2025-06-03
L’esercito disarmato di Riccardo Muti è un immenso coro che canta la pace
Il leggendario direttore d’orchestra ha regalato a oltre 3.000 voci professioniste e amatoriali una masterclass nel nome di Verdi, Agostino e come seme contro la guerra. Finale con l’«Inno di Mameli»: «Ma senza il sì!»da Ravenna I bambini con lo sguardo incantato nelle prime file della platea. I baritoni e i bassi a svettare dalla tribuna centrale in fondo, dietro ai tenori, come saggi del popolo. A sinistra i soprani, a destra mezzosoprani e contralti. Per Riccardo Muti è un sogno a occhi aperti: per una volta il Pala de André di Ravenna non è stracolmo di pubblico, ma viene invaso da un unico immenso coro di tremila persone (a fare i pignoli 3.116: 104 formazioni già esistenti fuse tra di loro, a cui vanno aggiunti 1.202 cantori solisti o solitari, a seconda dei casi). Una massa sonora che più variegata non si può: professionisti e diversamente intonati (pochi), voci bianche (208) e amatori dai capelli grigi, cantanti della domenica e virtuosi. Con un’escursione anagrafica impressionante: dai 4 agli 87 anni. Premesse eccellenti, ma se il Maestro non sapesse come si tiene incollata alla sedia, per ore, una classe di migliaia di alunni che comprende mamma, papà, nonno e nipotino, l’esperimento andrebbe inesorabilmente a rotoli. Soprattutto in una domenica e in un lunedì di ponte benedetti dal sole, all’interno di una struttura ampia e moderna, ma decisamente in modalità forno. «Qualcuno dei bassi dispone dell’ottava sotto…?», butta lì sornione. «E allora usatela su “suona a morto”. Provate un po’... no, ma questo è un rutto!». «Mi raccomando, sul “morto”... diminuite». Boato e gesti apotropaici. «Ora Patria oppressa! dal Macbeth me la fate sentire tutta, poi vi dirò alcune cose… sempre che sia necessario». Della serie primum ridere, soprattutto quando si vola alto. «Sapete qual è la prima cosa da fare quando si inizia a studiare una partitura? Leggere il testo! Dovete sempre sapere quello che state cantando. E curate la pronuncia! Arturo Toscanini diceva: “Più lento è il suono, più forte è l’articolazione della parola”. La “R” ad esempio, deve avere un peso sonoro. Non fate come i cantanti di oggi che non ci fanno capire cosa dicono. Anche se spesso è meglio così!». Ovazioni. «Forza, di nuovo, uomini, donne, bambini… e vecchiacci come me!». Il pubblico, pardon, il coro è conquistato. D’altra parte l’appello del Maestro era di quelli da non lasciar cadere: venite senza paura e lavorerete con me nel nome dell’amato Giuseppe Verdi. Una vera e propria masterclass di due giorni che qualche migliaio di appassionati ricorderà per sempre come un dono inatteso e gratuito da parte di un direttore d’orchestra leggendario, che a 83 anni continua ad avere un’agenda da brividi. Ma anche un seme di pace, nel solco di una storia che va avanti da oltre un quarto di secolo. Quella delle Vie dell’amicizia che Muti ha percorso lasciando nel mondo «ponti di fratellanza» da Sarajevo a New York, fino a Gerusalemme e Kiev, oggi capitali globali del conflitto e del sangue. «La Terra è una polveriera accesa in cui le persone continuano a morire sotto le bombe e i popoli europei si chiedono se investire in armi», aveva spiegato la bacchetta napoletana. «In questo momento drammatico ho voluto lanciare una chiamata: fondiamo le nostre voci in un messaggio di unione, solidarietà, e costruzione di pace».La risposta ha sovrastato le previsioni e le speranze della vigilia, come ammettono raggianti i curatori di uno dei progetti più ambiziosi del Ravenna Festival 2025, Anna Leonardi e Michele Marco Rossi. E soprattutto chi ha avuto la geniale idea, Cristina Mazzavillani Muti, anima e fondatrice della kermesse, di cui ora è presidente onoraria («Che fate? Applaudite più lei di me?», chiede giocando il marito dal leggio). Il dato impressionante è che da Trieste in giù e da Molfetta in su, gli amanti del canto hanno raggiunto la Romagna in massa, come «legni dai boschi e come pietre dai monti». Pronti per essere «sgrossati, squadrati, levigati» dalle mani esperte del Maestro. Le parole tra virgolette appartengono a Sant’Agostino, proprio come il titolo dell’iniziativa: «Cantare amantis est». Sono tessere dello stesso mosaico, tratte dal discorso 336 dal teologo caro a papa Leone XIV, incentrato sulla dedicazione del tempio. Una riflessione che sembra descrivere questo esercito della pace che ha una t-shirt nera come divisa e la frase del Santo d’Ippona come grido di battaglia: «Cantare è proprio di chi ama». Diceva Agostino: «Se questi legni e queste pietre mancassero di reciproca connessione secondo un determinato ordine, se non si prestassero a un mutuo giustapporsi strettamente, se mancasse la disponibilità a una reciproca coesione, se in un certo modo non si amassero, nessuno vorrebbe trovarsi qui dentro». In pratica una delle più belle definizioni involontarie dell’armonia in musica, che porta la firma di un dottore della Chiesa. Per la cronaca, non suona nemmeno un cellulare, d’altronde mica siamo in Senato (lo spontaneo «Stutatelo ‘sto telefono» del direttore partenopeo resterà nel libro nero di Palazzo Madama). I più piccoli preferiscono compulsare gli spartiti. Miracolo a Ravenna. Tra le perle da non dimenticare ce n’è poi una sull’essenza del cantare insieme. «Verdi ci ha insegnato che il coro non è un’entità costituita da persone, ma da individui. La personalità dei singoli componenti, che nell’unione diventerà poi coro, conta. Non va sacrificata! La vera bravura del maestro di coro è saper armonizzare». Domenica mattina, nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe, l’abate generale dell’Ordine cistercense, padre Mauro-Giuseppe Lepori, si era spinto oltre. Trovando un nesso tra le braccia del Cristo benedicente che ascende al cielo e quelle di chi dirige. «Il gesto del Signore non è forse paragonabile a quello di un direttore d’orchestra che alza le mani e le tiene sospese per ottenere silenzio e unità d’attenzione e di intenzione al momento di dar inizio a una grande esecuzione sinfonica? Alla fine, quando tutto sarà eseguito, con gli occhi fissi al Maestro, la sinfonia del Regno si compirà nella pace festosa di un grande accordo finale, inizio di un concerto eterno a lode e gloria della grazia di Dio». Piccolo dettaglio, l’esecuzione della musica sacra (Charlies Villiers Stanford, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Thomas Tallis, Cristobal de Morales) era stata affidata ai Tallis Scholars, le «rockstar del repertorio rinascimentale», secondo il New York Times. Dieci voci, dieci parti diverse, senza raddoppi. Un gruppo vocale e non corale quindi, ma il meglio su piazza, come lussuosa lezione aggiuntiva per questi allievi affamati di musica. Se si sparge la voce, l’anno prossimo si presenteranno in 20.000. Il bis comunque è già agli atti. «Vi ringrazio, i vostri sacrifici per essere qui sono un gesto d’amore. Sono rimasto scioccato dalla bellezza e dall’uniformità del suono del vostro primo Va, pensiero. Vale la pena di continuare», ha promesso Muti. Con buona pace di chi pensa che alzare l’asticella è un lusso che non riempie le sale da concerto.Ovviamente Muti non rinuncia ai suoi cavalli di battaglia che chi ha assistito almeno una volta alle prove aperte dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini conosce bene: Va, pensiero, ad esempio non può essere l’inno di nulla. «Come potrebbe, visto che è un coro di schiavi, “largo”, quindi lentissimo e da cantare “sottovoce”?». «Qualche matto dice che ho voluto nobilitare Verdi? Ma è già nobile di suo, è un genio. Basta leggere tutte le indicazioni che ci ha lasciato». Paganini non ripete, Muti sì forse perché ha capito che non c’è altro da fare. Il gran finale è il vero inno nazionale, quello di Mameli, eseguito in piedi dai tremila per la Festa della Repubblica. «Non cantate il sì finale, non è nel manoscritto», l’ultima sfida del Maestro. «Ho letto che qualche complesso ha chiesto dei soldi per suonarlo (ogni riferimento all’orchestra della Fenice di Venezia non può essere casuale, ndr). Voi no, anche se siete già virali sui social. Fatelo per la patria!».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Flaminia Camilletti