Caro Matteo Lepore, caro sindaco di Bologna, le scrivo per farle i complimenti per la sua ultima iniziativa: definire «27UP1d0c0c09lion3», cioè in slang social «stupidi coglioni», i 4.000 dipendenti del Comune è, in effetti, un’idea intelligente come le altre che lei ha avuto fin qui: dopo aver imposto il limite dei 30 all’ora in città (con severe multe a chi è stato beccato a 39 all’ora); dopo aver scoperchiato i canali cittadini favorendo la drammatica alluvione di ottobre; dopo aver rischiato di far crollare la Torre Garisenda avendo sottovalutando gli allarmi; ecco, dopo tutto questo, che cosa poteva fare ancora per dimostrare le sue straordinarie capacità? Ovvio: insultare i dipendenti comunali.
I quali saranno orgogliosi, immaginiamo, di scoprire che stanno lavorando al servizio di un primo cittadino 27UP1d0c0c09lion3. Cioè il capo degli stupidi coglioni.
E dire che era nato tutto come un regalo natalizio. Una social card distribuita sotto l’albero per poter aver sconti in musei, cinema, teatri e festival. Quando però i dipendenti sono andati a verificare le modalità per accedere all’omaggio, hanno scoperto di dover digitare proprio quella password, 27UP1d0c0c09lion3, che nel linguaggio dei social (ben conosciuto dai più giovani: basta sostituire ogni numero con la lettera che gli assomiglia di più) si traduce per l’appunto in «stupidocoglione». Non male per lei, caro sindaco, che aveva redatto apposito manuale per bandire le parole «fratellanza» (troppo maschilista) e «paternità dell’opera» (nel caso di autrice bisogna dire «maternità»). Dal che si deduce che a Bologna potrebbe risultare offensivo dire «la paternità dell’opera», ma non è offensivo dire ai dipendenti «stupidi coglioni». Resta solo un dubbio: di questa scemenza, lei si assume la paternità o la maternità?
Classe 1980, bolognese doc, già dipendente Legacoop, nei Ds all’età di 19 anni, poi naturalmente nel Pd (ala sinistra), lei è entrato in Consiglio comunale nel 2011, diventando subito assessore, per poi farsi eleggere sindaco nel 2021. Mentre la città si bloccava (30 all’ora) e andava sott’acqua, si è sempre molto impegnato nelle battaglie ideologiche: «Abbiamo i fascisti alle porte», tuonò nel luglio 2022. «Il governo ci ha mandato le camicie nere», ha protestato nel novembre scorso, dopo una manifestazione organizzata a Bologna da CasaPound. Pochi mesi prima aveva dichiarato che avrebbe ascoltato un cittadino che chiedeva aiuto «nonostante abbia parenti di destra». Dal che si capisce che lei è davvero una persona «sensibile», come si definisce in ogni intervista: i cittadini che hanno parenti di destra, infatti, lei li ascolta addirittura, anziché appenderli a testa in giù come meriterebbero…
La sua generosità senza limiti però non produce grandi risultati per la città. Perché mentre lei sconfiggeva la parola «fratellanza», a Bologna trionfava la criminalità, piazzando la sua città al sesto posto nella classifica delle più insicure d’Italia. E il resto? Beh, basta leggere il terrificante reportage del New York Times dell’agosto scorso: Bologna non è altro che un «mangificio di mortadella», ha scritto. Un disastro la cui paternità (o maternità?) è nota a tutti. Infatti quando le chiedono a che personaggio si ispira, lei risponde: «Ulisse». Obiettivo raggiunto, caro Lepore. Infatti a Bologna il sindaco è Nessuno.





