2019-10-16
L’eroe degli anti Orbán ha vinto grazie all’ultradestra
Sinistra in festa per il nuovo sindaco di Budapest. Che però per battere il partito del premier si è alleato con l'iper identitario Jobbik.Viktor Orbán, primo ministro ungherese, alle élites politiche internazionali non piace. Il suo conservatorismo cristianodemocratico in salsa ungherese è politicamente troppo scorretto per poter essere controllato a distanza. Per questo è stata accolta con grande giubilo e soddisfazione da parte di quasi tutte le testate giornalistiche la notizia che alle ultime elezioni comunali ungheresi il sindaco uscente di Budapest, István Tarlós, appartenente al partito Fidesz, lo stesso di Orbán, è stato sconfitto dopo due mandati dal rappresentante dei verdi Gergely Karácsony, sostenuto da una coalizione politica formata da comunisti, socialisti, ecologisti e ultradestra. Viktor Orbán può anche non piacere e può rinfrancare il cuore vedere che la democrazia elettorale funziona quando i partiti trovano un linguaggio comune, ma constatare come l'Europa intera si esalti per la vittoria di partiti veramente estremi, tra i quali vi è anche quello ultra identitario di Jobbik, dovrebbe far riflettere sulle ragioni reali delle critiche che si muovono costantemente al premier ungherese. I cittadini magiari sono ingaggiati politicamente, magari anche divisi internamente, ma rispettano le istituzioni e internazionalmente rimangono fieramente uniti. Troppe volte nella Storia ritengono d'essere stati ingiustamente calpestati dalle grandi potenze. Dopo essersi liberati dal giogo socialista gli ungheresi sono stati per decenni guidati da governi di sinistra. Ora è Orbán, ad essere l'espressione di questo Paese. Un Paese che lo vota da anni alle elezioni e che anche in questa tornata di votazioni locali, se si tralascia l'episodio mediatizzato della città di Budapest, ha riconfermato il partito Fidesz prima forza politica ungherese e non solo nelle regioni di campagna (come vorrebbe ora suggerire qualche analista desideroso di lanciare la narrazione dello scontro tra campagna retrograda e zone urbane intellettualmente avanzate), ma anche nella altre più importanti città. Orbán ha perso nella capitale contro un candidato che da anni tenta di costruire intorno a sé un sostegno eterogeneo di partiti progressisti e che questa volta ha avuto successo solo grazie alla collaborazione, politicamente fantasiosa, del partito d'estrema destra. Gergely Karácsony è un quarantaquattrenne laureato in scienze politiche, fondatore del partito verde Dialogo per l'Ungheria, membro del Parlamento nazionale dal 2010 al 2014 e fino a ieri sindaco del XIV distretto della capitale. A questa posizione è stato eletto nel 2014 grazie alla sua costante collaborazione con i vari partiti socialisti, che nel 2018 lo hanno perfino proposto, alle elezioni nazionali, come potenziale primo ministro. Paragonando egli stesso la vittoria ottenuta a Budapest con la sconfitta del partito Akp di Erdogan alle elezioni di Istanbul, Karácsony sostanzialmente si autorilancia quale futuro candidato premier d'Ungheria. Vede la posizione di sindaco solo come un trampolino di lancio per l'assalto finale al potere di Orbán. In verità, qualora l'ex sindaco Tarlós non si fosse ostinatamente, sinceramente, opposto alla candidatura di Budapest ai futuri giochi olimpici e qualora il partito politicamente antitetico a quelli socialisti non fosse venuto a dar man forte, una vittoria di Karácsony sarebbe stata inverosimile. Ciò che forse l'internazionalismo liberista unitamente alla destra massimalista non perdonano a Orbán è il suo peccato originale. Ovvero quello d'aver fondato nel 1990 Fidesz, ovvero l'Alleanza dei giovani democratici, con connotati progressisti, e d'essersi successivamente spostato verso il centrodestra.
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci
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Robert F.Kennedy Jr. durante l'udienza del 4 settembre al Senato degli Stati Uniti (Ansa)