2022-07-29
Leopardi, inquieto professore di felicità
Ritratto di Giacomo Leopardi (Getty Images)
Pubblichiamo la prefazione che lo scrittore Daniele Mencarelli ha dedicato a un breve saggio filosofico-letterario sul grande autore: oggi viene imposto un modello disumano di piacere «obbligatorio» tramite il possesso. Il genio di Recanati anela a un bene diverso.Per gentile concessione pubblichiamo la prefazione di Daniele Mencarelli al libro «Se la felicità non esiste, cos’è dunque la vita?» (Liberilibri, 112 pagine, 16 euro), di Mario Elisei. Sotto, un estratto del medesimo testo, che indaga il paradosso leopardiano: il poeta simbolo del pessimismo radicale ha costruito una vera filosofia della felicità.È possibile parlare di felicità? Farlo oggi? Da un certo punto di vista, ho avuto modo di scriverne, quello dei consumi, della massificazione umana, viviamo in una specie di dittatura della felicità. Dobbiamo essere felici, sempre, anche perché ci viene offerto il corredo per esserlo. Gli oggetti necessari, da acquistare ovviamente. Questo è il messaggio delle narrazioni dominanti.Attraverso la pratica del consumo saremo felici, e se non lo saremo, sarà un nostro problema individuale, personale, da risolvere attraverso altro consumo: quello della medicina. Oltre al dovere di esserlo, sempre, si è andato imponendo un modello, un ideale di felicità assolutamente disumano. Un obiettivo da raggiungere, una terra da conquistare, per sempre, con un sentimento di dominio secondo solo alla staticità che crediamo di poter fare nostra. Una volta per tutte.Questo pensiamo della felicità oggi. È proprio questo dato presente e attuale a rendere Se la felicità non esiste, che cos’è dunque la vita? di Mario Elisei, stimato studioso di Leopardi, un testo necessario, semplicemente necessario. Partendo dalla sommità contraria, dall’uomo che ha parlato e sfidato l’infelice nulla come pochi altri, traendone poesia sublime, gesto di bellezza assoluto, dunque di felicità per gli altri a venire. Uno dei nostri massimi patrimoni. Giacomo Leopardi.Come afferma nitidamente Elisei, il Poeta recanatese «Dal nulla irrimediabile dentro cui sente di trovarsi [...] con la sua opera, affermando quel nulla, genera il contrario: un’opera assoluta vibrante di vita». Questo è il nucleo fondante di tutta la questione, non felicità contro infelicità, ma gesto, movimento, contro cupa accettazione.Cogliere l’ossimoro esistenziale che ci portiamo in seno, ricerca di senso contro apparente insignificanza, nella misura in cui lo accolse il Poeta, inchiodandolo poi in eterno nella sua opera, qui sapientemente selezionata da Elisei Perché la felicità, quella vera, chiede il suo contrario, ossia la disponibilità al dolore, alla visione del nulla, solo in questo modo avremo la portata di quello che andiamo cercando. Nessun compromesso possibile, nessuna tregua a quella insaziabile esplorazione di sé e del mondo, perché solo l’arte dell’interrogativo sa fronteggiare il dolore stesso.Ecco, dunque, stagliarsi il percorso umano di cui Leopardi si fa prototipo e che ci ha lasciato in dono. Quello dell’uomo sensibile. Per cui «la realtà è segno e proprio la curiosità di scoprire il senso, che sembra sempre oltre il conoscibile, lo rende inquieto».La felicità come cammino, come percorso dentro la nostra natura inquieta e fragile, con la disposizione a cercare quel seme di significato che sentiamo esistere malgrado tutto.Leopardi, l’animo di un poeta, come paradigma possibile. Può essere questa, oggi, la via per recuperare un dialogo degno di questo nome con la nostra natura? Ognuno trovi la sua risposta. Questo testo sarà senz’altro d’aiuto per mettersi in viaggio.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)