2020-07-29
L’esodo scatena lo psicodramma nel governo
Davanti al disastro scatta il tutti contro tutti. Luigi Di Maio: «È una questione di salute pubblica». Mentre Nicola Zingaretti si esprime come fosse all'opposizione: «Manca una politica sull'immigrazione». Le due anime della maggioranza vanno in direzioni totalmente opposte.La stampa di sinistra parla di esecuzioni per chiudere il dibattito sui migrantiLo speciale contiene due articoliDice Luciana Lamorgese che «gestire flussi migratori di questa entità è difficile in tempi normali, ma ora con le problematiche legate alla diffusione del Covid-19 la situazione è diventata davvero molto complessa». Beh, molte grazie, ce n'eravamo accorti. E ci aspettavamo che, dopo mesi, il governo avesse per lo meno elaborato una strategia. Invece, a quanto risulta, il piano consiste nel darsele di santa ragione sulla questione migratoria, concentrandosi sui litigi e dimenticandosi della realtà. A dare il via allo psicodramma interno alla maggioranza ci ha pensato Luigi Di Maio con un post su Facebook, ricordando che il tema dell'immigrazione «riguarda la nostra sicurezza, la sicurezza di ognuno di noi». Il ministro degli Esteri prosegue con toni ruvidi: «Abbiamo visto morire i nostri cari, i nostri medici, donne, uomini e anche bambini. Abbiamo dovuto seguire regole ferree, ci siamo chiusi in casa, alcuni sono stati separati dalle proprie famiglie per settimane e settimane. [...] Tutti, in un modo o nell'altro, ci siamo sacrificati». Motivo per cui non si può tollerare che i qualcuno (i migranti) «incurante delle regole tutt'ora in vigore, pensi di andarsene in giro senza rispettare l'obbligo della quarantena». Insomma, per Di Maio «è una questione di salute pubblica. Il virus non è scomparso», e «lo Stato ha il dovere di occuparsi di questo genere di problemi». Più che lo Stato, in realtà, dovrebbe essere il governo a gestire la patata bollente. Ma, appunto, è impegnato a litigare. Sulla questione è intervenuto pure un altro grande genio che risponde al nome di Nicola Zingaretti. Il segretario del Pd, secondo l'Huffington Post, si sarebbe sfogato con i suoi: «Io non ce l'ho con la Lamorgese, il punto è complessivo, non c'è una politica per l'immigrazione. Non c'è niente». Corrisponde al vero, ma toccherebbe anche a lui darsi da fare. E invece si limita alla polemichetta politica: «Quanto sta avvenendo nel Mediterraneo sui flussi migratori era abbastanza prevedibile. Era chiaro da mesi che gli effetti dell'epidemia, anche dal punto di vista economico e sociale, avrebbero posto in forma inedita questo tema. Sono scenari che il governo deve valutare con la più grande attenzione», ha detto ieri Zingaretti. «Ora occorre un impegno straordinario su più fronti: nel campo dell'accoglienza, del collocamento in Europa e in Italia dei flussi, di presenza politica e chiarezza nei confronti dei Paesi di partenza, a cominciare dalla difesa dei diritti umani, dalla ricostruzione della rete di accoglienza in Italia». Sì, era tutto chiaro da mesi. Peccato che siano proprio le posizioni del Pd (o di parte di esso) a impedire ogni soluzione. Una fetta del partito, di fronte agli sbarchi in costante aumento e al collasso del sistema di accoglienza, non fa altro che chiedere di aprire ulteriormente le frontiere. C'è anche chi, lunedì, ha partecipato a una manifestazione sponsorizzata da Roberto Saviano, Valeria Parrella, Michela Murgia e altri per chiedere di far saltare gli accordi con la Libia. I giornali d'area continuano ad attaccare il governo sull'argomento, come dimostra l'apertura di Repubblica di ieri, secondo cui la Guardia costiera italiana, d'accordo con Malta, non soccorrerebbe i migranti aspettando l'intervento dei libici.Sul punto è stato particolarmente duro il dem Matteo Orfini: «Quello che sta accadendo in questi giorni dimostra il fallimento di una strategia di gestione dei flussi migratori concepita dal governo Gentiloni con Marco Minniti ministro dell'Interno e proseguita con il Conte 1 e il Conte 2», ha detto Orfini. «Era abbastanza prevedibile l'aumento, d'estate, del numero degli sbarchi. Ma di fronte a numeri non enormi e tutto sommato gestibili, ci troviamo non attrezzati». Il quadro è chiarissimo: da una parte Di Maio che invoca maggiori controlli, dall'altro l'ala sinistra del Pd che chiede più accoglienza e spara a zero sulla Lamorgese. In mezzo Zingaretti secondo cui «tutto era prevedibile», ma che ha ritenuto opportuno non fare un tubo. Vogliono cambiare i decreti sicurezza per «prendere le distanze» da Salvini, ma non hanno la più pallida idea di come gestire i flussi in aumento. Proseguono a bisticciare, ad accusarsi a vicenda di essere più o meno irresponsabili, e intanto la situazione fa peggiorando di giorno in giorno.Solo su un punto sono tutti concordi: il caso «si poteva prevedere». Bravi: significa che lo avevate previsto e avete scelto di non arginarlo. Applausi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lesodo-scatena-lo-psicodramma-nel-governo-2646820165.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-libia-fucilano-i-profughi-vietato-opporsi-agli-sbarchi" data-post-id="2646820165" data-published-at="1595965876" data-use-pagination="False"> «In Libia fucilano i profughi». Vietato opporsi agli sbarchi Nel caos sbarchi e con extracomunitari che si aggirano positivi per il Paese, c'è chi preferisce prendere di mira ancora una volta la nostra Guardia costiera. Ieri La Repubblica accusava le motovedette italiane di ignorare le richieste di aiuto dei migranti «lasciati in mare per giorni», perché si vuole «rimandarne nell'inferno libico il più possibile». Una strategia che vedrebbe Italia e Malta «attori protagonisti» del soccorso «ritardato», e questo «dopo aver svuotato il Mediterraneo delle Ong». I militari italiani sono accusati di non rispondere alle richieste di soccorso di Alarm Phone, «dimenticano le convenzioni internazionali», lasciano alla deriva donne e bambini (potevano anche scrivere fanno morire) e insieme ai maltesi cercano così di «ridurre i flussi migratori in partenza dalla Libia». L'articolo usciva all'indomani della manifestazione organizzata a Roma per chiedere al governo di smetterla di finanziare la Guardia costiera libica. Tra i promotori e i primi firmatari dell'appello «I sommersi e i salvati» non potevano mancare Roberto Saviano, Luigi Manconi, Michela Murgia, Emma Bonino, Laura Boldrini, Sandro Veronesi più diverse Ong e le solite associazioni, compresa Baobab experience. Ieri, ad appesantire la situazione, la notizia della sparatoria contro migranti sudanesi a Khums, a Est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco. Gli extracomunitari erano stati intercettati in mare e riportati a terra dalla Guardia costiera libica, mentre cercavano di fuggire due sarebbero morti sul colpo, un terzo è deceduto in ospedale dove era stato ricoverato assieme ad altri quattro feriti. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) è tonata a ribadire che la Libia non è un porto sicuro e che «è necessario mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri». Per l'inviato speciale dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) nel Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel, bisogna «aumentare la capacità di soccorso e di ricerca nel Mediterraneo, coinvolgendo anche navi delle Ong, in modo da migliorare il livello delle operazioni di soccorso che permettano sbarchi in porti sicuri fuori dalla Libia. Inoltre serve una maggiore solidarietà tra gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo». Fin qui, le primissime reazioni a caldo, ma certo l'episodio inasprisce il dibattito sull'opportunità o meno di mantenere i rapporti con Tripoli e di finanziare con fondi europei le milizie libiche. «La cosiddetta Guardia costiera della Libia si rende responsabile di un massacro di persone inermi», ha twittato Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra italiana. «Un orrore di cui il nostro Paese è consapevolmente responsabile», l'ha definito Matteo Orfini, parlamentare del Pd, sostenendo che «al netto di tutte le ipocrisie di circostanza, è esattamente quello per cui la finanziamo (la guardia costiera libica, ndr): fermare i migranti con ogni mezzo». In tutto questo, le nostre motovedette che c'entrano? Non dovrebbero informare i libici della presenza di persone in mare, perché sono cattivi? Non si dovrebbe passare loro il coordinamento delle operazioni, se autorità Sar competente, come impongono le norme internazionali? La Guardia costiera libica con la quale dialogano le nostre unità è quella del governo riconosciuto dalle Nazioni unite, quindi non si vede perché non si debba avvertirla. Ancora una volta si cerca di risolvere il problema migrazione in mare e sotto la lente deformata dell'attenzione mediatica, mentre è l'Unione europea che non affronta la questione. Qualche giorno fa Giorgia Linardi, portavoce della Ong Sea watch, scriveva sulla Stampa che i migranti bisogna «andarli a prendere il prima possibile, come dice la legge, e poi si discute». Ma una motovedetta della nostra Guardia costiera non si muove di propria iniziativa, deve segnalare l'emergenza all'Imrcc, il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo che avvia le prime azioni, assume il coordinamento delle operazioni di soccorso e avvisa l'autorità Sar competente. O qualcuno pensa che abbiamo mezzi e uomini per pattugliare il Mediterraneo alla ricerca di barconi? Quanto al rischio di portare il Covid dall'Africa, la Linardi se n'è uscita con una dichiarazione che la dice lunga sull'interesse degli attivisti per il nostro Paese: «Se anche coloro che attraversano il mare fossero tutti positivi, e non lo sono, li dovremmo forse lasciare lì?».