2019-12-28
L’Europa è al palo. La Libia è diventata un affare privato tra Erdogan e Putin
La Turchia pronta a inviare le truppe per difendere Tripoli. Mosca sostiene il generale Khalifa Haftar, gli altri stanno a guardare.Anche quando i leader europei si concentrano sulla Libia, la dimensione europea viene lasciata fuori. A scriverlo ieri su Twitter è stato Laurence Norman, che da Bruxelles segue per il Wall Street Journal la politica estera del Vecchio continente. L'irrilevanza dell'Unione europea in Libia, diventata lampante nelle ultime settimane, è stata, sempre ieri, la notizia di apertura del Playbook, la newsletter quotidiana pubblicata da Politico Europe, il sito più letto e seguito nelle istituzioni europee. La Turchia di Recep Tayyip Erdogan è pronta a inviare i suoi soldati per difendere Tripoli e il governo di Fayez Al Serraj dall'offensiva lanciata ad aprile dal generale Khalifa Haftar e sostenuta dalla Russia di Vladimir Putin con alcune migliaia (per il leader turco sono 2.000) di mercenari della compagnia Wagner. Il dispiegamento delle truppe di Ankara (ma secondo Bloomberg potrebbe schierare alcune milizie di ribelli che hanno combattuto in Siria) dovrebbe avvenire già l'8 gennaio, il giorno in cui il presidente russo è atteso a Istanbul per incontrare l'omologo turco. I Paesi europei rimangono a guardare: Putin e il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi hanno parlato al telefono con il premier italiano Giuseppe Conte. Il leader russo ha promesso di mantenere i contatti. «Tutto piuttosto imbarazzante per un'Unione europea che vuole essere vista più assertiva e dichiara di voler rendere il 2020 un “anno di svolta" per le sue relazioni con l'Africa», scrive Politico Europe. E qui arriva il commento di Norman: «Anche quando si concentrano, la dimensione europea viene lasciata fuori». Infatti, nota il corrispondente del Wall Street Journal da Bruxelles, al Consiglio europeo di dicembre Conte, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron si sono incontrati per parlare di Libia. Escluso dal trilaterale il capo della diplomazia europea Josep Borrell, nemmeno invitato anche se, conclude Norman, «era in città». L'evoluzione, o per meglio dire l'involuzione, della cosiddetta Conferenza di Berlino ha sancito il declino dell'influenza dell'Unione europea in Libia, Paese fondamentale nelle dinamiche del Mediterraneo rappresentando un rubinetto di energia e migranti che dà a chi lo controlla un enorme potere di ricatto sul Vecchio continente. Il meeting tedesco era in programma per ottobre, poi è stato rinviato a novembre, e ancora a dicembre. Ora, fonti della Farnesina riferiscono che potrebbe slittare di nuovo e non tenersi neppure a gennaio. Pesa il disinteresse dei Paesi che l'Unione europea vorrebbe coinvolgere nella mediazione promossa sia da Bruxelles sia dal nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ormai sono Russia e Turchia (che ieri ha dovuto incassare la smentita della Tunisia che secondo Erdogan sarebbe stata pronta a un'alleanza in Libia) ad avere nelle loro mani i destini della nostra «Quarta sponda». Davanti a tutto questo gli Stati Uniti tendono al disimpegno ma rimangono vigili per evitare che l'Europa finisca sotto l'influenza di potenze rivali soprattutto per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico. Con un occhio a Eastmed, il gasdotto controllato dalla greca Depa e da Edison (del gruppo francese Edf), temuto da Putin e ora minacciato delle mire di Erdogan (anche da qui i due leader potrebbe trovare un'intesa per la spartizione della Libia). Si tratta di una rete fondamentale per l'Italia, che attraverso un'intesa con Atene e la pipeline Poseidon può diventare il Paese centrale dell'Eastmed affermandosi primo fornitore di gas, con Eni, oltre che primo acquirente.Intanto, dell'inviato italiano per la Libia annunciato ormai dieci giorni fa dal ministro Di Maio non si è saputo più nulla. Il totonomi è ancora in corso ma a Palazzo Chigi non è passato inosservato l'editoriale uscito domenica scorsa sul Messaggero dal titolo «Solo un patto Italia-Francia può voltare pagina in Libia». Firmato: Romano Prodi. Ma l'analisi dell'ex premier, che potrebbe essere il candidato del governo giallorosso per il Quirinale nel 2022, pecca di ottimismo, se così vogliamo dire. Italia e Francia, in Libia, sono rivali. È sufficiente notare che spesso gli interessi dei loro due giganti dell'oro nero, l'italiana Eni e la francese Total, sono in contrasto. Vanno rilevati tre atteggiamenti francesi e fatta un'osservazione. Il primo atteggiamento da segnalare riguarda la Wagner: la presenza di questi mercenari russi in Libia ma anche in Africa centrale non è mai stata condannata dall'Eliseo. Il secondo si riferisce alle pressioni di Parigi che in questi mesi di offensiva ha cercato, riuscendoci, di evitare che nei comunicati ufficiali l'Unione europea condannasse il generale Haftar. Il terzo e ultimo riguarda le ultime mosse francesi: viste le difficoltà europee, ha preferito mandare avanti l'Italia con un tentativo diplomatico pressoché impossibile. L'osservazione riguarda i bersagli dei raid dell'uomo forte della Cirenaica, sostenuto da Mosca: mai l'aviazione di Haftar ha preso di mira gli stabilimenti Total, a differenza di quanto accaduto con quelli gestiti da Eni.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)