2020-01-30
L’Europa tiene nascosti i documenti sul Mes
«La Verità» ha chiesto ufficialmente di visionare gli atti delle riunioni del 4 e del 13 dicembre, per sapere se l'Italia ha preteso uno stop del trattato come detto da Roberto Gualtieri. La risposta: «Impossibile: si tratta di incontri confidenziali e coperti dal segreto».Trasparenza, questa sconosciuta. Certo, bisogna ammettere che le istituzioni europee non sono mai state il prototipo di quello che in gergo viene definita una «casa di vetro». Ma stavolta a Bruxelles e dintorni si sono davvero superati. Facciamo un passo indietro, e torniamo ai primi di dicembre del 2019. Nel nostro Paese infuria il dibattito sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Va in scena un violento «tutti contro tutti»: la Lega se la prende con il premier Giuseppe Conte, reo a detta di Matteo Salvini di aver tradito il mandato parlamentare di giugno nel quale si chiedeva al governo di non dare l'assenso alle modifiche prima di consultare le Camere; il Pd difende il M5s, ma nella stessa seduta menzionata dal leader del Carroccio la deputata dem Lia Quartapelle tuona contro Giuseppi; i pentastellati, che a giugno si battevano insieme agli ex alleati della Lega per bloccare la riforma, stavolta optano per un imbarazzante silenzio.È questo il clima nel quale, il 4 dicembre, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si reca all'Eurogruppo. Tra i punti all'ordine del giorno, la discussione sulla revisione del Mes, a partire da quanto già concordato dai capi di Stato e di governo dell'area euro a giugno del 2019. Terminata la riunione, Gualtieri si dice soddisfatto: «È stata una giornata lunga ma positiva». L'Italia, almeno stando alle parole del ministro, ha battuto i pugni sul tavolo ottenendo il rinvio all'anno successivo. «Ho detto con chiarezza che non avrei consentito di chiudere finché non si fosse specificato nelle conclusioni i termini chiesti dall'Italia». Ma il tono della lettera siglata dal presidente dell'Eurogruppo, Mário Centeno, fa intuire che in realtà la partita è praticamente chiusa. «Sono lieto di informarti che abbiamo raggiunto un accordo di massima», scrive Centeno, specificando che gli aspetti legali più controversi «verranno chiarificati prima della firma del trattato».Dieci giorni dopo, il Vertice euro formalizzerà il rinvio: «Incarichiamo l'Eurogruppo di continuare a lavorare sul pacchetto di riforme del Mes». La nuova scadenza è fissata per giugno 2020, e tanto basta a Conte per stappare lo spumante. Per chi si è preso la briga di leggere le conclusioni dell'Eurogruppo del 20 gennaio, è chiaro che si è trattato in realtà di un bluff. «Come ho già spiegato ai leader lo scorso dicembre, l'Eurogruppo ha raggiunto un accordo sulla riforma del Mes», spiega Centeno, «non si tratta più di una questione di sostanza, ma solo della necessità di definire alcuni cavilli di natura legale». Tradotto: la sostanza della riforma non si discute. Resta da capire chi tra Conte, Gualtieri e Centeno stia barando in questo grottesco gioco delle tre carte. La Verità è andata alla fonte, inoltrando lo scorso 17 dicembre una richiesta di accesso agli atti al Consiglio dell'Unione europea. Nelle due istanze presentate tramite il portale Asktheeu.org - una relativa all'Eurogruppo del 4 dicembre e l'altra all'Eurosummit del 13 dicembre - abbiamo chiesto di visionare «tutti i verbali e le note di discussione sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità», nonché la «completa divulgazione della posizione del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, le sue dichiarazioni e i suggerimenti» sulla revisione del trattato sul Mes. L'accesso agli atti è garantito sia dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ed è normato dal regolamento 1049/2001. Il destinatario è obbligato a rispondere fornendo i documenti richiesti entro 15 giorni lavorativi. Nel nostro caso, entrambi i quesiti sono stati evasi con quattro giorni di ritardo. Ma più delle tempistiche, a stupire è il tenore delle risposte. Riguardo alla richiesta dei verbali dell'Eurogruppo del 4 dicembre, il segretariato generale del Consiglio dell'Ue si è limitato ad allegare le bozze approvate durante la seduta, facendoci al contempo notare che la procedura di accesso agli atti «non è direttamente applicabile all'Eurogruppo, il quale è una riunione informale dei ministri delle Finanze dei membri dell'area euro». Ogni provvedimento è da considerarsi di natura «confidenziale», e «pertanto nessun verbale né trascrizione può essere reso pubblico». Cosa che ci stupisce fino a un certo punto: a febbraio del 2019, un durissimo report di Transparency international metteva in luce la mancanza di controllo democratico di questo ente.Stessa solfa anche per l'Eurosummit del 13 dicembre. Quei simpaticoni del segretariato generale stavolta allegano la già citata missiva di Centeno del 5 dicembre, oltre al comunicato finale del vertice. Premurandosi di specificare, in calce alla risposta, che secondo quanto stabilito dal regolamento interno «le deliberazioni dell'Eurosummit sono coperte dall'obbligo del segreto professionale» e pertanto «nessun verbale né trascrizione può essere reso pubblico». Dunque, non c'è modo di sapere se da parte del nostro Paese vi sia stata reale opposizione alla riforma (come sostengono Conte e Gualtieri), oppure se il rinvio sia stato concordato con gli altri Stati membri per approvare la riforma una volta calmate le acque.È pur vero che il regolamento 1049/2001 stabilisce che si possono rifiutare le informazioni che possono arrecare «pregiudizio», tra le altre cose, della «politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro». Ci chiediamo tuttavia perché e in quale modo la pubblicazione di questi atti possa mettere a rischio l'Ue: forse in quei verbali c'è qualcosa che i cittadini europei non devono sapere?Ma soprattutto non si capisce come le (non) risposte che abbiamo ricevuto possano conciliarsi con quanto stabilito dallo stesso regolamento, cioè che la «politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell'amministrazione». Né tantomeno con quanto riportato sul sito della Commissione europea, ovvero che i «cittadini europei hanno il diritto di sapere come vengono prese le decisioni nelle istituzioni europee, chi è coinvolto nel processo decisionale e quali documenti vengono prodotti nella preparazione e nell'adozione degli atti giuridici», e che quegli stessi cittadini, soprattutto, «hanno il diritto di richiedere l'accesso a questi documenti e di esprimere il loro punto di vista». Viene il sospetto che, in realtà, questa della trasparenza sia l'ennesima farloccata di Bruxelles.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)