare i servizi: «Le aree erano già urbanizzate e non avevano, dunque, bisogno di ulteriori servizi». Peccato che la Cassazione dica l’esatto contrario e sostenga che anche dove sono presenti opere di urbanizzazione sia necessario rispettare ciò che dice la legge «vecchia», cioè i piani attuativi.Ovviamente non dubito della buona fede di Tancredi, però se c’era un modo per confermare le accuse della Procura credo che lui lo abbia trovato, dicendo: abbiamo ignorato la legge ed evitato danni agli operatori senza far guadagnare un euro al Comune. Il contrario di quello che un buon amministratore dovrebbe fare. Che altro c’è da aggiungere? Dal mio punto di vista solo una cosa: le dimissioni di Beppe Sala e di chi ha consentito tutto ciò. Un sindaco con un assessore che rivendica di aver disapplicato la legge non può stare al suo posto.
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