2019-09-19
Lettera ai traditori: ricordatevi il destino di Fini
Sono passati quasi dieci anni da quando scrissi una letterina ai traditori. Allora i voltagabbana erano una quarantina tra deputati e senatori. Tutti eletti con il Pdl che all'improvviso, per assecondare le smanie di potere di Gianfranco Fini, al quale la presidenza della Camera non bastava, decisero di dare vita a un partito, fondando Futuro e libertà. Di futuro non ne ebbero molto, di libertà sì, perché quasi tutti, alle successive elezioni, rimasero fuori dal Parlamento.Il loro obiettivo dichiarato era fare fuori Silvio Berlusconi, di cui l'ex presidente di Alleanza nazionale voleva a tutti i costi prendere il posto. E Giorgio Napolitano, pur di sabotare il governo del Cavaliere, glielo aveva lasciato credere. Come dicevo, i traditori finirono male, costretti a cambiare mestiere, mentre il capo dei congiurati è finito davanti ai giudici per una brutta storia di riciclaggio di denaro arrivato dai paradisi fiscali e da un concessionario di gioco d'azzardo.Perché ricordo la storia di Fini e del suo malnato partito? Perché se allora mi venne spontaneo prendere carta e penna per rammentare ai voltagabbana che gli italiani li avevano eletti con un preciso mandato e con un programma di centrodestra e non di centrosinistra, oggi mi viene spontaneo raccomandare alla quarantina di transfughi passati dal Pd al Pdr, cioè al partito di Renzi, di prestare attenzione. I fedifraghi non hanno mai avuto fortuna in questo Paese e di certo i Fregoli che hanno scelto di seguire l'ex presidente del Consiglio non possono essere considerati diversamente che fedifraghi.Ieri Nicola Zingaretti, sulle pagine del Corriere della Sera, ha commentato l'uscita di Renzi dal partito di cui è stato segretario dicendo di non averne capito le motivazioni. A essere a corto d'intelletto non è il numero uno del Pd, ma sono le bugie di Renzi ad avere le gambe corte. L'ex premier non se ne va perché è in disaccordo sulle scelte politiche: l'unica presa dal segretario, del resto, gliel'ha imposta proprio lui, costringendo Zingaretti a digerire il boccone amaro del governo Conte con i 5 stelle. No, non c'è nessun dissenso concreto e le lamentele dell'ex presidente del Consiglio («mi sentivo un ospite», «così non diranno che è colpa mia», «ora potranno far rientrare Bersani e D'Alema») sono semplici scuse. Renzi ha fondato Italia viva perché non riusciva a sopportare di non poter comandare. Dopo essere stato buttato fuori da Palazzo Chigi dal referendum costituzionale e aver perso le elezioni politiche, aveva dovuto lasciare anche la guida del Pd ed era stato retrocesso senatore semplice di Scandicci. Troppo poco per un tipo come lui, abituato a pensare in grande e soprattutto assuefatto alla droga del potere. L'ex sindaco non è uno che può condividere la gestione di un partito, può solo decidere. Non è uomo da dare contributi ad altri: da altri può solo esigerli, in un rapporto gerarchico, dove lui ovviamente sta in cima, al posto di comando.Così, quaranta traditori hanno deciso di lasciare il Pd, passando al suo servizio, pronti a seguirlo nella scalata a Palazzo Chigi, con la segreta speranza di ricavarne qualche cosa, proprio come i 40 traditori che lasciarono il Pdl con Fini. Le storie, quella attuale e quella di quasi dieci anni fa, per certi versi sono molto simili. È vero, allora c'era Berlusconi e l'establishment europeo non vedeva l'ora di liberarsene, per cui era pronto, insieme con il presidente della Repubblica, a fare carte false pur di spingerlo alle dimissioni, appoggiando anche un tizio che fino a prima che il Cavaliere lo ripulisse era semplicemente un fascista. Ora l'establishment europeo, e credo anche il presidente della Repubblica, tifano Conte e non ne chiedono le dimissioni, perché lo ritengono un antidoto al populismo. Tuttavia, a parte questo dato di partenza, l'obiettivo è identico. Fini voleva il posto di Berlusconi per soddisfare il proprio ego di statista, Renzi vuole il posto di Conte per gonfiare ancora di più il suo. Ovviamente il fondatore di Italia viva non dice di voler buttare giù il governo per sostituire l'avvocato del popolo a Palazzo Chigi. No, lui parla solo di Matteo Salvini, perché gli serve agitare il leader leghista per avere un nemico che non sveli i suoi giochi. Ma è evidente che il suo nemico, neppure tanto segreto, è Conte. Salvini è un avversario, paradossalmente uno che gli farebbe comodo avere contro alle elezioni per polarizzare lo scontro: o lui o me. O il populista o lo statista. Ma le elezioni non ci sono e la legislatura finirà nel 2023 e tre anni con Conte presidente del Consiglio possono uccidere chiunque, anche Renzi. Tre anni sono lunghi da passare. Soprattutto sono lunghi per non farsi logorare. E Renzi non ha bisogno di farsi logorare, ma ha bisogno di governare, cioè di amministrare il potere, di distribuire poltrone, di fare e disfare accordi, di promettere e tradire alleanze. Insomma, Renzi ha bisogno di contare ed è questa la sua scommessa. Ed è per questo che ha convinto 40 traditori a seguirlo.Come ricordavo citando Fini, la fortuna non ha mai aiutato i voltagabbana fin dai tempi della prima Repubblica. Quelli che lasciarono il Msi per sostenere Giulio Andreotti dopo un po' sparirono, proprio come gli ex missini finiti al tavolo della sinistra nel 2010. Scomparsi dai radar pure i leghisti che si fecero sedurre da Berlusconi nel 1994, dopo il ribaltone di Umberto Bossi. Morti i Fregoli del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, nato per andare in soccorso del governo di Enrico Letta. L'elenco potrebbe continuare, perché le piroette parlamentari (da quelle di Razzi e Scilipoti a quelle di Marco Follini, ma ancor prima le scissioni del Psiup) possono riempire un libro, ma credo che basti. Non servono altre parole, né altre letterine. Perché tradire è un po' morire. Auguri dunque a Renzi e ai suoi voltagabbana.
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