
Il nostro giornale aumenterà solo di 20 centesimi. Ai lettori chiediamo un piccolo sforzo in soccorso dell’informazione libera.Abbiamo resistito fino all’ultimo, sperando che prima o poi le cose si aggiustassero. Infatti, per mesi abbiamo pensato che l’aumento del prezzo della carta fosse transitorio e che, superato il momento più difficile, i costi di produzione sarebbero tornati quelli di prima del Covid e della guerra. Invece, dopo mesi, ci siamo dovuti arrendere alla realtà: le forniture non scenderanno ai valori di due anni fa. I motivi sono due. Il primo è che, di fronte al calo delle tirature dei giornali e all’aumento della richiesta di cartone per le spedizioni online, molte cartiere si sono riconvertite, passando dalla prima produzione alla seconda. Dunque, l’offerta di carta da quotidiano si è ridotta e, come succede ogni volta che sul mercato c’è penuria di un materiale, il prezzo sale. Il secondo motivo è che, per effetto della guerra, le quotazioni del gas sono schizzate alle stelle e le cartiere, che sono per definizione energivore in quanto consumano molto gas, hanno visto crescere i loro costi di produzione. A marzo abbiamo ricevuto la lettera di un’azienda norvegese che ci annunciava la sospensione temporanea dell’attività a causa dei costi dell’energia, mentre un’altra ci comunicava che avrebbe mantenuto gli impegni, ma a patto che noi ci facessimo carico delle variazioni di prezzo del gas. In pratica, dallo scorso anno a oggi la carta costa il doppio: se di questi tempi una tonnellata si pagava 460 euro, oggi ne occorrono 1.000. Qualche editore ha già adeguato le tariffe, portando il quotidiano a 1 euro e 80 centesimi e talvolta anche a 2: noi ci limitiamo a 20 centesimi in più. Da domani, primo giugno, La Verità purtroppo costerà un euro e mezzo. Lo sappiamo, di questi tempi è un sacrificio, ma lo sforzo che vi chiediamo è un aiuto all’informazione libera, che non dipende né dallo Stato né da nessun altro.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





